Bjorn Magnusson – Almost Transparent Blue
Dissonanze, effetti voce, corde stridenti: sono i segni di riconoscimento dell’ultimo album del musicista svedese Bjorn Magnusson, fino ad ora celatosi dietro il nickname di “Great Black Waters” e che firma adesso, per la prima volta, un disco col suo vero nome.
L’album, il cui titolo “Almost Transparent Blue” è ispirato all’omonimo romanzo dello scrittore giapponese Ryū Murakami, barcolla un pò tra ballate folk, atmosfere psichedeliche e sfondi noise senza tralasciare brevi incursioni melodiche come in “Tv Lights” e “The Heat”; dal risultato per nulla scontato, il disco è declinato in tredici tracce tra le quali si alternano diversi generi messi insieme non in forma di assemblaggio bensì di sovrapposizione nette il cui risultato è un movimento armonico composto da agglomerati di suoni dall’effetto aspro e stridente.
I riverberi prodotti dalla voce di Magnusson insieme all’eco deragliata della chitarra elettrica creano un effetto noise che fa da sfondo a buona parte dei brani; alcuni di essi, come “Gone to Church, Feather Dragpipes”, si assestano sulla ripetizione continua di un motivo, in un mantra ipnotico dall’incedere rallentato.
È certo, ad ogni modo, che in quest’album la chitarra abbia un ruolo da protagonista con le sue distorsioni esaltate dal riverbero come in “Time Sits Like a Stone”, brano che introduce le tredici tracce dell’album, mentre ricrea in altri contesti più prevedibili, come con le ballate folk di “The Heat”, dove stavolta è la voce di Magnusson, condizionata dagli effetti di un mini-Leslie, a guidare l’esecuzione del brano. La chitarra, inoltre, si lascia apprezzare in un breve assolo che fa da intermezzo in “She Walks Alone Along The Sea”. “Guitar Sketch” sembra essere invece un’improvvisazione riuscita ma si comprende ben presto ascoltando questa traccia che in appena un minuto e trentacinque non c’è nulla lasciato al caso ma tutto è intenzionalmente concepito per rendere un effetto di sospensione – quasi di torpore – che non risolve in alcunchè di aspettato o prevedibile.
Completamente avulsa dalla sezione ritmica e dal cantato di Magnusson, in “It Keeps Hanging Around The Neck”, così come nella successiva “Flies In The Grid”, la chitarra elettrica sembra essere sovrapposta al tutto, quasi come avessimo lasciato partire un brano mentre un altro era già in esecuzione. Tale sensazione di sovrapposizione sfalsata si avverte in quasi tutte le tracce dell’album; è quasi come se l’accompagnamento strumentale guidato dalla chitarra elettrica, ma anche dalla batteria in “Lisa Plays The Drums” (come il titolo stesso evoca), seguisse un’altra strada rispetto a tutto il resto. Le sensazioni evocate invece dalla title track “Almost Transparent Blue” possono essere accostate all’immagine di un pomeriggio assolato in una stazione di servizio sulla Route 66, tanto è trascinata la voce del cantante quasi mossa per inerzia.
Se nelle intenzioni del musicista svedese vi era quella di rivestire il disco di una tonalità blue, perchè l’accostamento con l’opera prima di Murakami (la cui critica ne ha rivelato i toni crudi esposti fino all’osso) risultasse evidente, ebbene il paragone risulta riuscito solo in parte ed è maggiormente visibile in brani dal sapore nostalgico come “Tv Lights”. Il disco sembra piuttosto alternare sensazioni di trascinamento, ricreate dall’incedere della voce di Magnusson, e attimi di presa di coscienza in cui hanno luogo sperimentazioni acustiche a tutto campo senza alcuna intenzione di costruzione ma lasciando ampio spazio all’instrumental backing in tutta la sua potenzialità espressiva.
Un disco da ascoltare con chiare intenzioni insomma, nulla che si possa lasciare come sottofondo senza pretendere che non risulti di “disturbo”.