Arti Performative

Claudia Balsamo // Frida Kalho – Viva la Vida

Carmen Navarra

La città di Giffoni Valle Piana (Sa) festeggia la ventesima edizione di Giffoni Teatro, un traguardo in seguito al quale quest’estate sul palco del Giardino degli Aranci, location intima e accogliente nel cuore del centro storico, si sono susseguiti diversi eventi. La redazione di Scene Contemporanee era presente lì lo scorso 24 agosto per assistere ad uno spettacolo teatrale dal titolo Frida Kalho – Viva la Vida per la regia di Claudia Balsamo, attrice di origini salernitane e principale interprete della performance. Per l’occasione è stata anche allestita una (scarna) mostra fotografica in onore dell’artista messicana, Dentro la vita di Frida Kalho, contenente una serie di scatti – disconnessi dall’evento in sé – a cui ha prestato il volto la stessa Balsamo.

La scena è ridotta all’essenziale: un piccolo altare con mazzi di fiori colorati, due manichini posti ai lati del palco e un paio di sedute per le musiciste che suoneranno (rispettivamente una chitarra acustica e una fisarmonica) negli intermezzi. Le luci si abbassano alle 21:30 e dal fondo, con passo fiero ed altero giunge Frida, elegantemente vestita di nero e fedele alla tradizione esotica per acconciatura e trucco (folte sopracciglia, capelli raccolti ed impreziositi da fiori, labbra tinte). A tal proposito, è doveroso ricordare che la pittrice non si era limitata ad abbracciare esclusivamente il credo politico messicano dei primi anni del Novecento (la rivoluzione messicana, la militanza nel Partito Comunista), bensì anche l’aspetto culturale. L’attivismo politico della Kalho è sempre stato congiunto ad un fervente femminismo che l’ha contraddistinta tutta la vita e che sulla scena è ben sottolineato dalla scelta di utilizzare soltanto figure femminili: il monologo di Frida, infatti, viene spezzato in un solo momento dalla presenza di un altro personaggio femminile, l’amica (e probabilmente amante) Tina Modotti (interpretata da Angela Rosa D’Auria), fotografa di successo e attivista politica a sua volta. Sulla scena le due balleranno in modo sensuale e ammiccante. Inoltre, affascinata dalla società matriarcale sviluppatasi in una delle civiltà precolombiane (quella zapoteca dell’Istmo di Tehuantepec), l’artista messicana deciderà di utilizzarne gli abiti (verosimilmente presenti anche sulla scena), imitandone finanche un atteggiamento derisorio nei confronti del mondo maschile, riscontrabile in alcuni passaggi dello spettacolo.

La Kalho si incammina verso il palco stringendo alla vita un nastro di velluto rosso (in memoria dell’espressione un nastro intorno a una bomba, con la quale il poeta e amante André Breton amò definirla) e comincia il monologo recitando una delle sue poesie più note ,“Ti meriti un amore”, (l’interpretazione appare turgida e innaturale, complice l’artificiosità vocale creata dalla presenza del microfono). L’esibizione, della durata di (soli) 50 minuti, è perlopiù incentrata su due punti nevralgici della vita dell’artista: l’incidente in autobus all’età di 18 anni che la costrinse a letto per gran parte della gioventù (e in seguito al quale cominciò a comporre autoritratti riflettendosi in uno specchio appeso al soffitto) e l’amore passionale e disperato per il pittore Diego Rivera, che sposò due volte e da cui subì ripetuti tradimenti, il più clamoroso con sua sorella Cristina. La trasposizione teatrale, tuttavia, risulta molto evasiva e poco cangiante: la Balsamo recita dietro una cornice che regge tra le mani, si respira poca emozionalità, se non negli intermezzi durante i quali le due musiciste, a piedi nudi, intonano La Llorona, Paloma Negra e, nella parte finale, un pezzo in dialetto napoletano, Frida. Pochi sono i rimandi a quel Viva la Vida che contrassegna il titolo (e che è anche una natura morta che la pittrice realizzò otto giorni prima di morire, nel 1954), poiché il tono resta staticamente disperato. “Che limite c’è tra la sofferenza e l’indecenza?”, si chiede Frida Kalho. L’interrogativo resta volutamente inevaso. Per lei, per me.



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