Andrea Cosentino // Rimbambimenti
Per un artista, affrontare temi come la malattia rappresenta sempre una sfida altissima. Soprattutto se a trattare l’argomento è un autore e attore teatrale “comico”, definizione un po’ retrò che stride come le unghie sulla lavagna, ma che ci aiuta a spiegare il registro con cui Andrea Cosentino declina il proprio lavoro di scrittura. In Rimbambimenti, il suo ultimo spettacolo, una produzione Cranpi andata in scena al Teatro Basilica a Roma dal 27 febbraio al 3 marzo, Andrea tocca il tema dell’Alzheimer senza risultare per forza politicamente corretto/scorretto e, soprattutto, senza davvero fare della malattia il focus. Di altra malattia, oltretutto, Andrea Cosentino aveva parlato anche nel suo capolavoro indiscusso, Primi passi sulla luna, anche se le sue “divagazioni”, come lui stesso le definiva, partivano da molto lontano fino a raggiungere aspetti molto personali della sua vita di padre. Qui non c’è nulla di personale, se non quella autoironia che ci fa sentire Cosentino vicino come essere umano, un uomo che compie uno sforzo di immedesimazione nel corpo di un “vecchietto” (che poi non è uno stereotipo, ovvero “soltanto” un vecchietto): “altri vent’anni – dice – e sarò perfetto“. Il personaggio presentato è quello di un anziano scienziato esperto di fisica quantistica. Già questo contiene in sé un messaggio: non sempre conta quanto abbiamo studiato, quanto le nostre sinapsi abbiano lavorato duramente, quanto i nostri neuroni siano stati sottoposti a sforzi incommensurabili. Se la malattia arriva, arriva, e il suo manifestarsi comprende sempre anche un lato beffardamente comico.
Punto di partenza diventa così la fisica quantistica: detta così, sembrerebbe uno spettacolo per un pubblico di scienziati o geni à la Sheldon Cooper di TBBT, ma è più vicino, complice anche la scenografia, a un TED Talk che vira verso un concerto-spettacolo intervallato dalle musiche di Lorenzo Lemme alla consolle e Cosentino stesso alla tromba. In Rimbambimenti la fisica abbraccia la filosofia, soprattutto presocratica, con cui condivide l’obiettivo di comprendere i meccanismi della natura. Con la sensibilità tutta umanistica di Cosentino, attraversate dalla sua verve comica, queste due scienze intrecciate ci fanno riflettere così sul concetto di tempo e sulle leggi della termodinamica rivelando le loro assurde implicazioni. L’attore trascina lo spettatore in un fiume straripante di ragionamenti, sondando e accostando, collegando, con quel meraviglioso stile anarco-dadaista che contraddistingue i suoi spettacoli, dati reali e scientifici a immagini astruse e paradossi brillanti – che per quanto scientifici sono dotati di una propria intrinseca comicità – come quello del gatto di Schrödinger “vivo e morto” contemporaneamente mentre è situato in una scatola.
Colpisce, ancora, la cura con cui Cosentino realizza la sua drammaturgia, i leitmotiv che vi cuce all’interno e che stabiliscono una connessione speciale con gli spettatori dall’altro lato della ribalta, a dimostrazione di una devozione totale al proprio lavoro, che non può prescindere dal suo stesso corpo e i mezzi espressivi che gli appartengono, tra cui il suo accento abruzzese e un po’ naïf, la sua capacità di maneggiare e dare voce a un pupazzo che rappresenta l’alter ego del presunto scienziato, il modo inconfondibile in cui oggetti di uso quotidiano entrano a far parte del suo universo scenico.
Consapevole della difficoltà di intrattenere lo spettatore nel pensiero di una materia oscura (oscura anche in senso letterale) – che d’altra parte non rappresenta neppure il suo campo – su questa stessa difficoltà Cosentino costruisce parte della sua esplosiva ironia, cavalcando dei passaggi epici, incredibilmente fuori da ogni logica eppure significanti, senza tuttavia mancare di poesia e contrasti cromatici.
E se, dopo i suoi strambi esempi, nessuno comprende ancora il senso delle leggi fisiche enunciate, non importa, perché da uomo di spettacolo sa bene che, su un palcoscenico, il fallimento – come del resto afferma in scena -, innescando la risata, ha più successo della riuscita di un esperimento.
[Immagine di copertina: foto di Laila Pozzo]