Drodesera Live Works. Parte II
La seconda giornata del Drodesera 35, il festival che si organizza ogni anno a Dro dedicato alle nuove tendenze delle sperimentazioni legate al concetto di performance e di crossmedialità e che da una decina d’anni è ospitato nel bellissimo spazio di archeologia industriale dell’ex centrale idroelettrica Fies, si apre come la prima all’insegna dei Live Works, il concorso per artisti internazionali focalizzato nel realizzare prodotti artistici di tipo performativo che abbiano una forte componente improvvisativa e/o comunque legata al concetto di performance che avviene qui ed ora e che non ha un pattern predeterminato (come ad esempio è la scrittura scenica, per fare un esempio).
Il primo ad esibirsi, nella bella Sala Comando, è l’islandese classe ’84 Styrmir Örn Gudmundsson, narratore, ballerino e produttore di oggetti, che si presenta sulla scena con una serie di oggetti, da lui realizzati, tra cui spicca una forma amorfa che ricorda, a seconda del punto di vista da cui si guarda, un pesce o un uccello. Con grande delicatezza Gudmundsson tratteggia uno spettacolo molto delicato, infuso di quella sensibilità tipicamente nordica che appare evidente ad esempio nel microbrano in cui canta “Frozen” di Madonna muovendo alcuni degli oggetti di scena. Si tratta di uno spettacolo che colpisce, e che diventa volutamente ironico mantenendosi in un binario “cult”, ma che proprio in questo trova la sua piena forza, tra citazioni di Gigi D’Agostino e appassionati momenti con il volo dell’oggetto/uccello.
Il tempo di una rapida pausa, e si torna in sala, questa volta Turbina (il luogo ove sorgevano le turbine delle centrali idroelettriche nella precedente destinazione d’uso del festival) per “Mi daran Tomba…e Pace…forse”, lavoro performativo di Justin Randolph Thompson. Artista dei nuovi media, l’americano propone uno spettacolo che prende le mosse dal concetto di caos e di cantiere con performer mischiati dal pubblico (che può girare a suo piacimento nella costruzione architettonica dello spazio, che si riallaccia molto come detto al mondo dei lavori in corso) e con un dj/cantante che funge da capocantiere e che guida l’esecuzione dei lavori “musicali” dei performer e della banda musicale di fiati che accompagna lo spettacolo. Se dal punto di vista musicale è molto suggestivo, rimane la vaga indeterminatezza dello spettacolo a non riuscire a mostrarci più di quel che sia palese, ovvero una serie di suggestioni estetiche che però mancano – per dirla alla toscana – di ciccia, ovvero di quel contenuto che l’artista vorrebbe veicolare e che qui non si mostra, risultando il tutto un po’ fine a se stesso.
Cena, due chiacchiere nel parco e alle 22.30 si ritorna in sala per assistere alla performance di due artisti greci e di uno ceceno ma residente ad Atene, ovvero Jazra Khaleed + Timos Alexandropoulos + Antonis Kalagkatis, che hanno presentato al Drodesera la loro performance “Poetry is just words in the wrong order”. Fin dal titolo si rende evidente l’impianto di ricerca sperimentale: prendendo una serie di commenti da twitter sotto hashtag legati al medio oriente e al conflitto in corso come #Syria o #ISIS, essi vengono miscelati e restituiti in parte seguendo un pattern predefinito e in parte in maniera randomica per generare nuova poesia a video, accompagnata dalla musica elettronica anch’essa realizzata in maniera randomica a seconda del numero di lettere da cui sono composte le parole e dai dati in trasmissione in arrivo. Se, come detto, è molto chiaro ed anche interessante il ragionamento sperimentale alla base dell’opera, tuttavia essa rimane fine a sé stessa: si rimane colpiti dal procedimento narrativo/estetico, ma rimane la sensazione di trattarsi solo di uno sfoggio di possibilità che magari qualcun altro potrà trasformare in potenzialità effettiva, più una dimostrazione di lavoro che un lavoro compiuto vero e proprio.
Fuori concorso l’ultimo spettacolo, alle 00:30 nel bel cortile della Forgia, ovvero “Controvena” di Riccardo Giacconi, vincitore del Live Works dell’anno passato e fresco vincitore del concorso internazionale di FID Marseille, uno dei più importanti festival di documentari e di cinema sperimentale, con il suo mediometraggio “Entrelazado”. Controvena nasce dal ritrovamento di una lettera mai spedita del bisnonno del protagonista, inventore e realizzatore di macchine, con cui chiedeva al governo fascista sostanzialmente un aiuto a portare avanti la sua ricerca tecnica, spiegando la sua storia e non nascondendo anche delle velate critiche al regime. Questa lettera assume, nell’installazione performativa, la forma di un radio play, in cui le parole dell’inventore vengono associate all’utilizzo di una macchina, in grado di dare forma e spazio alle parole attraverso l’uso delle diverse luci e il tappeto elettronico. Una performance molto suggestiva ed interessante, che conferma ancora una volta il grande talento dell’artista marchigiano.