Che Frederik Bond abbia avuto un’ottima carriera nel mondo dei videoclip è evidente, che questo sia sufficiente a far di lui un buon regista è tutto da vedere. Era tutto da vedere. Dopo la stroncatura universale subita al Sundance, The Necessary Death of Charlie Countryman giunge al concorso della Berlinale per aiutarci a comprendere la natura del talento poco cinematografico di Bond. Una serie di errori caratterizzano l’esordio col botto (Sundance e Berlinale, traguardo non indifferente).

Il primo errore è l’aver voluto a tutti i costi per il suo debutto la pessima sceneggiatura di Matt Drake: Charlie Countryman è un americano qualunque la cui madre appena morta gli appare in una visione suggerendogli un viaggio a Bucarest per ruitrovare se stesso, ma una volta in Romania s’innamorerà della bella Gabi Ibaneescu e di tutti i suoi problemi coinvolgenti i criminali Darko e Nigel. La banalità dei dialoghi e delle situazioni sono evidenti sin dai primi minuti, il razzismo nei confronti dei rumeni arriva con dei paragoni da terzo mondo.

Il secondo errore è il cast: l’esagitato Shia LaBeouf infastidisce nel ruolo principale, Evan Rachel Wood non ha carattere, solo la presenza scenica, Mads Mikkelsen e Til Schweiger fuori luogo, chiaramente a disagio. Il terzo errore è nell’insensatezza dello sviluppo, scivoloso e già visto dalla prima ed ultima sequenza (si ringraziano James Buckley e Rupert Grint per i fin troppi pochi attimi di cinema discreto) girate una per una nel classico stile da commercial Pop. Il quarto errore è l’aver fatto questo film, tra i peggiori della Berlinale, ingiustamente paragonato a Trainspotting da Bond stesso, sotto chiara influenza di allucinogeni.