Concerti Musica

Damien Rice @ Pistoia Blues Festival, 16/07/2016

Carmen Navarra

Sono le 19:00 di un piacevole pomeriggio di luglio, e nella meravigliosa cornice del Pistoia Blues Festival, in piazza del Duomo, un gruppo nutrito di persone – circa 4000 presenze, si scoprirà poi – attende compostamente ai propri posti l’inizio del concerto di Damien Rice, irlandese dagli occhi azzurri e dalla voce melensa, il songwriter che canta la bellezza e l’amore con un piglio personale e una vena intimista che ha attraversato la sua intera carriera, da O (2002) fino al recentissimo My Favourite Faded Fantasy (2014).

All’imbrunire il concerto è aperto da Gyda, violoncellista islandese dalla voce ammaliante, nota al pubblico per essere stata co-fondatrice dei Mùm. In un inevitabile climax ascendente, delizia gli spettatori con poche ma toccanti note, alternando virtuosismi vocali a brani esclusivamente strumentali. Il risultato è decisamente estasiante, ma la sua esibizione non è particolarmente sentita dal pubblico. A fine set, infatti, gli animi sono ancora molto tiepidi: l’attesa diviene via via meno nervosa, complice anche Leonard Cohen in sottofondo musicale.

Con lieve ritardo, alle 21:45 circa, Damien Rice fa il suo ingresso sul palco, imbracciando la chitarra acustica: il suo ingresso è subito d’impatto e riesce fin dalle prime note ad emozionare gli spettatori. Contornato da una luce flebilissima (sarà quasi sempre questo lo sfondo dell’intera performance) intona una straziante My Favourite Faded Fantasy, il pezzo omonimo del suo ultimo album; continuano su questa scia le ‘canoniche’ 9 Crimes, Canonball e Delicate, che colpiscono fortemente l’immaginario dello spettatore, ulteriormente sublimate da effetti fonici inattesi e straordinari. Sono quasi otto i minuti dedicati a I remember, i cui crescendo coreografico (luci gradualmente più accecanti) e sonoro (melodie che virano verso suoni psichedelici) si accompagnano al battito delle mani del pubblico, che agisce come il vero co-protagonista del concerto. Damien interagisce con esso in tono scherzoso e amichevole, strascica un buffo italiano e, sulla scia di un’ilarità sempre più palpabile, racconta aneddoti legati alla sua esperienza cantautorale e di vita. I momenti più toccanti sono quelli che aprono rispettivamente Trusty and true e Amie. Il primo di questi, suonato con uno strumento a corde che evoca suoni elettronici, è anticipato dall’esortazione al pubblico ‘Let yourself be wrong’, che invalida il concetto di ‘colpa’ che spesso imputiamo a noi stessi e agli altri. Amie, invece, è l’amore giovanile mai contraccambiato, cantato con intensa solennità. Ci si avvia alla chiusura della prima parte del concerto con la romantica Colour me in e l’intimissima Elephant; eppure si raggiunge l’apice con It takes a lot to know man, che sconfina in un arcobaleno di suoni e in un incastro di luci fluttuanti e di atmosfere fumose. Rice, abile polistrumentista, cimenta se stesso alla chitarra (prima acustica, poi elettrica), al flauto, alle percussioni e ai piatti, dopodiché lascia il palco davanti a una folla stordita dalle emozioni appena vissute. Il riverbero dei suoni è ancora palpabile nella piazza quando, pochi minuti dopo, il cantautore irlandese riappare sul palco insieme a Gyda per il colpo di coda. Tutti hanno lasciato i posti a sedere e si accalcano, in un abbraccio accorato, sotto il palco. The blower’s daughter, Rootless Tree e Volcano fanno da collante a questo momento irripetibile, sotto il cielo puntinato di stelle del Pistoia Blues Festival. Wonderful is true, come avrebbe chiosato Damien in The rat within the grain.



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