Arti Visive

Antonello da Messina e il ritratto contemporaneo al MART

Gabriella Bologna

Precedute da grande attesa le mostre Antonello da Messina, a cura di Ferdinando Bologna e Federico De Melis, e L’altro ritratto, curata dal filosofo francese Jean-Luc Nancy, hanno aperto i battenti al MART di Rovereto.

Precedute da grande attesa le mostre Antonello da Messina, a cura di Ferdinando Bologna e Federico De Melis, e L’altro ritratto, curata dal filosofo francese Jean-Luc Nancy, hanno aperto i battenti al MART di Rovereto. Due esposizioni parallele che, nell’intenzione dei curatori, instaurano un dialogo inatteso. Cos’è il volto umano? Cos’è l’uomo nel suo divenire storico? Queste domande si chiede Nancy, che parte proprio da uno dei capolavori di Antonello, la Vergine annunciata di Palermo, per esplorare l’esitazione tutta umana della mano della Madonna, davanti a un annuncio che può essere interpretato non solo come la chiamata del Divino ma anche come l’inizio di una nuova epoca dell’arte che arriva fino a noi, passando per Cézanne. Con opere di Boltanski, Warhol, Bacon, Giacometti, Gordon e molti altri, L’altro ritratto propone la risposta degli artisti contemporanei alla chiamata dell’arte.

Il pezzo forte del MART però, ça va sans dire, è la mostra su Antonello da Messina, che non ha mancato di suscitare qualche polemica già nelle settimane precedenti all’apertura: perché una mostra su un artista del Quattrocento in un museo di arte contemporanea, e perché proprio su questo pittore, oggetto di una grande esposizione alle Scuderie del Quirinale nel 2006? A quest’ultima domanda ha voluto rispondere durante l’inaugurazione Ferdinando Bologna, con parole durissime sulla mostra romana definita “un tentativo di ridimensionamento di decenni di studi”, in particolare “una drastica potatura” dell’ampiezza dei contatti culturali nel periodo giovanile del pittore. Al contrario, la mostra del MART mira a ricostruire la griglia dei fatti culturali che Antonello era riuscito a captare collegando il mondo artistico meridionale e quello settentrionale in una sintesi di estrema originalità. Al di là delle polemiche (anche la mostra romana includeva opere di Van Eyck, Vivarini, Bellini e Colantonio), le 33 opere esposte a Rovereto, di cui circa la metà del pittore siciliano, costituiscono una esposizione di indubbia qualità che vanta prestiti da Europa e Stati Uniti.

Il problema semmai riguarda alcuni prestatori che si sono privati di opere di grandissimo valore morale e culturale o di estrema fragilità. L’Annunciata di Palermo sta alla Galleria Regionale di Palazzo Abatellis come la Gioconda sta al Louvre, con la differenza che il museo francese non si priverebbe mai di una delle sue opere più importanti come il museo palermitano ha fatto più volte negli ultimi anni. Un altro capolavoro del maestro, L’Annunciazione di Siracusa, deturpata da pesanti lacune ed evidentissime craquelures ma pur sempre straordinaria, è uno dei pezzi più preziosi di Palazzo Bellomo e anch’esso era già stato esposto a Roma nel 2006. Questi dipinti viaggiano, si spera, per l’ultima volta: pochi giorni fa sono stati inseriti dalla Regione Siciliana nella lista delle opere che non potranno più lasciare i musei dell’isola, salvo casi eccezionali.

La mostra al MART non delude il pubblico e Antonello seduce i visitatori lasciandoli a bocca aperta davanti alle sue opere: il Ritratto di giovane, appena restaurato, proveniente da Filadelfia, quello della Galleria Borghese a Roma, la Crocifissione di Sibiu con la veduta del porto di Messina e l’Annunciata di Palermo, che da oltre cinque secoli affascina chiunque si fermi a osservarla.



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