CinqueStelle. Il meglio del 2015 di Franco Cappuccio
Il meglio del 2015 nel cinema internazionale secondo lo staff di Scene Contemporanee.
Il 2015 è stato un anno interessante per il cinema italiano ed internazionale, che ha visto in nuce una serie di tendenze molto interessanti e un’assoluta predominanza del cinema non americano (con in particolar luce quello asiatico, tra Hou Hsiao-hsien, Apichatpong Weerasethakul e Jafar Panahi, per citarne uno per ogni “area” d’interesse) tra le migliori produzioni visse fin qui (anche se personalmente mi mancano ancora film come The Revenant, The Hateful Eight e Il ponte delle spie, che o son usciti a fine anno oppure stanno per uscire in Italia). Per questo, per evitare di fare una classifica vera e propria, che come sempre è soggettiva, ho preferito indicare quattro proposte che sono esemplificative di quattro di queste tendenze:
- As mil e uma noites di Miguel Gomes, film che continua a confermare la tradizione d’autore del cinema portoghese, in grado di proporre opere di grande valore anche in un anno scandito dalla morte del maestro Manoel De Oliveira. 6 ore e mezzo che raccontano il Portogallo di oggi, tra colonie che diventano conquistatori e una crisi non solo economica, ma anche sociale, culturale, che serpeggia e circonda le vite delle persone che lo abitano.
- Homeland (Iraq Year Zero) di Abbas Fahdel, monumentale racconto dell’Iraq di oggi, suddiviso in prima e dopo la guerra, in grado di mostrare uno spaccato fortissimo e cinematograficamente validissimo di una nazione che pur lontana geograficamente da noi ci riguarda in maniera stringente da vicino.
- Ananke di Claudio Romano, splendido esempio della presenza in Italia di registi in grado di produrre film d’autore molto rigorosi, in grado di competere e superare anche i confini internazionali, seppur relegati a distribuzioni di nicchia e oscurati dalla presenza di tanta mediocrità che – però – fa incassi. Un po’ Lav Diaz, un po’ Weerasethakul, per uno dei film migliori che si è visto in Italia nel 2015.
- White God di Kornel Mondruczo è un eccezionale esempio della vitalità del cinema ungherese post-Tarr. Nel film, racconto di una rivoluzione canina nelle strade di Budapest, la musica di Liszt, e in particolare quella Rapsodia Ungherese, scritta per i moti d’indipendenza del 1848, e qui utilizzata in maniera assolutamente cosciente e perfetta, anche nel suo significato extra-cinematografico.
Bonus Track: il 2015 è stato l’anno del trionfo dei documentari italiani ai grandi festival internazionali. Il Solengo a DocLisboa, Entrelazado a FID Marseille, Bella e Perduta a Locarno, non fanno che confermare quella che ormai è da anni una solida realtà che, purtroppo, continua a faticare a trovare spazio nelle sale e nelle rassegne cinematografiche della nostra nazione. Sperando che il 2016 porti finalmente consiglio.