Piccola Compagnia Dammacco // L’inferno e la fanciulla
Inserito nella programmazione della decima edizione di Teatri di Vetro, lo spettacolo della Piccola Compagnia Dammacco, residente a Modena, rappresenta l’inferno interiore e sconosciuto dell’età infantile
Si presenta fin da subito come la declinazione in scena di un paradigma sonoro e visivo potente quanto surreale, questo L’inferno e la fanciulla andato in scena alla decima edizione del festival Teatri di Vetro, della Piccola Compagnia Dammacco, formazione vincitrice (ex equo con Giuliano Scarpinato, Fa’afafine) per lo spettacolo Esilio del Premio Rete Critica 2016 come Miglior spettacolo/compagnia.
La drammaturgia de L’inferno e la fanciulla, opera scritta a quattro mani – e pubblicata da L’arboreto Edizioni di Mondaino (direzione di Fabio Biondi e coordinamento di Simonetta Piscaglia) nella collana “Il giardino salvatico” – da Mariano Dammacco insieme a Serena Balivo, unica interprete in scena, è intrisa di allegorie e suggestioni di una contesa fra l’ideale e il reale: cosa accade quando le aspettative incontrano e si scontrano con la realtà?
Ci si può trovare realmente in un “inferno” che è tanto più inquietante quanto più accettato e comunemente condiviso. È lì che l’ideale scende a patti con il reale, soccombendovi necessariamente: ciò accade alla fanciulla alle prese con le rosee prospettive di emancipazione e maturità che si celano nel semplice, ma decisivo momento che rappresenta per lei il primo giorno di scuola.
Confronto con le istituzioni, sociali e di genere, disillusione delle aspettative, sconforto: tutto questo conduce la fanciulla all’accettazione di una realtà ormai mistificata, per sfociare, infine, quasi in un consapevole abbrutimento della propria egoità: nella scoperta che “uno” è meglio di “due”, la solitudine preferibile alla compagnia, l’autoreferenzialità è più semplice della condivisione.
Il viaggio all’”inferno” – della fanciulla dipinta da Serena Balivo – non ha guide né consegue da meschini accordi con il Mefistofele di turno: è cosciente, intenzionale, persino volontario. Uno scendere a patti con la realtà dei fatti: l’inferno è intorno a noi e dentro di noi. A volte come condizione, a volte come reazione al reale, altre come pericolo costante o come semplice timore.
In scena, il linguaggio si fa poetico e spettrale. La mimica giocosa e uno stile clownesco si confondono in questo sogno concreto e tangibile, inferno latente e palese, che sembra abbracciarci tutti. Gli intermezzi musicali segnano come dei passaggi – caotici forse, ma comunque efficaci – di quadro in quadro di un’ascesa verso la realtà. Ma che sia questa, invece, una discesa alla reale infernalità di questa vita? Se la fanciulla può forse aver trovato una risposta a questa domanda, tocca allo spettatore confrontarsi con questo dubbio e capire se la possibilità è una, o – magari – infinite.
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- Titolo originale: L'inferno e la fanciulla