Arti Performative Focus

In attesa del Recovery Fund l’attore è un rider e il teatro una “zona rossa”

Renata Savo

È di questa mattina il comunicato inviato da C.Re.S.Co – Coordinamento delle Realtà della Scena Contemporanea in cui si chiede al Governo di esplicitare quali siano gli impegni e gli investimenti dedicati direttamente alla cultura all’interno del Recovery Fund: «Lo spettacolo dal vivo in Italia – si legge così come nel resto d’Europa, è ormai fermo da quasi un anno e non si hanno notizie su una possibile ripartenza del settore. Allo stesso modo la cultura tutta è in estrema difficoltà e questo appare ancora più grave in un Paese che è noto in tutto il mondo per la propria produzione culturale, che attira milioni di visitatori ogni anno con importanti ricadute economiche e sociali. In questo momento di difficoltà, il Recovery Fund offrirebbe non solo l’opportunità di ristorare le imprese e i lavoratori del mondo culturale, ma soprattutto potrebbe permettere di non replicare modelli superati ed errori che hanno caratterizzato il settore nel passato, garantendo un reale rinnovamento che traghetti il nostro Paese e l’Europa oltre l’emergenza vissuta nei mesi passati. Partendo da queste premesse C.Re.S.Co chiede al Governo italiano di esplicitare quali siano gli impegni e gli investimenti direttamente dedicati alla cultura previsti dal Recovery Fund. […] Dal dibattito emerso sui giornali […] non appare chiaramente alcuna notizia su quale ruolo avrà il settore culturale in Italia e, nonostante l’auspicato aumento delle risorse, non è ancora chiaro quale percentuale sarà destinata alla cultura e quale al turismo e quali azioni saranno dedicate a favore delle imprese culturali e creative […]».

Sono trascorsi quasi tre mesi dalla chiusura dei teatri per effetto del DPCM del 25 ottobre, e la pandemia, purtroppo, non accenna ad arretrare. Nel frattempo, la situazione economica, sociale e psicologica dei lavoratori dello spettacolo e delle figure che vi ruotano intorno non fa che aggravarsi. Mentre altri settori a fasi e a “colori” alterni riescono a riaprire e a richiudere i battenti tra le mille difficoltà, il settore dello spettacolo dal vivo ha dovuto interrompere bruscamente molti dei suoi progetti, che sono stati rinviati a data da destinarsi, gettando tutti in uno stato di grande incertezza e sconforto.

«C’è una consapevolezza diversa rispetto alla prima ondata – ci raccontava il 12 novembre al telefono Elvira Frosini, che insieme a Daniele Timpano avrebbe dovuto debuttare il 28 ottobre scorso con il nuovo spettacolo, Ottantanove, al Romaeuropa Festivaluna consapevolezza diversa da parte di tutti: attori, registi, artisti. I teatri si sono agganciati ai fondi del FUS; quindi, chi ha potuto attrezzarsi si è attrezzato. Credo ci sia ora una chiarezza rispetto al fatto che il teatro si deve fare dal vivo e tutto quello che non facciamo live, davanti agli spettatori, è un contenuto diverso, che si può esplorare, si può inventare, si può arricchire, ma non è teatro. La sensazione un po’ pesante in questo momento deriva dal fatto che tutti sapevamo che ci sarebbe stato questo momento di seconda ondata. È vero che i teatri e i festival hanno reagito questa estate, si sono attrezzati per fare gli spettacoli all’aperto e al chiuso e il FUS è arrivato a chi doveva averlo (mentre le compagnie invece soffrono, perché non hanno spettacoli e le tournée sono azzerate e questi soldi non arrivano), ma sentiamo anche che c’è stata l’assenza di un “piano di emergenza”. Sapendo che c’era da richiudere – prosegue Elvira Frosini – perché non c’è stato un piano da parte di chi è pagato per pensare e riprogrammare le Stagioni, per tutelare non solo i singoli lavoratori, ma anche le compagnie scoperte dal FUS? Un piano di emergenza che era annunciato da farsi».

Risuonano ancora chiare, a distanza di due mesi, le parole di Elvira Frosini. Proprio Frosini/Timpano, e in particolare Daniele Timpano, in tempi non sospetti, aveva utilizzato lo streaming e l’autoreclusione per il progetto “Aldo Morto 54” (2013) che rendeva omaggio al caso Aldo Moro. L’attore e regista romano si autorecluse nel Teatro dell’Orologio di Roma per 54 giorni, numero corrispondente a quelli della prigionia di Moro, e qui veniva “spiato” dal pubblico del web attraverso il suo canale di YouTube fino all’uscita dalla cella, concessa ogni sera, per andare in scena con lo spettacolo Aldo Morto.

“Zona Rossa” al Teatro Bellini di Napoli. Foto di Guido Mencari

Oggi lo streaming ha assunto un’esigenza molto diversa, ma la premessa che rende implicito l’imperativo di non uscire dal luogo fisico del teatro, che viene a coincidere con la propria abitazione o cella, ritorna ricordandoci una parte di quell’esperienza in Zona Rossa, una sorta di Grande Fratello promosso e realizzato dal e nel Teatro Bellini a Napoli. Il progetto, ideato da Daniele Russo e Davide Sacco e che vede coinvolti Alfredo Angelici, Federica Carruba Toscano, PierGiuseppe di Tanno, Licia Lanera, Pier Lorenzo Pisano, Matilde Vigna, consiste nella condivisione con il pubblico, per mezzo dello streaming, dei processi di produzione di un nuovo spettacolo.

Francesca Figini in “Favole al Citofono” del Teatro dei Venti. Foto di Elisabetta Baracchi

Se a Napoli il teatro ha la sua “zona rossa”, a Modena qualcuno ha istituito una Zona Turchina. A partire dal 3 dicembre ha avuto luogo qui Favole al Citofono, con i racconti di Gianni Rodari a domicilio attraverso la voce e il corpo di tre attori (Francesca Figini, Davide Filippi, Oxana Casolari) diretti dal regista Stefano Tè del Teatro dei Venti. Quello del teatro a domicilio, o delivery theatre, è un fenomeno che ha iniziato a prendere piede durante questa seconda ondata e che sembra aver avuto origine proprio nel “modenese”. Sempre a Modena, infatti, da un mese esatto gli attori della compagnia Peso Specifico Teatro diretta da Roberta Spaventa, ha ideato Teatro-Express, che consegna su prenotazione monologhi recitati sui pianerottoli delle abitazioni, in città e nei Comuni limitrofi. Se alle persone, quindi, non è concesso di andare a teatro, è il teatro che si affaccia alla finestra delle persone o si presenta davanti all’uscio delle loro case.

Ma la lista dei formati delivery non finisce qui. In Puglia, Ippolito Chiarello ha adattato il suo Barbonaggio Teatrale in Barbonaggio Teatrale Delivery, che porta il teatro in bici anche dove non è mai arrivato, nelle periferie più remote, sotto le finestre dei palazzi. Il progetto è stato poi abbracciato anche dai Carullo-Minasi a Messina, percorsa in vespa bianca dal duo: con loro il teatro si fa sui balconi, alle finestre, sui pianerottoli, nei cortili, sulle terrazze, in strada e nelle piazze, allo scopo di «curare le anime e prevenire l’astinenza del cuore».

Carullo-Minasi, “Delivery Theatre”

Capofila, ancora, in area emiliano-romagnola, Coprifuoco // Spedizioni notturne per città deserte di Kepler-452, spettacolo prodotto e andato in scena nell’ambito della quinta stagione teatrale Agorà. Quattro performance sono state seguite da una platea virtuale via Zoom. Per la drammaturgia di Enrico Baraldi, Nicola Borghesi, Riccardo Tabilio, un attore-rider (Nicola Borghesi) percorre le città durante il coprifuoco, trasformando il suo servizio di consegna a domicilio in una vera e propria performance. Camuffare il teatro, quando i teatri sono chiusi per legge, in un’altra attività considerata lecita, è un atto politico che afferma la resistenza dei teatranti in un’epoca in cui non si comprende bene come mai il coefficiente di sicurezza sanitaria di uno spettacolo teatrale venga valutato inferiore a quello di un rito religioso o di altre azioni come fare shopping in un centro commerciale. Nell’attesa di un Recovery Fund della cultura, ai teatranti che vogliono mantenere un legame reale con gli spettatori resta la possibilità, assolutamente provocatoria, di mettersi in bici e fare consegne a domicilio.

Nicola Borghesi, “Coprifuoco // Spedizioni notturne per città deserte”. Foto di Michele Lapini

Borghesi è così una specie di Caronte che traghetta lo sguardo degli spettatori da un punto A a un punto B, “navigando” in bicicletta tra le strade di città avvolte in un silenzio spettrale. I destinatari dei suoi doni sono stati altri artisti (Enzo Vetrano e Stefano Randisi, Lodo Guenzi, Francesca Pennini, Marco D’Agostin), categoria a cui in questo momento è riservata solo la possibilità di fare le prove, nell’osservanza delle misure sanitarie che conosciamo e senza il confronto dal vivo con gli spettatori. La performance site-specific che si è svolta a Imola, Bologna e Ferrara, e che si appresta ad andare in scena a Udine (dal 21 al 24 gennaio e dal 12 al 14 febbraio) e a Cervignano (dal 9 all’11 febbraio) grazie al CSS Teatro stabile di innovazione del Friuli Venezia Giulia, riattiva un dialogo con il teatro e sul teatro, e lo fa condividendo passato e presente degli artisti e riflessioni su questo preciso momento storico, con un pubblico ideale che è soprattutto, forse, quello degli addetti ai lavori. Il teatro quindi viene messo al centro del dibattito sulla necessità della cultura in un’epoca che tiene il teatro in panchina (e sugli schermi) relegandolo ad attore di un sistema anti-economico, un bene immateriale inessenziale e inutile. Il fatto, ovviamente, sconcerta, lascia basiti e genera frustrazione non soltanto nel mondo artistico, ma nella società tutta che della cultura ha essenzialmente bisogno per lanciare uno sguardo positivo al domani, per continuare a sognare, per ritrovarsi compatta, unita, e ritrovare così la fiducia in se stessa.

Cecilia Lupoli in “Consegne // una performance da coprifuoco” del Collettivo LunAzione

Se il lavoro di Kepler-452 si è distinto per la qualità diversa con cui gli occhi dell’attore-rider hanno fotografato e percepito la realtà urbana, restituendone una visione cinetica collettiva, in tutta la sua profondità diacronica, diverso l’approccio dei testimoni napoletani, il Collettivo LunAzione, che collabora con lo stesso progetto rendendo possibile la performance nella città partenopea in questo periodo. Essendo impedito infatti lo spostamento tra regioni, a fare le veci di Nicola Borghesi, l’attrice Cecilia Lupoli, incaricata di consegnare un dono a uno spettatore che ha prenotato la performance o a cui è stata regalata questa possibilità da parte di altri. Vincente l’operazione, adattata da Eduardo Di Pietro e intitolata Consegne // una performance da coprifuoco. Sicuramente, rispetto alla versione emiliano-romagnola, quella napoletana si avverte più prossima a un sentire universale perché, in fondo, quello che Lupoli fa durante il tragitto è instaurare con uno sconosciuto una relazione che ha tutto il sapore dell’amicizia o del flirt amoroso. L’osservatore, esterno alla relazione e non percepito dagli altri due, è una sorta di voyeur portato a provare nostalgia di un tempo vissuto in passato, che la pandemia ha quasi spazzato via e ritornerà chissà quando, in cui le persone si conoscevano per caso, dal vivo, per uno scherzo del destino. Quante possibilità sono implicite in quell’incontro, tra il rider e la persona che riceve il dono? L’intera performance viaggia nel tentativo di trovare risposte a questa domanda, diventa l’essenzialeche-ora-ci-manca, ovvero un dialogo tra due persone che non si sono mai incontrate e che, se fosse data loro la possibilità, lo farebbero una seconda volta, magari proprio a teatro, seduti di fianco o davanti all’ingresso degli artisti dopo uno spettacolo. Seppure modellato su un canovaccio a tratti esistenzialista, quel dialogo, inizialmente artefatto e man mano sempre più confidenziale, li porterà a conoscere qualcosa l’uno dell’altra, a cedere ciascuno una parte emotiva di sé. Tra loro si genererà uno scambio prima di tutto umano, perché dietro il motivo della consegna brucia l’incommensurabile nostalgia per ciò che prima era la normalità assoluta: poter costruire delle relazioni umane, incontrarsi, avere un’occasione per far fiorire in modo spontaneo un’amicizia o altro usando la bellissima arma della simpatia, che, dal greco sym-patéo, significa condividere la stessa relazione emotiva agli eventi. Ancor più della “consegna” materiale, è questo il dono più importante che l’attore-rider fa allo spettatore.

 

[Immagine di copertina: Cecilia Lupoli in “Consegne // una performance da coprifuoco” del Collettivo LunAzione]



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