Arti Performative

Divano Occidentale Orientale // Il Giudizio

Renata Savo

Il 26 febbraio nella Sala Santa Rita nel rione romano di S. Angelo abbiamo assistito alla prova aperta di Il Giudizio, «poema visivo in 2 capitoli» della compagnia Divano Occidentale Orientale fondata nel 2010 da Giuseppe L. Bonifati e Monserrat Montero Cole e dal 2011 residente a Holstebro, in Danimarca. Il progetto è stato vincitore del bando “Spazi in festa” promosso dall’Assessorato alla Cultura, Creatività, Promozione Artistica e Turismo di Roma Capitale e ha dato il via alla selezione di sette giovani e talentuose attrici per un workshop da cui è stata tratta questa performance.

Strutturata in due fasi, essa ci ha prima guidato di fronte al cancello del vicino Cortile del tempio di Apollo, dove abbiamo spiato un innocente momento di ricreazione delle giovani. Non conoscendo il luogo, la sensazione è stata quella di non capire da subito per quale motivo ci trovavamo lì, di fronte a un gruppetto di ragazze che si lanciavano una palla in maniera del tutto spontanea, finché non abbiamo visto passeggiare tranquillamente, proprio davanti al gruppo femminile, un prete giovane e di bell’aspetto (Fabio Pappacena).

Poco dopo, siamo entrati nella sala Santa Rita (ex chiesa Santa Rita da Cascia in Campitelli); qui, vediamo sovrastare il dettaglio del noto affresco michelangiolesco della Creazione di Adamo: l’attimo colto dal grande artista in cui le due mani, di Dio e del primo uomo, stanno per sfiorarsi dando origine al genere umano; come a sottolineare che l’uomo è il frutto della carne, del concepimento attraverso il contatto fisico, e in quanto tale il richiamo della carne non potrà essergli in alcun modo estraneo.

E come in un maestoso dipinto vivente, questa piccola chiesa sconsacrata diventa il luogo ideale per un affresco di corpi e forme danzanti davanti all’altare del giudice, noi spettatori, osservatori indiscreti. L’azione ha vita su una delicata partitura sonora al pianoforte, ci ricorda qualche film muto, ma proprio perché in essa confluiscono più linguaggi, dalla musica, alla danza, al teatro, potremmo assimilarla al genere melò caratterizzato da un’espressività marcata: qui, diversamente da una delle caratteristiche tradizionali del genere, cioè la netta distinzione tra buoni e cattivi, ci troviamo di fronte a una confusione della linea che separa il bene dal male, e proprio in questo risiede la questione portata in superficie dalla performance, il cui intreccio si basa sulla seduzione delle giovani e presumibilmente innocenti ragazze ai danni del prete, e sulla disarmata capacità di giudizio dello spettatore, testimone oculare di un rito, di una danza erotica inaspettata (vista la giovane età e l’apparente ingenuità delle ragazze).

Al di là della tematica, attuale anche se sempre esistita, inerente alle comprensibili debolezze della carne, nonché alla rimozione, da parte della nostra società, del problema che l’essere votati a Dio e portare una tonaca rappresentino delle mere sovrastrutture rispetto alla natura umana, è interessante l’attenzione rivolta alla costruzione di una riflessione: difatti non c’è violenza, ma consenso da parte delle seduttrici, non c’è un atto veramente impudico, se non afferrassimo la questione da un punto di vista particolare, e cioè alla luce del fatto che chi cede alla tentazione indossa un abito che dovrebbe “condannarlo” alla castità; perché sì, potremmo definirlo un voto, una volizione, ma allo stesso tempo siamo anche liberi di vedere questa “impossibilità” come una “condanna”, una innaturale imposizione.

Cosa diranno fuori, a una società incapace di comprendere fino in fondo la questione, queste ragazze rifiutate da un prete che ha mostrato pur sempre la propria disposizione al peccato? Viene in mente un bellissimo film nominato agli Oscar nel 2014 e prodotto proprio in Danimarca – terra d’adozione della compagnia Divano Occidentale Orientale – Il sospetto di Thomas Vinterberg, in cui similmente emerge come per il mondo esterno non sia necessario che il peccato si concretizzi in atto. Basta una menzogna per formulare il giudizio, e spesso, purtroppo, anche in questi casi le conseguenze sono fatali.


Dettagli

  • Titolo originale: Il Giudizio / Shame - Vergogna

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