Bertolucci In Vista. Io e te
Presidente della Giuria alla Biennale Cinema di Venezia, Scene Contemporanee celebra l’opera immortale del maestro Bernardo Bertolucci, film per film: Io e te, film che segna il ritorno del regista parmense dopo la lunga assenza dal grande schermo
Ci sono incontri tra cinema e letteratura destinati ad avere un esito fortunato, laddove il rischio di delusione è quasi sempre inevitabile parlando di adattamenti cinematografici più o meno tradizionali: l’incontro tra Niccolò Ammaniti, da sempre scrittore dell’adolescenza, e Bernardo Bertolucci, maestro del ritratto giovanile, rientra sicuramente tra questi.
Già con The Dreamers Bertolucci aveva voluto continuare idealmente quella trilogia della gioventù cominciata con Io ballo da sola, narrando le vicende di tre ragazzi che si sottraggono alla realtà politica del ’68 chiudendosi nella loro casa parigina. A nove anni di distanza, il regista riprende il tema della fuga dal mondo esterno sviluppando un soggetto scritto dallo stesso Ammaniti, autore del libro omonimo, Io e te, per trasformarlo in un film presentato nel 2012 fuori concorso a Cannes.
Alla prima pagina di Io e te una citazione di Francis Scott Fitzgerald recita: “Nella vera notte buia dell’anima, sono sempre le tre del mattino”. La frase riassume quasi alla perfezione lo spirito e il senso tanto del libro quanto del film, entrambi caratterizzati da una narrazione fulminea e devastante per potenza e drammaticità.
Lorenzo (un esordiente Jacopo Olmo Antinori) ha 14 anni e un “sé grandioso”, per non causare alla madre – unica figura realmente presente nella sua vita, oggetto di un affetto tutto particolare non sempre ben tratteggiato in sceneggiatura – l’ennesimo dispiacere, finge di partire con i compagni di classe per la settimana bianca, per sembrare “normale” e non finire di nuovo dallo psicanalista. Si nasconde invece in cantina, dove, preparata la scorta di viveri e qualche passatempo non proprio usuale per un ragazzo della sua età (si farà fare compagnia da un terrario con delle formiche, insetti che fungono da metafora per lui stesso, un po’ come accadeva nel romanzo con le mosche), è convinto di passare la sua settimana di vacanza, lontano da tutti e da tutto. Non sa, invece, che sta per cominciare proprio quella “notte buia dell’anima” dalla quale uscirà grande, adulto; nella penombra della cantina, è vero, sarà sempre l’ora più scura per lui e per la sorellastra Olivia (interpretata da una carismatica Tea Falco), coprotagonista non meno forte e affascinante che arriva a rompere quel “muro” che Lorenzo ha dentro, una parola molto cara a Bertolucci.
La macchina da presa si muove in spazi angusti, tra vecchi scatoloni e tappeti polverosi, costretta a stringersi sui dettagli di cose e persone, mentre la luce (del giorno o della notte?) filtra da una finestra in alto: la fotografia di Fabio Cianchetti è fatta di forti contrasti, di tante luci e tante ombre nitidamente separate seppur nello stesso ambiente, a sostenere una narrazione giocata appunto sul contrasto interiore dei protagonisti e quello esteriore tra i due fratelli.
La sceneggiatura, appunto, riprende in maniera efficace la struttura narrativa del romanzo, pur privandola dei suoi naturali momenti di respiro costituiti dai numerosi flashback; nella versione di Bertolucci, la presenza di elementi che tengono alto il ritmo e la tensione emotiva – dalla paura di Lorenzo di essere scoperto, alle incalzanti telefonate della madre che vuole parlare con una professoressa per stare più tranquilla – è già sufficiente a non rendere statica una narrazione costretta per quasi tutto il tempo all’interno di uno stesso spazio, ma ovviamente l’arrivo di Olivia è il vero elemento di rottura, quello che più destabilizza il quattordicenne: Olivia è da “maneggiare con cautela”, c’è scritto sullo scatolone con le sue cose, e perfino a Lorenzo sembra un po’ strana.
La storia prosegue rapida, semplice e dura allo stesso tempo come le parole di Olivia e Lorenzo (il merito di aver conservato la freschezza e la verosimiglianza del linguaggio va allo stesso Ammaniti): lei, alla ricerca di una sua pace interiore e di un suo posto nel mondo; lui, che imparerà che è impossibile non averne uno e vivere per se stessi. Nel finale, l’abbraccio tra i due sulle note di Ragazzo solo – versione italiana di Space Oddity cantata dallo stesso David Bowie – è sicuramente il momento culmine di tutto il film, quello in cui la tensione emotiva si scioglie e commuove, dove la poeticità e la cinematografia prendono il posto dei dialoghi per trasmettere davvero con le immagini l’avvenuta maturazione dei due protagonisti, soprattutto di Lorenzo. E se la chiusura del film lascia spazio a più ampie possibilità per il personaggio di Olivia rispetto al romanzo, il pacchetto di sigarette “speciale” che Lorenzo porge alla sorella dimostra, nonostante tutto, ancora una certa sua ingenuità.
Scongiurato il rischio di un 3D che probabilmente sarebbe stato superfluo – nelle intenzioni del regista il ricorso alle nuove telecamere poteva essere utile per creare maggior coinvolgimento nello spettatore e aggiungere più dettaglio alle immagini, dunque maggior realismo – il ritorno di Bertolucci lascia, ancora una volta, il segno.
Dettagli
- Titolo originale: Io e te
- Regia: Bernardo Bertolucci
- Fotografia: Fabio Cianchetti
- Musiche: Franco Piersanti
- Cast: Jacopo Olmo Antinori, Tea Falco, Sonia Bergamasco, Veronica Lazar, Tommaso Ragno, Pippo Delbono
- Sceneggiatura: Bernardo Bertolucci, Niccolò Ammaniti, Umberto Contarello, Francesca Marciano