DoppioSenso Unico – gU.F.O
Finalmente li abbiamo visti in scena, dopo un mese in cui li abbiamo seguiti pubblicando i loro trailer accattivanti. Ebbene, cosa ne abbiamo pensato?
Finalmente li abbiamo visti in scena, dopo un mese in cui li abbiamo seguiti pubblicando i loro trailer accattivanti, queste brevi ed enigmatiche anticipazioni di uno spettacolo che, sapevamo, doveva mescolare gufi e alieni per una strana combinazione di lettere. Ebbene, cosa ne abbiamo pensato?
Il nostro giudizio, ma anche quello degli spettatori che l’hanno visto, è assolutamente positivo; anche qui come altrove (se non più di prima), Luca Ruocco e Ivan Talarico hanno confermato il loro talento di scrittori per la scena, nonché attori eccellenti (ma questo lo sapevamo già). Come nel loro precedente lavoro, infatti, La variante E.K, in gU.F.O hanno lavorato su una struttura drammaturgica molto particolare, nata dall’accostamento/sovrapposizione di un solido testo, curato in maniera impeccabile nella forma e nei suoi “doppi sensi”, con l’imprevedibilità di situazioni potenzialmente rischiose e instabili, che contemplano l’intervento dello spettatore.
Conoscevamo già la loro straordinaria capacità di stravolgere qualsiasi tema in chiave ironica – senza scadere mai nel cattivo gusto o nella banalità – ma qui riescono addirittura a ripensare sotto una luce paradossale e assurda la Storia. Non semplicemente “mascherandosi da” le varie figure dei personaggi – Isaac Newton, Gandhi, Marx, Freud, ecc. – ma dando a ciascuno di essi un corpo e una voce autentica; proiettandoli in una dimensione spaziotemporale paradossale, dove è la storia a essere scoperta, sviluppata, attraverso un processo a rovescio, tramite le domande punzecchianti di un deus (ex machina) che risolve i processi storici come il regista risolve la costruzione di una scena o di un personaggio, mettendo alla prova l’identità di queste rinomate figure che, nelle loro ingenue risposte, riescono non solo a far ridere, ma anche a farsi sentire umane, più vicine.
Il filo conduttore di tutto lo spettacolo, forse, è rappresentato proprio da questo processo di umanizzazione del mondo (terrestre ed exta-terrestre), soprattutto di ciò che siamo abituati a sentire come lontano; i personaggi del passato, gli alieni. Anche Hitler, altro personaggio di passaggio nello spettacolo, rivisitato alla luce di questa prospettiva, avrebbe fatto confusione – per un sottile gioco di richiami – tra “ariani” e “alieni”, dal momento che gli “alieni” di questa storia altro non sono che esseri del tutto uguali a noi, solo – si potrebbe forse dire – con più voglia di lavorare. E i gufi?
I gufi sono Luigino e Marisa, una coppia che attraversa trasversalmente lo spettacolo, messa in crisi da un barbagianni di nome Gianni Barba, che grazie ai suoi modi sofisticati – e al fascino seducente della sua “barba” – ruba il cuore delle donne sposate. I loro dialoghi avvengono sempre in piedi, come due testimoni esaminati in un tribunale dei sentimenti, ai lati di un dispositivo scenico polifunzionale, ben congegnato, al cui centro, invece, è costruita in modo essenziale una sorta di gabbia “metaforica” più che fisica, dove per un’altra paradossale coincidenza non ci sono gufi, ma un uomo – altro esaminato – sul lettino dello psicanalista (e che si riscopre “gufo”).
Anche se è uno spettacolo molto complesso, proprio per la surreale concatenazione fra situazioni e personaggi (che, difatti, non sono legati da alcun filo narrativo) e le scene sono interrotte dai brevi bui che fanno pensare a qualche genere di show cabarettistico, la compagnia DoppioSenso Unico sembra, piuttosto, aver trovato un linguaggio che gli è congeniale, autentico, dove la parola viene sdoppiata, capovolta, girata a rovescio, come fosse un cartello (altro elemento presente più volte in scena); diventa fonte di “doppi sensi unici”, perciò geniali: quel senso “altro” che non poteva essere che quello. Lì. Solo che non c’avevi ancora pensato.
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- Titolo originale: gU.F.O