Gli effetti collaterali sono un pericolo sempre in agguato e il regista Steven Soderbergh ne sa qualcosa, dopo aver causato fin troppe risate involontarie con il suo Contagion o scompensi ormonali eccessivi per Magic Mike. Questa volta sono protagonisti del suo thriller psicologico Side Effects, un giallo che occupa con la misurata tensione l sedi dove l’intimità è vissuta, scoperchiata e violentata. Si parla di Emily e del suo psichiatra Jonathan Banks, entrambi in una difficile posizione da quando lei ha accoltellato suo marito in un episodio di sonnambulismo.

L’indagine passa dalla casa di Martin ed Emily, un perfetto contrasto di forza e fragilità ottenuto con Chaning Tatum e Rooney Mara, gli studi del Dr. Banks e della Dt.ssa Victoria Siebert, il naturale ed istrionico Jude Law e la sensuale seppur matura Catherine Zeta-Jones, e infine l’ospedale psichiatrico ed il tribunale. Sono questi però luoghi da attribuire alla prima protagonista in ordine temporale, Mara, costretta dalla sceneggiatura sorprendentemente buona di Scott Z. Burns, a cedere il testimone a Law, anche lui esaminato nella sua realtà privata/psicologica.

Se nella regia Soderbergh non cambia molto e mantiene il suo naturalismo morbido ed introspettivo, nella costruzione narrativa abbandona gli eccessi di patetismo ed esibizionismo del dolore dei personaggi, sfruttandoli solo come probabili persone reali, pur avviandosi verso orizzonti difficili da credere su tutti i livelli, ma comunque perfettamente funzionanti in termini cinematografici. Si espone nel dettaglio, nel primo piano rapido e nella fotografia come sempre firmata con lo pseudonimo Peter Andrews, dai colori quasi carnali, come se racchiudesse tutto in un grembo malato dove prende una storia sempre più convenzionale, forte di una serie di tematiche potenti che ne hanno scolpito le fondamenta nella prima ora. La sequenza d’idolatria del farmaco Ablexa è un bellissimo gesto di rivolta contro il mondo fatto di felicità in pillole che son diventati oggi gli Stati Uniti d’America.