Arti Visive

Connessioni decoloniali. Condivisioni oltre le migrazioni

Gabriella Bologna

 

Una mostra, un laboratorio un convegno e molto altro: Connessioni decoloniali. Pratiche che ricreano convivenza, ha attraversato per tre giorni alcuni luoghi del centro di Verona portando esperienze, pratiche e creatività da Europa, America Latina, Asia e Africa.

Il convegno internazionale, concluso sabato, è stato curato da Rosanna Cima, Maria Livia Alga e Mariateresa Muraca del Dipartimento di Scienze Umane dell’Università di Verona, e ha raccolto interventi di accademici, teologhe, filosofe, collettivi artistici e rappresentanti di ONG.

Come spiegano gli organizzatori “se il colonialismo è finito, gli sopravvive la colonialità. Per ogni contrapposizione propria della colonialità (europeo-non europeo, maschile-femminile, bianchi-neri, nord-sud, umano-non umano, sviluppato-sottosviluppato, urbano-contadino) c’è sempre una dimensione viva nella quale è possibile incontrarsi.  Le connessioni decoloniali generano processi di costruzione condivisa del sapere, pratiche di cura, pratiche genealogiche, immaginari postesotici, esperienze comunitarie.

Il laboratorio autogestito, attivo a Verona già da alcuni anni, è nato per aprire spazi di partecipazione e convivenza con la collaborazione di assistenti sociali, infermiere, educatrici, mediatrici culturali e artiste. In occasione del convegno, quasi cinquanta persone delle più varie provenienze hanno cucito nel laboratorio una piroga di tessuti colorati, installata all’Università di Verona nei giorni scorsi.

Perché una piroga? E’ la memoria dei viaggi dei migranti da Asia ed Africa verso l’Europa, con le loro svariate motivazioni, spesso intrapresi a causa delle guerre o di pratiche di sfruttamento a opera dei paesi più ricchi: una di queste è la pesca massiva nelle acque senegalesi da parte dei pescherecci stranieri. Non a caso questa piroga ha un nome: gaal, il termine senegalese con cui vengono chiamate sia le piroghe usate per pescare sia le barche per arrivare in Europa.

Su una molteplicità di storie e di connessioni riflette anche la mostra Radici nel mare del collettivo femminista ideadestroyingmuros, allestita al Circolo della rosa.

Nato nel 2005 e attivo tra la Spagna e l’Italia, ideadestroyingmuros (ne avevamo già parlato su Scene contemporanee in occasione di un’installazione a Parigi http://www.scenecontemporanee.it/arti-visive/arcipelaghi-in-lotta-le-isole-postesotiche-in-mostra-a-parigi-intervista-al-collettivo-idea-destroyngmuros-1161) si dedica alla creazione artistica comunitaria, orientando la sua produzione allo sviluppo di pratiche genealogiche nate in contesti di diaspora e di pratiche legate alle identità territoriali, specialmente in relazione al contesto europeo.

Connessioni decoloniali è stato un intreccio di diniziative, arcipelaghi di racconti ed esperienze variamente collegati, uno sguardo diverso sul nostro presente e su possibili pratiche per il futuro.

 

 

 

 



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