Antonio Latella // Santa Estasi, “Agamennone”
Fino al 27 maggio è in programma al Piccolo Teatro di Milano la messa in scena del vasto progetto Santa Estasi diretto da Antonio Latella, che comprende otto drammi del mito greco distinti e concatenati: Ifigenia in Aulide, Elena, Agamennone, Elettra, Oreste, Eumenidi, Ifigenia in Tauride, Crisotemi. Latella (dall’anno scorso anche direttore della Biennale Teatro) ha scelto di portare sulla scena il ciclo degli Atridi, dedicato alla sanguinaria stirpe di Atreo, i cui discendenti (Agamennone e Menelao) saranno irreversibilmente destinati a reiterare le colpe del loro padre.
Il progetto è l’esito del corso di Alta Formazione della Scuola di ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, ed è stato realizzato grazie al contributo di sette giovani drammaturghi, allievi della Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi, che sono stati invitati a rivisitare la saga creando, con differenze non sempre limate al meglio, una ininterrotta linea sanguinis tra il passato e il presente. Un esempio di ciò è affidato alla rappresentazione di Agamennone, la prima tragedia della trilogia dell’Orestea di Eschilo andata in scena lo scorso 19 maggio al Piccolo Teatro Studio Melato. Gli attori, 16 sulla scena, hanno riportato in vita il mito “linguisticamente”, recitando la parodo interamente in greco. Il prorompente Egisto (Emanuele Turetta), uno dei personaggi più esilaranti del dramma, chiede interdetto il significato delle parole pronunciate dal coro, dal momento che non conosce quella lingua; questa domanda crea una interazione diretta col pubblico, il quale, emettendo una sonora risata, si fa partecipe di quel “miracolo” che lega due dimensioni temporali in apparenza invalicabili. Alla domanda di Egisto risponde prontamente Clitemnestra (Ilaria Matilde Vigna), coprotagonista del dramma. La donna, moglie di Agamennone (Leonardo Lidi), è in procinto di riabbracciare il marito al solo fine di ingannarlo; è pronta – insieme all’amante, il già citato Egisto – a vendicarsi dell’uccisione della figlia Ifigenia, che il re di Argo ha sacrificato per poter portare a termine il suo nóstos (‘ritorno’) in patria, una volta conclusa e vinta la guerra di Troia. Clitemnestra, nella sua elegante mise (tubino nero e décolleté), spiega che i presagi oracolari preannunciano il ritorno di Agamennone: avendo immolato «il frutto del suo parto»per volere di Artemide, egli potrà tornare a casa.
Il dolore, «l’artiglio che mi scava la pancia», è la causa del regicidio: qui c’è una evidente distanza tra il dramma originale e la rivisitazione portata in scena. Nel moderno, la motivazione che spingerebbe Clitemnestra a “vestire i panni” di un’assassina è la vendetta di una madre addolorata per la prematura scomparsa di sua figlia per mano del padre; Eschilo, invece, resta ambiguo sulle ragioni di tale gesto, non è da escludere che Clitennestra decida di uccidere Agamennone, con la complicità di Egisto, personaggio in verità vile e bislacco (sulla scena indossa tacchi alti e calzoncini corti) per usurpare il trono. Un’altra plausibile lettura è che il piano sia stato escogitato per la gelosia che Clitemnestra nutre nei riguardi della profetessa Cassandra, bottino di guerra del re argivo (sulla scena, di fatto, la regina strangola l’amante mentre quest’ultima vaticina incomprensibili presagi). La gioia scaturita dall’imminente vendetta è ben resa dai due amanti, che, muovendosi a passo di danza sul palco, festeggiano la notizia dell’oramai prossimo ritorno di Agamennone con un lunghissimo bacio (elemento di modernità); lo stesso gesto verrà ripetuto tra moglie e marito all’arrivo di lui. L’estemporanea morte di Agamennone, che si accascia al suolo, produce gaudio negli assassini che festeggiano bevendo copiosamente: il dolore del corifeo (Mariasilvia Greco) e degli altri coreuti si concreta in un’autentica performance musicale con armonica a bocca (Andrea Sorrentino) e con il monologo finale di Agamennone, che simula l’entrata nell’Ade con l’entrata in una vasca da bagno (nel dramma antico Clitemnestra lo ucciderà, appunto, in bagno): «bisogna sempre cercare il bene nel male», chiosa, e le luci si spengono.
Applausi da parte del pubblico per la performance dei giovani attori, consacrati anche al Festival di Avignone. Resta a tratti sommaria la “scrittura” del dramma moderno, che elude un elemento essenziale: la lotta dei sessi imbastita in Eschilo e che prelude ad una forma di giustizia “altra” incarnata dalle Eumenidi (protagoniste dell’ultima tragedia della trilogia) e finalizzata a interrompere la catena di sangue.
SANTA ESTASI
Atridi: otto ritratti di famiglia
progetto speciale diretto da Antonio Latella
interpreti Alessandro Bay Rossi, Barbara Chichiarelli, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Mariasilvia Greco, Christian La Rosa, Leonardo Lidi, Barbara Mattavelli, Gianpaolo Pasqualino, Federica Rosellini, Andrea Sorrentino, Emanuele Turetta, Isacco Venturini, Ilaria Matilde Vigna, Giuliana Vigogna
drammaturghi Riccardo Baudino, Martina Folena, Matteo Luoni, Camilla Mattiuzzo,
Francesca Merli, Silvia Rigon, Pablo Solari
drammaturghi al progetto Federico Bellini e Linda Dalisi
allestimento e costumi Graziella Pepe
musiche Franco Visioli
luci Tommaso Checcucci
duelli, movimenti e coreografie Francesco Manetti
progetto video Lucio Fiorentino
assistente al progetto Brunella Giolivo
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione
con il sostegno di Fondazione Cassa di Risparmio di Modena