Licia Lanera, e il teatro della disgregazione dei rapporti umani
È andato in scena al Teatro India Orgia di Pier Paolo Pasolini nell’adattamento di Fibre Parallele e, per la precisione, di Licia Lanera: il primo spettacolo in cui la regista-attrice si stacca dall’assidua collaborazione con Riccardo Spagnulo, e si avvicina a un testo firmato da una delle personalità iconiche del secolo scorso. A pochi giorni di distanza la stessa attrice torna a calcare le scene della capitale con uno dei primi spettacoli della compagnia, 2(DUE), in scena al Teatro dell’Orologio dal 20 al 22 gennaio.
Sul palcoscenico, un’umanità lacerata dalla propria stessa natura: una natura animale, impulsiva, brutale, una natura tradita e traditrice nei confronti di una società egoista, violenta e castrante, madre e padrona, che promette la felicità solo a patto di una sottomissione completa alla sua prima regola: la normalità.
I personaggi di 2(DUE) e di Orgia non riescono a trovare il proprio posto nel mondo; la prima, in quanto compagna inutile di un uomo gay e i secondi in quanto coppia sadomasochista: la violenza, l’assassinio, la sessualità nella negazione del piacere diventa l’unico canale comunicativo rimasto aperto, seppur per poco, prima della fine inevitabile.
Sono personaggi complessi, buchi neri sul palcoscenico, personaggi che richiedono una discesa vertiginosa nell’animo umano, una discesa repentina, impreparata, un bungee jumping senza risalita.
L’interpretazione è tutta nelle mani (e nel corpo) di questa donna di 35 anni, Licia Lanera, che ha intrapreso la carriera di attrice giovanissima, una ventenne quando insieme a Riccardo Spagnulo decide di investire tutto, tempo, energie, soldi (che non aveva) in un teatro diverso, che raccontasse quello di cui lei sinceramente sentiva di dover parlare, un teatro politico, in quanto reale, contemporaneo – ci ha raccontato al telefono – attaccato alla vita in maniera spasmodica. I testi (scritture originali) dei primi spettacoli parlano di cronaca, quella nera, quella che ci mangia l’anima dai telegiornali a ogni pasto della nostra vita. Quella che siamo ormai abituati a escludere dalle nostre giornate, ma che portata a teatro ha la forza detonatrice di una bomba H. È così per Furie de Sanghe. Emorragia Cerebrale (2010), Duramadre (2011), Lo spendore dei supplizi (2013) e, prima ancora, per 2(DUE) che, nato nel 2008, è diventato per Licia quello che lei stessa definisce «un piccolo blockbuster, un tesoretto che continuano a richiedermi stagione dopo stagione, anno dopo anno… attualmente ho già una trentina di repliche fissate per l’anno prossimo».
Diverso il discorso per Orgia, che, nato come una lettura agita nel 2015, si presenta come una sfida completamente nuova per l’attrice-regista, che per la prima volta si trova a dover affrontare nella veste di entrambi i ruoli professionali un’opera chiusa, scritta decenni prima, anche se assolutamente attuale.
«La Licia attrice dedica poco tempo allo studio – racconta di sé – perché quella dei nostri testi è una parola che mi appartiene, una parola che nasce in sala prove. Invece con Pasolini ho dovuto fare un lavoro maniacale sul testo, uno studio molto diverso, una sorta di partitura. Da attrice avevo già affrontato lavori del genere, come per lo spettacolo con Ronconi [ndr, la Celestina con cui vince l’Ubu], ma essendo anche regista la mole di lavoro è tutt’altra. E poi stiamo parlando di Pasolini: la sua è una parola antica, poetica, che io ho cercato di restituire al concreto, perché il pubblico potesse comprenderne appieno il significato».
In Orgia, l’attrice interpreta entrambi i personaggi dell’Uomo e della Donna, riportando quella dualità ad una singolarità, rendendo esplicita la connessione viscerale tra vittima e carnefice, tra masochista e sadico: «Interpretare entrambi i personaggi mi è sembrato naturale e necessario, sin dalla prima lettura del testo. In effetti mi ritrovavo in tratti di entrambi i personaggi. Non avrei mai portato in scena la coppia borghese in camera da letto, quello è un teatro che non mi interessa, che secondo me non è più utile alla nostra società. Questo è l’unico tratto non contemporaneo di Pasolini. Ma sotto c’è un’umanità, un’indagine dell’umano prorompente. Ecco, io ho scelto di rappresentare questa indagine nelle viscere dell’essere umano: la frustrazione di non essere all’altezza del presente, l’infelicità, il non saper reggere il passo col mondo. Tutto questo sfocia in qualcosa di torbido, e non solo nei personaggi di Pasolini, ma in tutti noi. È una bestialità propria dell’umano».
Ad indicare il cambio di personaggio, pochi oggetti di scena (un cappuccio per lui, una sottoveste per lei), la voce che si incupisce appena. È Nina Martorana ad interpretare invece la Prostituta: una seconda donna, un’Altra con cui tentare di replicare quel rapporto, inutilmente. L’Altro è fuori, lontano, inavvicinabile. L’inferno dei due-che-è-uno è esclusivo, impenetrabile, incomprensibile. In questo senso, Orgia sembra l’evoluzione – attoriale e naturale – di 2(DUE).
Un percorso scenico, quello di Fibre Parallele, durato una decina d’anni e atto a raccontare una società sull’orlo del baratro: e non è un paradosso che per farlo, stavolta, Licia decida di farsi aiutare da un testo nato quasi mezzo secolo fa, se a quel testo, senza fargli soffrire variazioni o forzature, è possibile associare il rap di Eminem quanto i violini di Gurdjief.
Lo strazio senza tempo di un essere umano rigurgita il proprio male in faccia a una società che lo vuole pulito, sorridente e, perché no, prevedibile, controllabile. E il teatro, come forma d’arte, è il luogo, oggi come ieri, in cui guardare negli occhi la realtà che ci ha ingabbiati; il luogo in cui trovare una risposta, forse, all’orrore di quelle notizie di cronaca atroci che continuano ad arrivare ai nostri orecchi sordi.