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“Concentrico”: il festival di teatro all’aperto tra piccole e grandi narrazioni

Pietro Perelli

Carpi. Una piccola cittadina in provincia di Modena. 71.033 abitanti. La piazza centrale, Piazza Martiri, può contenere quasi tutti i suoi abitanti. Arrivando da Ferrara si attraversano quelli che erano i domini estensi, fulcro del terremoto che ha colpito l’Emilia nel 2012. Una zona agricola e operosa, ai campi di grano turco ed erba medica si alternano quelli di grano che, ormai pronto per la mietitura, è giallo come il colore scelto da Concentrico – Festival di Teatro all’Aperto. Cinque giorni, dal 13 al 17 giugno in cui Piazza Martiri si trasforma in teatro, in palco e platea dove mettere in scena rappresentazioni eterogenee accomunate dall’avere come riparo il cielo stellato.

Secondo il dizionario Treccani un festival è una «festa popolare, spesso all’aperto, con musiche, balli, luminarie» o una «serie di manifestazioni e spettacoli, musicali, teatrali, cinematografici, per lo più periodiche». Concentrico è un po’ di entrambe le definizioni, portando avanti da quattro anni questa avventura che mira ad avvicinare il teatro alle persone. Non è infatti costruito solo per chi mastica e vive di teatro, ma anche, e forse soprattutto, per chi vede il teatro come uno spazio chiuso, un po’ snob, nel quale è difficile entrare. Nel centro di Carpi per cinque giorni si alternano prosa, clown, circo contemporaneo, teatro per bambini e spettacoli costruiti appositamente per la piazza che cercano di soddisfare ogni tipo di gusto e di attirare bambini e adulti dentro un mondo spesso visto come lontano, alieno. È quindi una festa popolare cioè per il popolo senza dimenticare, come a volte accade, il teatro.

Piazza dei Martiri a Carpi (MO)

Testimonianza di questo sono le moltissime persone che, almeno durante il week-end hanno invaso il centro cittadino. Ragazzi, famiglie con bambini al seguito, carpigiani e anche chi viene da fuori. Tutti insieme assaporano l’evento con momenti di divertimento, ma anche di profonda riflessione che molti spettacoli sono in grado di coniugare.

Basti pensare alla messa in scena di ExArt Circus, un progetto nato da Rimini Circo in collaborazione con Fekat Circus, una scuola di circo sociale di Addis Abeba, che ha prodotto La Bestia, una performance dove un duo formato da due insegnanti, Clio Abbate e Solomon Balcha Yani,  attraverso il linguaggio del circo contemporaneo riesce a dare uno spaccato di questo mondo in bianco e nero. «Un mondo nel quale i bianchi – come dice Clio – tendono sempre a sentirsi superiori e a voler insegnare qualcosa ai neri» ed è per questo che all’inizio della performance Solomon è dentro una gabbia travestito da leone mentre Clio interpreta una domatrice. Ma chi è la bestia? Ce lo spiegano nel seguente video:

Durante i cinque giorni di festival le proposte sono molte, si deve scegliere, non si può vedere tutto a meno che non si decide di correre da uno spettacolo all’altro. È il caso di quello che forse è il momento clou di Concentrico: il sabato sera. Alle 20 apre la serata il Teatro dei Venti con la sua nuova produzione Moby Dick, che lascia a bocca aperta le circa trecento persone sedute in platea e le duemila\tremila che si accalcano alle transenne imposte agli organizzatori dalla circolare Gabrielli.

“Moby Dick” di Teatro dei Venti. Foto di Lara Parmeggiani. Carpi, 2018

Purtroppo questo dovrebbe essere uno spettacolo da seguire accompagnando il palco mobile trainato dai detenuti coi quali il Teatro dei Venti collabora ormai da diversi anni. Stare seduti, in uno spettacolo fatto appositamente per le piazze, stride con la sua stessa natura, ma la bravura degli interpreti fa dimenticare ogni cosa. Trampolieri, acrobati, musicisti riescono, nonostante le difficoltà, a trasporre con grande efficacia il capolavoro di Melville anche grazie al gioiello ingegneristico che è il palco mobile su cui si muovono, che da nave riesce a trasformarsi in balena. Le successive immagini rendono abbastanza bene il felice connubio tra la cornice urbana e la messa in scena.

“Moby Dick” di Teatro dei Venti. Foto di Lara Parmeggiani. Carpi, 2018

“Moby Dick” di Teatro dei Venti. Foto di Lara Parmeggiani. Carpi, 2018

La stessa sera c’è anche La ballata dei senzatetto di Ascanio Celestini, nel quale l’autore e interprete, dentro la cornice d’eccezione del Cortile d’Onore di Palazzo Pio, riprende alcune storie già narrate in Laika e Pueblo e altre totalmente nuove  che magari andranno a incorporarsi nell’ultimo spettacolo della trilogia in programma. Ma si fermerà veramente solo a tre pièce? Dalle battute scambiate e pubblicate dal canale YouTube di Concentrico pare che abbia raccolto tanto materiale da poterne fare anche quattro o cinque.

Barboni, puttane, negri, Celestini parla degli ultimi, delle persone invisibili che quando diventano visibili danno fastidio a chi non riesce a provare empatia. Storie che probabilmente traggono spunto dalla Roma dell’autore, ma che si possono traslare in ogni città. Racconti di persone vere con una storia da raccontare e nessuno che la voglia ascoltare. Celestini le porta alla ribalta irriverente e politicamente scorretto, ma con la finezza di proporre queste storie anche a chi, magari seduto tra il pubblico, non le ascolterebbe dai protagonisti.

C’è, infine, una piccola storiella di cui si deve scrivere. Una storiella che ha quasi tremila anni e che è un caposaldo della cultura occidentale, Iliade (ovvero siamo tutti figli di Troia). Ripresa da Giuseppe Ciciriello con le musiche in scena di Piero Santoro è una produzione di IP produzioni impertinenti e di Concentrico Festival che da quest’anno ha scelto di impegnarsi anche nella produzione di uno spettacolo. Doveva in realtà essere un reading, ma gli attori si son fatti prendere la mano e hanno proposto un’ora e mezza di spettacolo raccontando le fasi salienti del poema, l’uno con la parola, l’altro con la fisarmonica. Due moderni aedi che interpretano la guerra per eccellenza nella storia, la Guerra di Troia. «Una guerra – dicono gli autori descrivendo la loro opera – mossa per interesse, combattuta per amore e vinta con l’inganno. Parole e gesti narrano di una guerra lontana che ancora continua a raccontarci il nostro tempo».

Immagine di copertina: “Moby Dick” di Teatro dei Venti. Foto di Chiara Ferrin

 



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