Arti Performative

Artemis Danza // Tosca X

Chiara Nicolanti

Monica Casadei ha portato sul palcoscenico romano del Teatro Vascello una danza ispirata a un’opera cardinale della storia musicale italiana, Tosca X, prima tappa di un progetto triennale che sviscererà le anime femminili protagoniste dei più grandi compositori del ‘900.


 

La compagnia Artemis Danza collabora da anni con i centri antiviolenza di tutta Italia per la sensibilizzazione del pubblico sul tema della violenza contro le donne. E quale opera migliore se non quella che canta la sorte di una donna beffata, piegata, costretta al suicidio dalla bramosia di un uomo di potere, da cui non riesce a liberarsi neanche dopo averlo ucciso? 

Monica Casadei, coreografa, ma anche regista, costumista, light designer, si avvicina di nuovo alla fusione tanto anelata tra gesto coreografico e parola drammaturgica. Tutto sembrerebbe raccontare la storia di migliaia di donne. Una storia di soprusi, violenze, vergogna. Lo raccontano i costumi, le cui strisce di pelle nera stringono e deformano i seni delle ballerine, lo racconta la striscia rossa che attraversa, implacabile, l’intero palcoscenico, lo raccontano i muscoli degli uomini in scena, implacabili, inarrestabili, e ancora lo denunciano le loro mani, in quell’afferrare il corpo della donna e piegarlo a una reiterazione che non trova pace.

Tosca entra in scena con il suo vestito brillante, il vestito da sera della diva, ma ben presto l’incubo comincia, e senza il preambolo del primo atto originario: si scende a capofitto nel secondo, dove la persecuzione, la tortura, è già in atto. Tosca perde il suo potere di donna, la sua femminilità, diventa carne, tendini e terrore. Viene manipolata come una bambola, costretta a camminare sul suo oppressore, a sentire il contatto con il suo corpo ovunque, anche sotto i piedi.

Tosca è la X che troviamo nel titolo dell’opera: un corpo crocifisso, tirato da parti opposte, penetrato. La lotta è impari, ma il corpo femminile non si arrende, continua a gonfiarsi, a inalare ossigeno, a resistere, a ribellarsi. Uccide il suo carnefice mille volte: mille volte grida il suo «Assassino, muori», in un disturbante loop che si stende su tutta la messa in scena; mille volte l’aguzzino risponde, laconico e bramoso il suo «Tosca!».

Intorno, un corpo di ballo di diciassette elementi, in cui ogni donna diventa specchio, duplicazione di Tosca, ogni donna paga il suo prezzo all’uomo, e poi viene risucchiata nella macchina da guerra, divenendo essa stessa arma. Le coreografie di gruppo pulsano di dolore, le danzatrici diventano molecole di un unico grande corpo petrolifero: a volte qualche donna, come un piccolo uccello imbrattato dal liquido nero, prova a ribellarsi, a gridare, ma subito viene ringhiottita dalla vischiosità del rapporto uomo-donna.

Uno dei quadri più significativi è quello in cui una di queste ballerine dal tutù cadente, sorretta da tutti, prova a volare via. Cieca, nella luce tremenda del palcoscenico, si poggia alle spalle degli altri dannati, cerca delle mani che pronte arrivino a sorreggerla, per spingersi su, verso l’alto, verso una via di fuga. Cerca, come un gabbiano dalle ali impregnate, di tornare a fare ciò per cui è nata: incantare gli uomini con il suo volo. Ma l’unica cosa che ottiene è di sbattersi goffamente da un lato all’altro del palcoscenico, per poi essere ringhiottita da una bolla nera.

E così l’amore muore: la romanza «E lucevan le stelle» commuove la platea del Teatro Vascello come fece per la prima volta oltre un secolo fa, al Teatro Costanzi di Roma. Il corpo di Tosca viene preso, ancora, dal barone Scarpia, che stavolta se lo crocifigge addosso, in un ultimo interminabile girotondo.

Tosca lo uccide di nuovo, di nuovo intorno a lei si alza il magma nero della colpa, della società che accusa e condanna la donna ribelle.

Ed ecco il colpo di coda inaspettato, il grido di dissenso, il riscatto: Tosca corre oltre il proscenio a un passo dal baratro, e guarda. Guarda oltre il nero, oltre l’incubo, si rifiuta di cadere, di tacere, Tosca grida la sua testimonianza a chi finora è rimasto a guardare.

E poco importa se una parte della nostra razionalità ci suggerisce che quel lieto fine è solo una chimera, che Tosca morirà, che Scarpia ha vinto. Quello che torna in mente è qualcosa accaduto prima dello spettacolo, a sipario chiuso. Una voce, nello stupore e, ahimè, nel fastidio e nell’impazienza del pubblico, aveva cominciato, inaspettatamente a raccontare la sua storia: la storia di una donna che prende i suoi due bambini e decide di denunciare l’uomo che per anni l’aveva torturata. Una storia come tante, la stessa preghiera di sempre: denunciate, alzate la testa e tirate fuori la voce.

Molti hanno sbuffato in sala: d’altra parte, non si va a teatro per sentire quella lagna, giusto?


Dettagli

  • Titolo originale: Tosca X

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