Musica Nuove Uscite

Bjork – Utopia

Carmen Navarra

Utopia è il decimo album in studio di Björk. Inutile dilungarsi in presentazioni: questa donna ha segnato – e segna tuttora, con quest’ultimo lavoro – le sorti di un’arte magistrale troppo spesso vilipesa. Il suo “sperimentalismo” cominciato negli anni ’90 (da Debut in poi, NdR), a distanza di oltre un ventennio resta miracolosamente integro.

La lunghezza in termini di tracce (14) e di minuti (la sola Body Memory è lunga 09:47) non “opacizza” il disco, la cui estrema duttilità riesce a scavare finanche nella più remota carriera dell’elfetto islandese. In questo non c’è nessuna forma di utopia; il titolo è diversamente spiegabile con la volontà di dare spesso una risposta ai temi che “ossessionano” l’umanità e che restano universalmente necessari: l’amore, le “futili tragedie” della quotidianità (la fine del matrimonio con Matthew Barney), la politica, l’ambiente. Manifesto di quest’ultima tematica è il pezzo omonimo che, pur non aprendo l’album, lo “squarcia” con la dignità dei flauti nell’intro e il cigolio degli uccelli che immergono l’ascoltatore in un paesaggio sonoro di rara bellezza: bisogna purificarsi dalla tossicità, sentenzia Björk, ovvero ritrovare un legame con la natura, intesa come genitrice e generatrice di purezza.

A quest’ideale è diametralmente collegata un’idea meno astratta, evidenziata dal pezzo d’apertura, Arisen My Senses, in cui, con un lodevole arrangiamento in arpa, Björk esprime il bisogno di (ri)sorgere (arise) a nuova vita attraverso l’unione fisica e spirituale con l’altro; questo tema ritorna, in modo più prepotente, in Blissing Me, ballata elettronica di grande carica erotica (All my mouth was kissing me/His hands are good in protecting me/Touching and caressing me//Tutta la mia bocca lo stava baciando/Le sue mani sono brave a proteggermi/Toccandomi e accarezzandomi). Anche il piccolo capolavoro The Gate, primo singolo estratto da Utopia, centralizza l’amore, categorizzandolo come il sentimento che permette la cura di se stessi e dell’altro (I care for you, I care for me). Sonoramente vicino a Vespertine (2001), questo pezzo diventa per il pilastro dell’avant-garde, veicolo di maturità artistica; ha infatti qui rinsaldato il sodalizio con Alejandro Ghersi, in arte Arca, compositore venezuelano e già coo-produttore di Vulnicura (2015). A questa collaborazione si devono sofisticati lirismi (Tabula Rasa, omaggio all’opera lirica omonima del compositore estone Arvo Pärt e vero e proprio invito alle future generazioni – ai suoi stessi figli – a ricercare nuove prospettive e a non commettere gli stessi errori dei padri), nonché prevalenza di archi (Paradisa) e di fiati (Saint). Quest’ultimo è un inno solenne alla musica, intesa come mezzo di salvezza (saint, appunto) e di catarsi nei momenti di maggiore sconforto.

Nonostante la pregnanza dei significati che lo compongono, Utopia risulta un disco agile e leggiadro, così come sa esserlo un elfo in una foresta incantata.



Una selezione delle notizie, delle recensioni, degli eventi da scenecontemporanee, direttamente sulla tua email. Iscriviti alla newsletter.

Autorizzo il trattamento dei dati personali Iscriviti