#CinqueStelle. Un anno in pellicola
Il 2013 in pellicola riassunto in cinque buoni motivi a cinque stelle. Selezione di Pasquale Parisi.
Se dovessi indicare il 2013 come uno degli anni che ho “sentito” di più in termini cinematografici, mentirei certamente. Ciò non toglie che le uscite in sala abbiano fatto comunque registrare la loro bella dose di titoli memorabili, fortunatamente molti più di quelli che bastano a riempire questa breve classifica. Prima di cominciare, tuttavia, devo riservare una menzione d’onore al grande escluso Gli amanti passeggeri di Pedro Almodóvar, probabilmente non meritevole di finire accanto ai pesi massimi dell’anno, ma certamente il lavoro che mi ha impressionato di più in termini di puro intrattenimento. Assolutamente da recuperare, se l’avete mancato.
1. Spring Breakers. Harmony Korine parla al pubblico più ampio della sua carriera con il film meno estremo della sua carriera, e finisce per dividere quasi tutti. Spring Breakers rimane un pregevole pezzo di hyper-cinema, un incubo al neon che procede come una favola in cui la stigmatizzazione di certi eccessi e certe tendenze è certamente in secondo piano rispetto all’attacco ai sensi di una presentazione che corre sempre tra il lirico e lo psichedelico.
2. Schermi democratici. Nel corso dell’anno si è consolidata l’abitudine di riportare sul grande schermo vecchi capolavori o prodotti mai arrivati nelle sale del nostro Paese: solo per citarne qualcuno, abbiamo (ri)visto Hitchcock (e non parlo di quell’orrore con Anthony Hopkins), Marty McFly, Gian Maria Volonté e straordinarie perle dell’animazione giapponese più o meno recente (come Akira, Evangelion, Berserk). Fortunatamente, il riscontro del pubblico ha regolarmente sorriso a queste iniziative, dando ottimi auspici per la loro prosecuzione in futuro.
3. Il “mainstream” torna a fare paura. L’horror è un genere particolare, spesso reso grande dalla compresenza di aspetti che vanno poco d’accordo con la parte più commerciale della produzione, tanto è vero che spesso qualche gemma semisconosciuta finisce per surclassare i concorrenti più maestosi. Quest’anno è andata in maniera parzialmente diversa, con una carica di prodotti piuttosto canonici che hanno dimostrato che anche i soliti ingredienti possono formare piatti da gourmet quando preparati in maniera attenta. La metà dei film di cui si parla (non dovrebbe esserci bisogno di sottolineare che si tratta di Sinister, La madre, L’Evocazione – The Conjuring e Oltre i Confini del Male – Insidious 2) è diretta da James Wan, e non può essere un caso.
4. Django Unchained. La veste è quella di uno spaghetti western, modi e tempi sono da blaxpoitation, e il tutto è irrimediabilmente Tarantino. Il cinema del regista americano sta quasi diventando imbarazzante per la facilità con la quale colora di iconico ogni frammento, con la quale ogni nuova storia finisce per ottenere istantaneamente e ormai quasi automaticamente lo status di cult. Django, ovviamente, non ha fatto eccezione.
5. La Grande Bellezza. All’apice di una classifica di film incisivi e contrastati non poteva che trovarsi il più incisivo e contrastato di quanti abbiano graziato gli schermi nel corso dell’anno. Dopo This Must Be The Place, gran film con parecchi problemi, Sorrentino sembra avere perfezionato la formula, confezionando una pellicola intrigante, visivamente strabiliante e sempre assolutamente godibile. Merito anche di un cast che esprime al meglio le proprie possibilità, senza eccezioni e con l’ovvio primato di Toni Servillo, al quale può tenere testa solo la città di Roma, effettiva coprotagonista di una esperienza che non può lasciare indifferenti.