Cinema

Drive In. The Italian Job: Mini BMC & Co.

Michele Notizia

L’orgoglio nazionale, l’inno nazionale e le sgommate delle auto protagoniste di The Italian Job, il film cult di Peter Collinson che alla fine degli anni Sessanta celebrava un decennio ed i suoi pneumatici.

Il più grande eccidio, per un appassionato. Un grande film, per tutti. Una pellicola in cui le auto sono le protagoniste in assoluto. La prima inquadratura parte con un’italianissima Lamborghini Miura sulle Alpi, con sottofondo una canzone con qualche parola in italiano biascicato. La Lambo subito fa una brutta fine, distrutta da un Caterpillar (per fortuna la versione distrutta era una controfigura, come confessa Michael Deeley, il produttore). Il proprietario del bolide italiano voleva fare un colpo in Italia, senza aver fatto i conti con la mafia, rappresentata da una Fiat Dino Coupé (con motore Ferrari). Queste sono le prime scene di The Italian Job, film orgogliosamente inglese del 1969 con Michael Caine (ed anche Benny Hill) di Peter Collinson. La storia parla di un giovane ladro, Charlie Crocker, intenzionato a fare un salto di qualità nel mondo del crimine, ed il colpo in Italia (più che “colpo all’italiana”,  come invece venne tradotto) è quello di rubare 4 milioni di dollari in lingotti appartenenti alla FIAT. I protagonisti “umani” sono degno specchio della beat generation inglese di fine anni ’60, vestiti in maniera inconsueta ma alla moda. Le auto presenti nella storia sono anche esse di quanto più meccanicamente eccelso si poteva avere al tempo: una Aston Martin DB4 cabrio e due Jaguar E-Type, per non parlare delle svariate “comparse”.

La trama è consegnata alla storia, comprese le povere auto distrutte inutilmente. Ma la cosa che più rimane impressa sono le fantastiche sequenze in cui sono presenti le automobili. Il produttore Michael Deeley ebbe non poche difficoltà nella produzione, soprattutto da appassionato qual’era; la Lamborghini e le Aston Martin oggi come allora non erano vetture da tutti i giorni e si dovette comprarne un esemplare buono per le scene di giuda (sperando non si rompesse, come avvenuto per la Aston) ed alcune “controfigure” magari presentabili solo da un lato, in modo da creare l’effetto ottico della distruzione. Il film è ambientato ovviamente a Torino, e pensare che proprio per questo la FIAT poteva fornire tutte le vetture che volevano da distruggere purché si usassero delle piccole torinesi come protagoniste (ha comunque contribuito nella fornitura delle Dino). Ma diciamoci la verità, la scelta inglesissima della Mini BMC si è rivelata giusta, perché era ed è imbattibile; inoltre le Mini scelte sono di colore rosso, bianco e blu, i colori della bandiera Inglese. Così come l’Inghilterra di quegli anni, piena di rivoluzioni sociali e culturali (Beatles, Rolling Stone, Monty Python, la minigonna… ) non da meno fu l’introduzione sul mercato di questa piccola scheggia. Nata come macchina per la produzione e motorizzazione di massa, non solo fu disegnata, ma anche progettata in maniera moderna, anzi futuristica … Pensate che ogni vettura oggi giorno in circolazione si è dovuta rifare allo schema Mini: trazione anteriore, sospensioni indipendenti, motore longitudinale. E parliamo di una vettura lanciata nel 1959. Il suo fascino si arricchì di storia sportiva memorabile, quando con le versioni Cooper nel 1964, 1965, 1967 (anche 1966, nelle prime tre posizioni, ma i francesi squalificarono la Mini e diedero la vittoria a tavolino ad una Citroen … coincidenze) vinse il Rally di Montecarlo a scapito di vetture come Porsche e Lancia. Immancabile che la scelta cadesse su queste piccole ed agili vetture.

Protagoniste assolute del film, la Mini è perfetta per inserirsi nei piccoli vicoli tipici delle città italiane, inseguita dalle Alfa Romeo Giulia o dal Moto Guzzi Falcone della polizia; ma non solo, anche sul tetto di un aeroporto, nei cunicoli di una fogna, vicino al letto di un fiume, la rampa con cui salgono su un torpedone e poi vengono (dolore immane) irrimediabilmente eliminate per non lasciare tracce. Un film che per i suoi innumerevoli momenti di azione è considerato un classico dagli appassionati di auto e non, che entra nella storia non solo per le ruote e le scodate, ma anche per frasi entrate nel gergo comune: come si può notare tutte le vetture d’oltremanica hanno, usuale per loro, a destra, ed infatti al trasferimento nel continente il protagonista avvisa “(in Italia) si guida sul lato sbagliato della strada”, ancora oggi ripetuta orgogliosamente dai britannici proprio a sottolineare la loro “originale” scelta. Così come nella storia è entrata la Mini, che dal 1959 è stata prodotta in innumerevoli versioni, inclusa una particolare edizione celebrativa del capolavoro con tanto di loghi con su scritto proprio The Italian Job; per non parlare delle repliche, non si possono enumerare nemmeno. La vettura è una delle più longeve del mondo, l’ultima è stata costruita nel 2000, quando la BMW iniziò a costruire la sua MINI. Qualcuno pensò, visto il successo della nuova macchina, di bissare il successo del film, e di fare un remake. Scandaloso e tamarro il sequel del 2003, vede una banda di ladri americani (orrore) ad organizzare un colpo a Venezia. Troppo recente per parlarne, ma fa impressione che su internet è il primo risultato della ricerca. Maledetta modernità. 



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