Cinema

Dune

Alessandro Fiorenza

La prima trasposizione cinematografica di Dune, l’imponente volume che inaugura la lunga e apprezzata saga letteraria di genere fantascientifico scritta dall’autore americano Frank Herbert tra il 1965 e il 1985, è ancora oggi ricordata dal regista David Lynch come “il peggior fallimento della [sua] carriera”.

Il progetto annunciato nel 2017, dunque, appariva di per sé già piuttosto ambizioso, considerati i precedenti, l’attesa che avrebbe generato, e non solo tra gli addetti ai lavori, e le enormi difficoltà di messa in scena di quella che a giudizio pressoché unanime rappresentava una trama narrativa forse troppo complessa perché una sua trasposizione su grande schermo potesse risultare efficace.

La parte principale della storia è ambientata sul pianeta Arrakis, chiamato anche Dune, unica fonte della Spezia melange, la sostanza più preziosa dell’universo, ricavata dalla mietitura delle sabbie che ricoprono l’intero pianeta. Una droga dagli effetti incredibilmente potenti sugli esseri umani, che espande la mente e rafforza il corpo, ma anche dagli esclusivi usi industriali, e con un valore commerciale e politico inestimabile, perché unico strumento in grado di rendere possibile i viaggi attraverso lo spazio. Nel modello feudale che governa l’universo di Dune, l’Imperatore è al vertice di un sistema di governo nel quale nobili casate, spesso in lotta tra loro, governano in suo nome pianeti dai quali ricavare risorse utili a tutto l’impero. In questo contesto, l’Imperatore decide di togliere alla nobile casata degli Harkonnen il governo di Arrakis, dopo i disordini causati dalla rivolta dalla popolazione locale di nomadi del deserto chiamati Fremen, e di affidarlo alla casata rivale degli Atreides. Sin dall’inizio, però, si comprende come quello che potrebbe apparire come un dono dell’Imperatore ad una delle più importanti casate dell’universo, nobile al punto da poter ambire lei stessa alla conquista del trono, nasconda più di qualche problema.

In Dune, nelle sale proprio in queste settimane, il regista canadese Denis Villeneuve (Sicario, Arrival, Blade Runner2049) riesce nell’impresa di tradurre sul piano della grammatica cinematografica il complesso intreccio del romanzo realizzando un film notevole, che mantiene gli elementi chiave di quello che viene considerato come uno dei libri cardine del genere fantascientifico, ma fornendo al contempo una sua personale esegesi che esalta e attualizza lo spirito dell’opera, lasciando a tutti gli spettatori, anche a coloro che non conoscono la saga, la possibilità di lasciarsi coinvolgere dai contenuti e dall’andamento della narrazione.

Villeneuve, cineasta giunto alla piena maturazione artistica, è innanzitutto un autore che sa quanto sia importante per un flim poggiare su una scrittura che si prenda tutto il tempo necessario ad introdurre gli elementi essenziali della narrazione, le ambientazioni, i personaggi e le loro caratterizzazioni. Fondamentale, in questo senso, la scelta di non comprimere l’intero romanzo in un unico film, ma di giungere fino a metà della storia: il finale necessariamente aperto, che naturalmente non chiude l’arco narrativo dei protagonisti (per il quale sarà necessario realizzare un secondo film, cosa che, a detta dei produttori, dipenderà dal successo della pellicola ora nelle sale), ma che consente di non incorrere in buchi di trama e di dare il giusto spazio e peso a tutte le fasi della storia.

La sceneggiatura, firmata dallo stesso regista insieme a Jon Spaihts e Eric Roth (che forse qualcuno ricorderà come il vincitore del premio Oscar alla Miglior sceneggiatura per Forrest Gump), mantiene le premesse senza ricorrere a classiche e un po’ stantie soluzioni narrative (come la voce del narratore fuori campo, ad esempio) ed evitando di cadere in ridondanze e lungaggini, ma costruendo un racconto dal ritmo perfettamente cadenzato, che alterna con sapienza dialoghi a spettacolari scene d’azione, momenti di raccordo ad immagini che restituiscono la dimensione onirica, spirituale e pedagogica nella quale evolvono i rapporti tra i personaggi principali.

Elemento centrale del racconto è il deserto di Arrakis, protagonista, sin dalle scene iniziali, dei sogni del giovane Paul Atreides (Timothée Chalamet), figlio del Duca Leto (Oscar Isaac) e di Lady Jessica (Rebecca Ferguson), concubina del Duca e membro delle Bene Gesserit, potente sorellanza esoterica. Deserto per definizione inospitale, bellissimo ma terribile, dove temperature e totale assenza di risorse idriche escludono ogni possibilità di sopravvivenza. E dove però una popolazione nomade sopravvive, ribellandosi al dominio che arriva dall’Impero, e dove tutti i personaggi, soprattutto il protagonista, vengono spinti da un desiderio oscuro, una vocazione, una tendenza mistica, spirituale e violenta insieme. Il deserto di Dune è destino, e quindi vita, e insieme morte.

La cesellatura emotiva del protagonista, che Chalamet restituisce con la migliore interpretazione della sua giovane carriera, cresce e prende forma con la storia del personaggio, che alterna momenti di pedagogia “maschile” – i dialoghi con il padre, l’addestramento militare – a fasi di educazione spirituale, verso cui invece è la madre Jessica a guidarlo, convinta di aver trovato in lui il messia invocato dal suo ordine. Tutto tende verso il deserto, anche la crescita personale di Paul, che proprio tra le magnifiche sabbie di Dune potrebbe trovare il suo compimento, l’emancipazione dai canoni nobiliari, di parte paterna, e da quelli religiosi, di parte materna.

Villeneuve porta con abilità ogni singolo elemento dell’intreccio complesso, che qui abbiamo accennato, e della grammatica cinematografica a convergere verso un unico scopo, e cioè il racconto della storia: dalla scrittura alla recitazione, dalle inquadrature alla fotografia, dal montaggio alla colonna sonora, fino ad arrivare alla scenografia e ai costumi. Le scelte delle inquadrature, ad esempio, che variano dai mezzi busti ai primi piani, servono a raccontare la tensione emotiva tra i personaggi in scena; i campi lunghi esaltano la fotografia di Greig Fraser, perfetta nel restituire la luce violenta e insieme morbida, i colori pastosi e al contempo aridi del deserto di Dune, e la sua accecante capacità di seduzione.

La colonna sonora di Hans Zimmer qui raggiunge uno degli apici della sua carriera: è componente essenziale di ogni singola scena, asse portante che fornisce direzione e intenzione alle immagini e agli eventi sulla scena (notevoli, ad esempio, i cori e le percussioni scelti per raccontare la rabbia del popolo nativo e ribelle dei Fremen, metafora politica della rabbia del popolo mediorientale contro “gli oppressori” occidentali).

Con Dune, insomma, Villeneuve vince la sua scommessa, realizzando un blockbuster d’autore, che con il giusto equilibrio dà forma a una scrittura solida, ricercata, attenta a inserire le sequenze narrative di azione in un più ampio contesto di storia che è insieme di formazione personale e di racconto politico collettivo. E la unisce a una messa in scena maestosa, imponente e spettacolare.


  • Diretto da: Denis Villeneuve
  • Prodotto da: Denis Villeneuve, Mary Parent, Cale Boyter, Joe Caracciolo Jr.
  • Scritto da: Jon Spaihts, Denis Villeneuve, Eric Roth
  • Protagonisti: Timothée Chalamet, Rebecca Ferguson, Oscar Isaac, Josh Brolin, Stellan Skarsgard, Dave Bautista, Stephen McKinley, Henderson, Zendaya, Chang Chen, Sharon Duncan-Brewster, Charlotte Rampling, Jason Momoa, Javier Bardem
  • Musiche di: Hans Zimmer
  • Fotografia di: Greig Fraser
  • Montato da: Joe Walker
  • Distribuito da: Warner Bros. Pictures
  • Casa di Produzione: Legendary Pictures, Warner Bros. Pictures
  • Data di uscita: 03/09/2021 (Venezia), 16/09/2021 (Italia), 22/10/2021 (Stati Uniti)
  • Durata: 155 minuti
  • Paese: Stati Uniti
  • Lingua: Inglese
  • Budget: 165 milioni di dollari

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