Due piedi per una gamba: Enzo Vetrano e Stefano Randisi come “Due stupidi sublimi”
…on air. Un divertissement gustoso, leggero, una puntata live di un programma radiofonico e anche il primo degli appuntamenti del 2019 promosso dall’associazione Liberty, che nella sua stagione Agorà, sempre fedele a una logica di felice decentramento, ha ospitato il 12 gennaio nel Teatro Comunale di Argelato (Bo) il duo palermitano composto da Enzo Vetrano e Stefano Randisi.
All’illuminarsi del segnale scarlatto posto in alto sulla scena, lo speaker della serata Lorenzo Donati richiama con garbo e studiato anticipo l’attenzione del pubblico proprio su quell’on air: “in onda” sarà la platea intera, dunque bisogna prestare particolare attenzione a spegnere i cellulari, a mantenere un discreto silenzio – salvo diversa indicazione – pena il buon andamento della diretta. Nessun grido all’ovvio: l’occhio e l’orecchio allenati alle astuzie sornione del duo Vetrano e Randisi riconoscono immediatamente che dietro a questo appello risiede solo in minima parte la buona e routinaria prassi del theatrically correct; individuando fra le virgole ciò che davvero, con Due stupidi sublimi (on air), si sta chiedendo, richiesta che suona pressappoco come: abbandonare le armi della consuetudinaria razionalità, della spasmodica ricerca di un senso logico, della “serietà seriosa”, e lasciarsi sedurre dalla dimensione propria del sublime. Ovvero, come da etimologia, da tutto ciò che è oltre la soglia, che sta sotto. Finendo per entrare in una costellazione di paradossi linguistici e situazionali dove perdersi con leggerezza, per allenare insieme agli attori la capacità inventiva e astrattiva, e imparare quanto l’atteggiamento di fronte alla potenzialità infinita della lingua di costruire mondi possa infine installarsi in una prospettiva più semplice, giocosa, divertita. Ma del resto, non è anche questa una fra le cifre maggiori della poetica di chi ha scelto come puntelli drammaturgici, fra gli altri, proprio Pirandello e Franco Scaldati?
Collage di piccole scene in passato adottate (molti dei brani presenti già ne Le smanie per la villeggiatura), accanto a questi stupidi sublimi la cornice radiofonica rappresenta un grazioso anche se non troppo approfondito pretesto, non sempre strutturalmente efficace. Il vero filo di collegamento, Vetrano e Randisi ce lo consegnano già nascosto all’interno di tutte le paradossali situazioni nelle quali si attardano a giocare, in un meccanismo di controllatissimo disordine fra le derive e i naufragi di identità («ma questa è la mia o la tua isola deserta?», «fatto sta che dove sono io ci sei sempre tu»), gli importanti salti da compiere (sempre che si azzecchi l’esatta lettera dell’“HOP” sulla quale lanciarsi), le lezioni che non si imparano mai (su un pianoforte il “do” e il “re” possono confondersi facilmente, se non si specifica con quale dito suonarli), e i falsi sillogismi che diventano serissimi entimemi («tu non hai paura di bagnarti sotto la pioggia, tu hai paura della polizia!»).
La coppia di individui che incarna il meglio della lezione beckettiana regala al suo pubblico un saggio quanto mai lieve e luminoso di quanto la dimensione del gioco sulla scena sia viva finanche nella precarietà inscritta nei suoi spunti tematici: quelli della morte, dell’identità che scricchiola come gli ossicini di un piede, di una certa sensazione di estraneità e solitudine, e di confusione rispetto alla logica, da colmarsi proprio con la vicinanza di un’inversione di rotta sempre possibile. Almeno, parlandola. Tutti temi già cari al duo palermitano – di cui si ricordano affettuosamente anche radici e primordi teatrali grazie a una registrazione, unica incursione dall’“esterno” veicolata dall’impianto radiofonico, per la voce di Elena Bucci – e che si ripresentano in Due stupidi sublimi, versione “in onda”, in un’ondata di leggero e sorridente incanto, rigorosamente live.
Immagine di copertina: foto di Mario Sabbatani