Max Gazzè @ Lioni (AV) – 17/08/2016
La musica di Max Gazzè approda nell’entroterra avellinese in occasione della festa del Santo patrono di Lioni, location modesta e dalle temperature quasi autunnali. Il clima si accende esclusivamente quando nella piazza principale della città, alle spalle della chiesa e davanti a una folla di circa 20.000 persone, il cantautore romano sale sul palco con il suo inseparabile basso e i suoi compagni d’avventura (Giorgio Baldi alle chitarre, Max Dedo De Domenico al trombone e alla chitarra, Cristiano Micalizzi alla batteria e Clemente Ferrari alle tastiere e fisarmonica). Non stupiscono i numeri: il MAXIMILIAN tour, con il quale Gazzè sponsorizza da quest’estate l’album omonimo uscito nella seconda parte del 2015 e preceduto dall’orecchiabilissimo singolo ‘La vita com’è’ (canzone più trasmessa dalle radio nell’anno corrente), sta registrando, invariabilmente, il tutto esaurito.
L’ora e mezza di concerto si colora delle note più disparate, che abbracciano il longevo repertorio musicale di Max, attivo da vent’anni sulle scene del pop italiano e (di frequente) oltralpe. Non sempre loquace col pubblico, probabilmente per una connaturata timidezza da palcoscenico a volte non ben camuffata, il bassista romano si limita a presentare i titoli dei suoi pezzi che scorrono senza interruzioni, rimbalzando su una folla carica ed entusiasta. La fanno da padrone le luci, spettacolari e caleidoscopiche e le coreografie – quasi di ghezziana memoria per spirito e mordacia, vengono trasmessi in sequenza fotogrammi inerenti ai fatti storico-politici del 1996, anno d’esordio di Gazzè. La prolifica carriera musicale dell’artista è scandita da un’eterogenea scaletta che spazia dal folk rock degli inizi (La favola di Adamo ed Eva, Cara Valentina), passando per il pop più godereccio degli anni duemila (A cuore scalzo, I tuoi maledettissimi impegni), includendo pezzi dalla vena più romanticamente cantautorale (Il timido ubriaco, Il solito sesso, Mentre dormi), procedendo con il sound più sperimentale del suo ultimo lavoro (Mille volte ancora, Un uomo diverso, Teresa). Non trascura di riportare in auge il ventennale sodalizio con il conterraneo Niccolò Fabi (una versione invero inusitata e meno riuscita della memorabile Vento d’estate), né quello più recente che ha visto la reunion del trio Fabi-Silvestri-Gazzè, impegnato in un progetto partito molto prima della sua effettiva concretizzazione (dal disco del 2015, Il padrone della festa, l’artista rievoca L’amore non esiste).
Durante la performance il pubblico risponde ballando, saltando e cantando a squarciagola sui pezzi più ritmati, facendosi trascinare nelle ‘megalomanie’ scenografiche, come l’arrivo di un finto cardinale sul palco, provocazione, invero raccolta a piene mani, sul fanatismo religioso, che anticipa la frenetica Sotto casa, con la quale si chiude la prima parte del concerto. Si riprende letteralmente il fiato prima dell’esplosivo finale con la famosa Una musica può fare, che si erge anche a mantra del concerto, durante il quale si sono uniti cuori diversi per età (dai giovanissimi ai meno giovani) in un amalgama sensazionale.
Max Gazzè – con la sua onestà musicale e cantautorale – porta, in una piazza di paese, la gioia, il divertimento e l’evasione, ma anche la riflessione, i percorsi di vita e la realtà circostante.
È il padrone di questa festa.