Aladdin
Dopo il remake – anche se è riduttivo definirlo così – in live-action di Dumbo, che ha riportato in auge un autore come Tim Burton, aspramente criticato dopo gli ultimi lavori, la Disney propone nel mese di maggio un altro (dei tanti) remake in live-action in programma, ossia quello su Aladdin, diretto da un buonissimo director – nonostante non abbia per forza di cose il curriculum di Burton – ossia Guy Ritchie, famoso principalmente per aver diretto Rock ‘n’ Rolla e lo Sherlock Holmes con Robert Downey Jr.
La trama di Aladdin, a differenza di Dumbo – come già esplicitato nell’articolo a lui dedicato – per gran parte del minutaggio segue gli schemi narrativi del cartoon del 1992. Aladdin, come già assimilato dal pubblico di massa, è un giovane ladro di Agrabah, che per puro caso incontra la principessa Jasmine (in borghese), nel mezzo del mercato della città, e subito se ne innamora profondamente. Un amore, che seppur possa essere corrisposto, risulta alquanto complicato, a causa delle enormi differenze sociali e di classe, e inoltre può essere ostacolato in parte dal sultano, ma soprattutto dal fedele uomo di corte Jafar, avido di potere e di ricchezze. L’unico alleato di Aladdin può diventare Il Genio – interpretato da un sontuoso Will Smith – che ha il dovere, verso il padrone che lo fa uscire dalla lampada magica, di esaudirne tre desideri. Starà ad Aladdin prendere le tre giuste scelte per cambiare, finalmente, dopo anni, la sua vita.
Proprio il plot diventa esemplificativo per dare una prima e importante parte di giudizio sul film. Per una buona metà, la pellicola non si distacca dalle scene e dalla narrazione del cartoon, riprendendone in live-action gli aspetti che lo caratterizzavano: la fuga di Aladdin al mercato dalle guardie di Agrabah, la ricerca della lampada nella caverna delle meraviglie, e altre scene cult che erano presenti nel cartone e che qui vengono riproposte anche nella seconda parte del film. Eppure, risulta molto interessante nell’incipit la figura del Genio come narratore della storia del ladruncolo, che viene presentata come una novella magica e avventurosa, adatta a far incuriosire i bambini.
Oltre a questo, ci sono anche altri elementi di originalità nel live-action: più di tutti, la scenografia, cosparsa per tutta la durata da canti, danze e da costumi dagli innumerevoli colori, ben assortiti, che rendono il film piacevole sull’aspetto puramente visivo. Inoltre, la visione ancor più umanizzata e antropologica del Genio, sia nei comportamenti, sia negli interessi personali; un aspetto che era implicito nel cartoon, ma che qui viene ampiamente sviluppato. Infine, anche le musiche fanno da ottima cornice alla pellicola, perché vengono riproposte quelle classiche, seppur modernizzate, e ne vengono presentate di nuove, che si allacciano molto bene con la già citata scenografia.
La componente, che per forza di cose, diventa altrettanto originale, all’interno di una pellicola del genere, è quella attoriale. Eppure, a differenza degli altri elementi originali, che si pongono come parti qualitative del prodotto, gli attori diventano più croce che delizia. Escludendo Mena Massoud (che interpreta il protagonista), il quale si rapporta benissimo alle movenze e ai sentimenti di uno storico personaggio Disney, sia Naomi Scott (Jasmine), sia ancor di più Marwan Kenzari (Jafar), non riescono a trasmettere quella che è l’essenza dei rispettivi personaggi, soprattutto il villain viene snaturato sia a livello anagrafico, che comportamentale, distaccandosi totalmente dal canone edificato nei cartoon.
L’unico sopra le righe è Will Smith, che al di là della caratura professionale completamente differente dal resto del cast, è perfetto nei panni del Genio costruito da Ritchie, in quanto intrattiene e diverte lo spettatore, salvando spesso, con il suo carisma scenico, alcuni momenti del film, dove un altalenante sceneggiatura viene meno.
Nel complesso, il live-action di Ritchie, pur non avendo una costruzione originale e di livello come quella di Dumbo, è ironico, divertente, e molto curato esteticamente, ma allo stesso tempo fa pensare a quale sia la reale necessità di una fascia di remake (il film dell’elefantino aveva fatto dimenticare questo fastidioso quesito); necessità sicuramente produttiva, economica, commerciale, ma senza dubbio poco artistica e/o cinematografica.
E per quanto riguarda lo stesso Ritchie, la sua mano è poco visibile nell’opera. Nonostante ciò, si intravede qualche movimento di camera già presente in altri lavori dell’autore britannico, come negli inseguimenti action (anche per valorizzare la visione 3D) e nell’utilizzo dello slow-motion, che ricorda alcune scene del suo Sherlock Holmes. Si avverte anche qui, come in altri rifacimenti, che le forti esigenze produttive, oscurano tanto l’autorialità di bravissimi registi.
In attesa dell’uscita de Il Re Leone ad agosto, che sarà il terzo live-action del 2019 della Disney, Aladdin fa un passo indietro, rispetto a quello che si era visto nel nuovo Dumbo. Da annotare anche che è difficile per tali remake entrare nei cuori e nel giudizio in toto favorevole di critica e pubblico (di determinate generazioni), dato che vivono nella penombra dei cartoon, i quali hanno come alleato un sentimento filosofico-cinematografico di rilievo nell’esperienza di fruizione dello spettatore, ossia la nostalgia; essa accende gli animi, la passione e il ricordo di tante persone, che portano nel proprio cuore una visione – in questo caso dei vari cartoon classici Disney – che smuove sempre una forte affezione.
Ma aldilà della sfera mnemonica e psicanalitica, che è di rilievo quando un remake si paragona, per forza di cose, anche in maniera indiretta, al suo prodotto originario, la dicotomia cartoon – live-action presenta delle problematiche anche sulla costruzione tecnica: tante storie non riescono ad esprimersi al massimo della loro componente visiva e/o emozionale quando cambiano lo stile creativo. Questo è un po’ il caso di Aladdin, che viene sradicato della sua caratteristica immaginifica, da fantasy e d’animazione, le quali davano un ritmo sfrenato alla narrazione, e queste sono difficili da riportare su un live-action con attori reali.
In un cinema prettamente postmoderno, snaturare un’opera è di per sé un lavoro positivo e imprescindibile, ma nel caso dei cartoon Disney, il processo può essere pericoloso dal punto di vista qualitativo e narrativo. Ad ogni modo, c’è l’altro lato della medaglia: la stessa nostalgia è contemporaneamente un nemico e un alleato, poiché non aiuta solo il prodotto originario, ma anche il remake, dandogli uno scontato successo economico nelle sale. A gran parte del cinema contemporaneo, basta solo questo?
- Diretto da: Guy Ritchie
- Prodotto da: Dan Lin, Jonathan Eirich
- Scritto da: John August, Guy Ritchie
- Tratto da: "Aladdin" di Ron Clement, John Musker, Ted Elliott, Terry Rossio e "Aladino e la lampada meravigliosa" da "Le mille e una notte"
- Protagonisti: Will Smith, Mena Massoud, Naomi Scott, Marwan Kenzari, Navid Negahban, Nasim Pedrad, Billy Magnussen
- Musiche di: Alan Menken
- Fotografia di: Alan Stewart
- Montato da: James Herbert
- Distribuito da: Walt Disney Studios Motion Pictures
- Casa di Produzione: Walt Disney Pictures, Rideback
- Data di uscita: 08/05/2019 (Grand Rex), 22/05/2019 (Italia), 24/05/2019 (USA)
- Durata: 128 minuti
- Paese: Stati Uniti
- Lingua: Inglese
- Budget: 183 milioni di dollari