Al via la 32^ edizione del Todi Festival. Intervista al direttore artistico Eugenio Guarducci
I festival teatrali sono un po’ le stelle cadenti delle notti estive: trafiggono il cielo per un attimo, esperienze brevi ma luminose che lasciano il desiderio di tenere lo sguardo in alto. Moltissimi si spengono nel tempo stesso del loro unico passaggio; una manciata quelli che restano, costellandosi con le luci fisse del firmamento teatrale. Tra questi è sicuramente il Todi Festival, che di estati ne ha già attraversate trentadue, a conferma di una certa predisposizione delle regioni centrali a conservare e prolungare le esperienze prolifiche. Il tutto on air, on stage e on the street tra il 25 agosto e il 2 settembre, tra il debutto in palcoscenico di Fiona May (nel celebre ed appropriato Maratona di New York di Edoardo Erba) e il concerto finale di Ornella Vanoni in Piazza del Popolo.
Il Teatro Comunale sarà il fulcro del festival, con la sezione principale degli spettacoli all’insegna, come sempre, dell’eterogeneità dei linguaggi. Per il secondo anno si terrà inoltre la rassegna Todi Off, con sette spettacoli e quattro masterclass per interrogare giovani artisti e spettatori sul significato della produzione di ricerca, sotto il segno del claim“futuro anteriore”, ovvero della proiezione saldata alla tradizione. Il tutto nella sede del Teatro del Nido dell’Aquila.
Il programma generale denota una volontà site-specific, grazie al corollario di eventi che impreziosiscono il margine della line-up scenica: Around Todi porterà il pubblico nella periferia dei borghi e nei luoghi insoliti della città, con altri concerti, spettacoli, proiezioni, passeggiate. Imperdibile anche la micro-rassegna Tournee da Bar, che porta nei locali notturni tre riscritture dei classici shakespeariani. Ancora, il Todi Kids, per non dimenticare gli spettatori e gli artisti di domani, e Giardini Segreti, presentazioni e letture nella cornice di alcuni cortili del centro storico.
Il Todi Festival nacque da un’idea di Silvano Spada nel 1987, è stato diretto dallo stesso fino al 1998 e poi ancora dal 2013 al 2015. Vede quest’anno confermata, per la terza volta, la direzione artistica di Eugenio Guarducci (affiancato dalla direttrice generale Daniela De Paolis). Figura poliedrica, architetto, imprenditore della cultura e ideatore della prima edizione del fortunatissimo Eurochocolate, abbiamo parlato con lui di questa edizione del festival, del suo segreto elisir di lunga vita.
Il Todi Festival è giunto alla XXXII edizione. Pochissime rassegne festivaliere godono di tanta longevità. Come è stato possibile trovare continuità? Qual è il segreto del Todi Festival, in un panorama di kermesse che partono con auspici simili e si estinguono dopo poche, a sia pure a volte felici, edizioni?
Todi Festival nasce da una felice intuizione di Silvano Spada che ha trovato nella cittadina umbra la sede ideale per sviluppare un nuovo contenitore culturale capace di dare spazio a ricerca ed innovazione di cui si ravvisava all’epoca un impellente bisogno. La sua guida ha permesso di raggiungere obiettivi straordinari anche con risorse contingentate grazie a un sapiente lavoro che ha valorizzato le produzioni originali. Il nostro ruolo è quello di tutelare la grande reputazione che Todi Festival ha acquisito a livello nazionale cercando al tempo stesso di portare nuovi stimoli creativi. Il merito della longevità dell’iniziativa è anche da attribuire alle istituzioni locali in primis la Città di Todi e la Regione Umbria che sostengono finanziariamente e convintamente il progetto ritenendolo utile anche al fine della promozione del territorio.
Il festival continua a offrire un cartellone variegato, premiando le contaminazioni e la multidisciplinarietà: eppure il cuore creativo resta il teatro, lo spazio focale il palcoscenico. Perché questa centralità? Quale il suo significato? In che modo è la rappresentazione scenica a fare da motore al tutto?
Il Teatro rimane senz’altro il fulcro del Todi Festival. E’ ormai una caratteristica che non si può snaturare. Al Teatro Comunale di Todi sono passati tantissimi giovani attori che poi sono diventati dei grandi attori e che a Todi hanno fatto i loro primi debutti. Nel Teatro si raccoglie e si consuma meglio quel frutto chiamato “magia dello spettacolo” perché è un luogo intimo, raccolto e la vicinanza tra artisti e spettatori è talmente irrisoria da creare un “unicum” irripetibile in altri ambiti e spazi. Ma anche la Piazza del Comune di Todi a suo modo è stata pensata come un luogo scenico con diversi protagonisti e quinte sceniche straordinarie. Non a caso vi celebriamo tradizionalmente lo spettacolo di chiusura quest’anno affidato ad una straordinaria interprete della Canzone italiana che ha anche una sua innata dimensione teatrale: Ornella Vanoni.
Significativamente il titolo della kermesse reca solo il nome della città che lo ospita. Ma in che modo l’evento, nella sua estemporaneità intesse un dialogo con la città? In che modo mette radici e interroga la comunità? C’è un nesso tra l’estetica della città e l’identità del festival?
Il progetto Todi Festival ha sempre vissuto in simbiosi con la città tanto vero da creare anche una cultura locale tra i propri cittadini che si sono poi abituati a frequentare il festival, ma che continuano a frequentare il Teatro Comunale durante la stagione invernale. Tra le direzioni che abbiamo voluto seguire con maggior forza e vigore in questi tre anni di lavoro c’è quella rivolta alla scoperta di luoghi segreti della Todi antica ma anche delle sue nobili periferie fatte di colline verdeggianti e borghi di una bellezza disarmante. Infine tutte le energie creative e culturali della città vengono coinvolte nel progetto del Todi Festival valorizzando il loro contributo che attraverso il loro incessante lavoro arricchisce l’offerta culturale di questa splendida realtà umbra.
Lei è alla terza direzione artistica consecutiva. Con quale spirito ha rinnovato il suo impegno? Cosa Le hanno suggerito le esperienze passate? Cosa La tiene legato a questo evento?
Sono entrato in punta di piedi in questo ambiente che fino a tre anni fa era assolutamente estraneo alla mia vita professionale. Quando Silvano Spada e l’allora Sindaco Carlo Rossini mi chiesero, in occasione del trentennale del Todi Festival, di dare la mia disponibilità a raccogliere la sua pesante eredità rimasi sorpreso ed ovviamente incredulo. Per fortuna sono stato in grado di mettere in campo quella che probabilmente è la mia qualità migliore: la curiosità. Ho fin da subito dovuto ascoltare molto e parlare molto poco. Tanto è vero che poi, all’inizio del festival io scompaio e mi rifaccio vivo due giorni dopo la chiusura per la conferenza stampa di consuntivo lasciando ai veri protagonisti la visibilità che essi meritano ed al pubblico ed alla critica il loro giudizio. Un dimensione di Direttore Artistico probabilmente non accademica, ma tesa a raggiungere concretamente dei risultati utili alla comunità di Todi e alla nostra Regione. Le nutrite rassegne stampa recitano molto meglio di me un ruolo che non ho cercato ma che mi è stato semplicemente richiesto di svolgere e mi fa piacere che, pur essendo cambiato nel frattempo il colore politico di chi amministra la città di Todi, il nuovo Sindaco Antonino Ruggiano abbia deciso di confermarmi questo incarico.
In copertina, Eugenio Guarducci.