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Borotmokmedi (The Criminal Man)

Gaia Apicella

Nella sezione Orizzonti di Venezia76 è stato presentato il thriller Borotmokmedi (The Criminal Man) di Dmitry Mamuliya.

Il protagonista della vicenda è George Meskhi (Giorgi Petriashvili), vice ingegnere capo di Tbilisi, il quale assiste accidentalmente all’omicidio del famoso portiere Konstantine Gelovani. Partecipa al funerale e, cercando di non farsi notare, spia la moglie e la figlia del defunto. Di giorno in giorno, continua a tornare sulla scena del crimine mentre l’omicidio lo infetta come un virus, diventando infine la sua ossessione. Assorbito da tutto ciò che è collegato al crimine, studia i volti dei criminali, come se cercasse di risolvere un mistero. Sembra ossessionato da qualcosa di più dell’omicidio a cui ha assistito.

L’opera è molto diversa da quello che si potrebbe immaginare leggendo la trama, in quanto si tratta di un puzzle che porta a qualcosa di pericoloso: passare dall’essere un “nessuno” a diventare un “qualcuno”.
Insomma descrive il processo che trasforma un testimone in un assassino e i conflitti mentali che si verificano durante questo viaggio.

Tutta la parte iniziale è ricca di silenzio – gli unici rumori presenti sono quelli della natura e gli spari dell’omicidio – e solo all’inizio del primo capitolo (The Criminal Man diviso in quattro capitoli), iniziano i dialoghi.
La particolarità di questa struttura è che ci permette di analizzare ogni singola fase di questa trasformazione.

-Capitolo 1: Il Testimone, in cui il protagonista prova a chiamare la polizia per parlare dell’omicidio a cui ha assistito ma riaggancia;
-Capitolo 2: La nascita di un assassino, in cui George si guarda allo specchio con espressione cattiva e seria, inizia a fare tiro al bersaglio, e dopo compra una pistola, facendo capire chiaramente la direzione che ha deciso di prendere. Prova poi ad uccidere un ragazzo in macchina ma non ci riesce;
-Capitolo 3: La morte improvvisa dell’operaio, in cui vediamo la miniera dove lavora George e un uomo morto, mentre il protagonista continua ad osservare silenzioso. In seguito, però, George uccide una donna per strada con la pistola mentre un bambino guarda alla finestra;
-Capitolo 4: Il sole, in cui c’è un’immagine del protagonista che guarda il cielo e lo spuntare del sole ed è qui che George sembra cambiare atteggiamento, nascondendo la pistola sottoterra e consegnandosi dopo un anno alla polizia ammettendo l’omicidio commesso.

Il ritmo lento del film crea un clima di continua sospensione adatto al racconto, che vuole inserirsi all’interno della mente dello spettatore in modo profondo e naturale; a livello tecnico infatti l’immagine lascia totalmente spazio al pensiero del protagonista apparendo semplice ma al tempo stesso ricca di sfumature. La fotografia è ricca di colori scuri e freddi che contribuiscono a creare un’atmosfera di mistero e tensione.
Ampio spazio viene dato alla malattia che si genera all’interno della sua mente, attraverso tutti i simbolismi negli animali e nelle scene in strada, ma soprattutto al fascino e al tempo stesso alla paura del crimine.

Ciò che trasporta il nostro protagonista in questa evoluzione negativa e pessimista è l’essere solitario, il sentirsi nessuno e l’ossessione per l’amore, non importa se dato o ricevuto. Insomma al centro del film c’è il suo animo inquieto.
Si tratta di un percorso verso la distruzione e l’annullamento della propria personalità pur di sembrare una persona migliore, e potrebbe ricordarci in parte The House That Jack Built di Lars Von Trier, sia perché entrambi i film pongono al centro del racconto il criminale e il suo viaggio, sia perché alcune scene tipo quelle del protagonista in macchina con la donna o con il ragazzo ricordano molto le scene di Matt Dillon (che interpreta Jack nel film) in macchina.
George poi nel capitolo 2 di The Criminal Man si guarda allo specchio con espressione cattiva e seria proprio come nella scena avanti allo specchio di Jack in The House That Jack Built.
Inoltre in tutte e due le opere viene rappresentata la discesa agli inferi del protagonista: in The House That Jack Built viene mostrata direttamente attraverso le immagini, mentre in The Criminal Man viene descritta attraverso il pensiero di George nel finale.

Dmitry con una regia lineare e semplice ha saputo rappresentare benissimo l’animo turbato del protagonista solitario, che parte dallo studio e dalla ricostruzione dell’omicidio a cui ha assistito per poi farsi prendere dalla follia diventando così anche lui un assassino, attraverso la maturazione del personaggio, raccontata nel giusto tempo di racconto, trattandosi di una decisione presa dal protagonista così estrema e difficile da poi pagarne le conseguenze; in definitiva The Criminal Man è davvero ben fatto e riuscito, meritando così una visione.


  • Diretto da: Dmitry Mamuliya
  • Prodotto da: Suliko Tsulukidze, Tamara Bogdanova, MIkhail Karasev
  • Scritto da: Dmitry Mamuliya, Archil Kikodze
  • Protagonisti: Giorgi Petrashvili, Madona Chachkhiani, Natalia Jugheli, Nukri Revishvili, Vasilisa Zemskova, Anna Talakvadze
  • Musiche di: Paata Godziashvili
  • Fotografia di: Anton Gromov, Alisher Khamidkhodzaev
  • Montato da: Andrey Klychnikov
  • Casa di Produzione: Millimeter Film, Kinokult Producer's Center
  • Data di uscita: 05/09/2019 (Venezia)
  • Durata: 135 minuti
  • Paese: Georgia, Russia
  • Lingua: Georgiano, romanì, russo

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