Arti Performative

Dalla nostalgia del passato alla nostalgia di futuro. Intervista a Riccardo Festa e Matteo Angius

Renata Savo

Settembre è il mese della nostalgia per antonomasia. L’estate volge al termine. Le vacanze sono racchiuse nei ricordi più o meno felici. Più o meno vividi e intensi.

Tra quelli personali di quest’estate non posso non annoverare le serate, gli incontri vecchi e nuovi alla Centrale Fies di Dro. Quale fresca atmosfera avvolgeva il festival Drodesera! “Fresca” non solo per l’aria che circonda le Dolomiti, ma per la straordinaria vivacità artistica, che anima, rigenera il territorio, audacemente.

Così, uno dei pochi pomeriggi di quei giorni in cui il clima estivo lascia il posto a un cielo un po’ più settembrino e la pioggia cade a rammentare i battiti di un tempo che scorre inesorabile, incontro Matteo Angius (Accademia degli Artefatti) e Riccardo Festa (URTeatro), in quest’occasione sotto il nome di Angius//Festa (“che suona pure bene”), per fare loro alcune domande su questa prima collaborazione insieme, sostenuta e patrocinata dall’E45 Napoli Fringe Festival Italia. Al centro del loro progetto, proprio la nostalgia: tema che viene declinato in molti modi all’interno di uno spettacolo concepito come un format flessibile, simile a quello radiofonico. O della nostalgia, il titolo. Vediamo subito di cosa si tratta, e dopo, se vi abbiamo incuriosito, andate a vedere lo spettacolo.

E’ in scena tra pochissimi giorni – il 5 settembre – a Roma, per SHORT THEATRE 10, festival che quest’anno compie un decennio di vita… e forse sente un po’ di nostalgia anche lui. La sua nostalgia, però, nonostante tutto, non guarda indietro ma avanti: è “Nostalgia di futuro”.

 

Come vi siete conosciuti, quando vi siete incontrati e come avete poi deciso di collaborare insieme a questo progetto sulla nostalgia.

R.F.: … ci siamo conosciuti in una dark room del Mucca Assassina… no, non è vero! Ci siamo conosciuti un po’ di tempo fa, forse otto anni fa, viene da dire. Per amicizie comuni…. No! Io feci un laboratorio con gli Artefatti! Ho fatto un laboratorio con Fabrizio Arcuri 9 anni fa a Roma, al Furio Camillo, e poi lì ci siamo un po’ persi di vista, c’eravamo sempre visti in giro per una vita, con degli incroci strani, del tipo che una mia amica è andata a vivere a casa sua, perché sapeva che cercava coinquilini, quindi c’eravamo un po’ frequentati, ma non avevamo mai lavorato insieme.

M.A.: Una sera è successo che lui ha fatto una performance per strada, la famosa performance del vampiro gay (non so se questa cosa può interes…)! E questa cosa, diciamo, un pochino mi aveva fatto sorridere, mi sembrava figo il fatto che facessimo delle cose che avevano un livello performativo stupido ma che comunque facessero ridere. E quindi da lì, “Ma dai, davvero, facciamo una cosa insieme!”, ma davvero “così”, abbiamo riso una sera insieme… Era qualcosa come un anno e mezzo fa, forse l’estate scorsa. Quindi “Facciamo una cosa insieme”, e l’idea iniziale era di essere minimamente seri e di costruire comunque un contenitore “X” che ci permettesse di fare dentro un sacco di scemenze e che però avesse anche un pochino di identità di senso; quindi un pochino l’idea, da una parte, di fare un contenitore spettacolare che non avesse una sua struttura particolarmente chiara, e dall’altra parte trovare un modo per attivare tutto che quello che ci eravamo detti. E così, proprio chiacchierando, se penso alla fine a una cosa che non ha, come dire, per forza a che fare con una storia da raccontare, che non ha per forza a che fare con un messaggio politico… un macrotema, ecco, che un po’ mi incuriosisce, è la nostalgia che mi porto dietro, quale che sia, ora, esattamente la sua definizione; però, in senso generale, se dico “nostalgia” dico una cosa che c’ha a che fare con me e c’ha a che fare con l’essere umano, sotto varie declinazioni. Da subito, la cosa che ci sembrava interessante è che in qualche modo è un tema che tocca tutti, a vari livelli: livelli aneddotici, personali, di riflessione anche prettamente ideologica, però poi nessuno, effettivamente, riesce a definirla precisamente.

Parliamo del processo creativo, produttivo. Come avete raccolto materiali? Ho visto una Pagina Facebook in cui erano presenti diversi spunti, stimoli degli utenti. Mi è venuto da pensare al progetto di “Art you lost?”, sia come “raccolta”, ma anche per il tema della nostalgia.

R.F.: Guarda, se vogliamo essere proprio onesti, siamo stati su questo abbastanza limpidi e semplici.

M.A.: In realtà, la cosa principale da dire è che tutto quel progetto della Pagina, l’idea della radio che facciamo anche domani [a Drodesera, ndr] sono, come dire, progetti un po’ paralleli rispetto allo spettacolo. Per esempio, non è che per forza nella Pagina ci cadono delle cose che poi cambiano lo spettacolo; il processo creativo dello spettacolo ha avuto a che fare con “Scrivi una cosa tu, scrivo una cosa io, ci piace fare questo, facciamo questo…” e quindi siamo andati avanti un po’ per piccoli nuclei drammaturgici e per idee che ci interessava fossero comunque adatte al pubblico, che ci facessero capire quali erano le possibilità di dispositivi spettacolari che permettessero di avvicinarci il più possibile al pubblico.

R.F.: La prima cosa che ci siamo detti, proprio vera (eravamo seduti a un bar, a San Callisto), ed è stato il primo vero discorso serio su questa cosa della nostalgia, è stata che abbiamo quasi quarant’anni e abbiamo fatto diverse cose – per motivi diversi, abbiamo lavorato molto anche con il pubblico, non per forza recitando, entrando nelle scarpe di qualcun altro, piuttosto avendo spesso una relazione diretta con lo spettatore – e abbiamo detto “Perché non cerchiamo di metterci dentro un po’ di tutto quello che siamo stati finora?”. Vuol dire che c’è del teatro, ma c’è anche un contenitore che potrebbe essere radiofonico perché la radio ti permette un dialogo con il pubblico che è particolare, perché ci sei tu che stai parlando a qualcuno che non è lì; oppure puoi fare anche una radio live, con il pubblico davanti… ci interessava mettere dentro un po’ tante cose, non tutto chiaramente.

M.A.: Di base è come se dal punto di vista dei contenuti una risposta non c’è; se fosse un processo produttivo così infinito, lo spettacolo potrebbe avere anche dei contenuti, delle strutture che cambiano…

R.F.: Va a rubriche un po’. Quindi, in realtà, se noi volessimo mettere in scena altre dodici rubriche potremo farlo!

M.A.: Abbiamo selezionato in una maniera molto semplice i temi che volevamo fare, guardandoci indietro alle cose che abbiamo fatto o non abbiamo fatto, che mancano o che non mancano, sia dal punto di vista professionale, dall’altro lato sentimentale, dall’altro legato alla perdita di qualcuno.

R.F.: Dall’altro lato anche soltanto legato a livello semantico o di significante stesso della parola nostalgia…

Una risposta universale sulla nostalgia non c’è, ma se doveste provare a definirla a livello personale… voi di che cosa avete nostalgia?

R.F.: Di cosa provo nostalgia è una cosa molto diversa dal dire “che cosa è” la nostalgia. Di cosa io provo nostalgia… io penso che fondamentalmente, per quanto mi riguarda, provo nostalgia del tempo che passa, che è passato. E’ una cosa per me molto legata al fatto che siamo così determinati e finiti nel tempo, in qualche modo. E quindi è molto connessa ai ricordi e al fatto che tutto si consuma. Anche solo di una situazione, è lo spazio fisico che mi manca.

M.A.: Io invece continuo ad avere nostalgia più per le cose che non succedono.

Quindi è legata al futuro più che al passato…

M.A.: Esatto. E’ una cosa legata a tutto quello che sfioro, che potrebbe, ma non è. Allora, quella cosa mi fa una strana distanza verso quella cosa che potrebbe essere ma non è e in quello spazio lì, allora, io ci metto quella che penso sia la nostalgia. Poi però c’è una cosa veramente sentimentale in questa cosa qui; cioè, l’oggetto della nostalgia è una cosa diversa dalla sensazione. Da una parte c’è una definizione, dall’altra parte una sensazione, dall’altra un oggetto e sono tre cose diverse che poi uno si confonde a raccontarle. E quella è la confusione della performance.

R.F.: Però se devo dire proprio quello che siamo riusciti un po’ a tirar fuori, se proprio dovessi tirar fuori quel granellino… la nostalgia se per lui è quella cosa che potresti avere però non hai, per me è quella cosa che hai avuto per un momento e nello stesso momento in cui ce l’avevi sapevi già che l’avresti persa. Quindi, alla fine ha a che fare con il mancare e con il “mancar-si”, anche… Uno svenimento stranamente nostalgico!

 

                                                                                                                                                         

 


Dettagli

  • Titolo originale: O della nostalgia

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