Enzo Moscato/Carlo Cerciello // Bordello di mare con città
“Bordello di mare con città”: natura morta di una Napoli più viva che mai
A trent’anni dalla morte di Annibale Ruccello, il Teatro Bellini di Napoli omaggia il drammaturgo stabiese prematuramente scomparso mettendo in scena Bordello di mare con città.
Scritto nel 1987 da Enzo Moscato e finora mai rappresentato se non nel 2008 nel Carcere Femminile di Pozzuoli, in Bordello di mare con città ribolle la rabbia e il dolore di Moscato per la violenta perdita dell’amico. Si tratta di un congedo dal teatro inteso come storytelling e dell’inizio di un percorso durante il quale la lingua perde il suo status di portatrice di significato in favore di molteplici sensi, pura forma visionaria ed esplosiva.
A Napoli per indicare l’atto di prostituirsi si usa l’espressione “fare la vita”. E per anni Titina (Imma Villa), Cleò (Ivana Maione) e Madamina (Cristina Donadio) hanno “fatto la vita” nel postribolo ereditato dall’ex malafemmina Assunta (Fulvia Carotenuto).
Il bordello viene chiuso dopo la legge Merlin del 1958, ma il mare e la città restano. Anzi, Napoli stessa assume le sembianze di un lupanare a cielo aperto e quella che un tempo era stata una casa chiusa diventa un santuario in cui nell’esercizio della castità e del silenzio si cerca perdono e redenzione.
Assunta è la Maria Maddalena del rione, la sua ascensione da puttana a santa è segnata dalle portentose guarigioni ai malati che quotidianamente le fanno visita. Le voci della presunta santità arrivano alle orecchie di un giornalista – interpretato dallo stesso Moscato – e addirittura a quelle di un cardinale che decide di incontrare Assunta per appurare se in lei è davvero presente quella scintilla divina che tanto fa chiacchierare i napoletani.
Ma è cosa nota a tutti, sotto gli abiti talari si celano uomini non santi, e al rosso dell’abito cardinalizio si mescola quello del sangue di Betti, Lolita figlia di Titina, ferocemente stuprata e uccisa da o’ cardinal.
La brutale violenza non viene rappresentata, il regista Carlo Cerciello decide di seguire il precetto dell’ars oraziana secondo cui il sangue è bandito dalla scena rendendo difatti l’evento ancora più inquietante perché assume forme diverse nelle diverse immaginazioni degli spettatori.
Bordello di mare con città è una messa funebre in due atti in cui alle orazioni dell’esistenza tormentata delle protagoniste che popolano l’ex bordello si alternano omelie e canti, preghiere e suppliche. I due momenti in cui si divide la messa-spettacolo sono caratterizzati da un bipolarismo feroce: il primo ha elementi che rimandano alla sceneggiata napoletana (personaggi appartenenti al popolo, uso della lingua napoletana, gestualità accentuata, ambientazione nei bassi di Napoli, intrighi, equivoci, toni sia cominci che drammatici), il secondo atto invece abbandona il salotto napoletano per far posto a una scenografia di un kitsch abbagliante e a un’iconografia blasfema.
Al centro della scena, una bara bianca ospita il corpo dell’innocente Betti che come Gesù ha dovuto pagare per il peccato degli uomini.
Il cardinale crocifisso a testa in giù è circondato dalle donne che intonano canti d’accusa in stile sciantose napoletane con tanto di boa piumati, ma il capovolgimento è anche metaforico: il paradiso si rivela un bordello e la madonna non è altro che una puttana.
Dopo Signurì, signurì e dopo Scannasurece, Cerciello continua la sua personale ricerca in quello che ha chiamato teatro dell’eresia permanente offrendo uno spettacolo rituale al pubblico che accetta e partecipa all’eucarestia teatrale e che, in attesa della transustanziazione del corpo di Cristo-Betti-Ruccello non può fare a meno di sentirsi turbato.
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- Titolo originale: Bordello di mare con città