Le ereditiere
Las herederas è l’esordio al lungometraggio di Marcelo Martinessi, presentato in concorso alla Berlinale del 2018 dove ha vinto 3 premi: L’Orso d’Argento per la migliore Attrice, dato ad Ana Brun, l’Orso d’Argento “Alfred Bauer” e il premio Fipresci.
Il film mostra la storia di una coppia: Chela (Ana Brun), che rimane spesso a casa e passa la giornata dipingendo, e Chiquita (Margarita Irun), che è responsabile della gestione della loro vita. All’improvviso le due donne sono costrette a vendere tutti i beni ereditati perché colpite da difficoltà finanziarie; a causa dei debiti Chiquita viene mandata in prigione, mentre Chela rimane da sola, capendo che deve portare avanti la sua vita e vivere nella realtà invece di rimanere chiusa nel suo mondo. La donna decide così di usare la macchina per fornire un servizio taxi ad altre signore anziane. Durante questo suo lavoro, incontra una giovane di nome Angy (Ana Ivanova), che aiuta Chela a riscoprire sé stessa e i suoi desideri.
Partendo dalla prova attoriale, senza dubbio bravissima è Ana Brun che ha saputo mettersi nei panni di Chena, una donna apatica e isolata dal mondo che si ritrova ormai in un amore e in una situazione dolorosa e infelice. Anche Margarita Irun riesce a interpretare bene Chiquita, una donna molto più vivace e intraprendente. Entrambe le attrici sono molto convincenti nei due ruoli dal carattere opposto che sono stati interpretati con naturalezza.
Lo stile di ripresa prevalente è quello della macchina fissa, dialoghi di poche parole e una comunicazione basata sui colori e sui toni delle ambientazioni. Il regista non solo pone attenzione ai sentimenti e ai desideri delle singole donne, ma anche alla situazione sociale e politica del paese attraverso una società rappresentata da donne borghesi e di età avanzata. L’autorialità dello stile viene ripresa dalla narrazione che è caratterizzata da un continuo ritmo lento, riprendendo così la presa di coscienza di Chela che riscopre sé stessa in un momento di difficoltà e la sua trasformazione graduale e coraggiosa.
A tratti duramente e a tratti dolcemente, il film analizza l’età delle protagoniste che avanza sempre più con il passare del tempo, la quotidianità e i malesseri di una coppia ormai stanca, scavando a fondo nella psicologia dei personaggi con uno stile potente e smorto e un tono umile. Infatti le due protagoniste sono in una situazione che ricorda sempre di più la morte; questa tematica viene ripresa dall’ambiente della prigione che è il luogo dove si vedono le condizioni negative della società del Paraguay ed è un elemento centrale e metaforico dell’intera storia perché anche le due protagoniste ci si ritrovano: Chiquita è fisicamente nella prigione mentre Chela costruisce una propria prigione domestica. Osservando l’intero film, questo luogo subisce una continua evoluzione caratterizzata da toni misteriosi e oscuri come succede per la storia delle due protagoniste.
Il comparto musicale è poco presente ma è talmente forte da creare tensione nello spettatore. Questa tensione è poi sostenuta da colori scuri e freddi e ambienti poco illuminati, creando così una narrazione claustrofobica e sofferente che sarà l’impianto di base per l’intero film.
Si tratta di un’opera profonda e realistica che scava nell’intimo dei personaggi con un finale che lascia l’amaro in bocca e un piano di lettura critico verso la sensazione di blocco dell’essere umano e verso la società del Paraguay.
Dettagli
- Titolo originale: Las herederas
- Regia: Marcelo Martinessi
- Anno di Uscita: 2018
- Fotografia: Luis Armando Arteaga
- Produzione: Sebastián Peña Escobar, Marcelo Martinessi
- Cast: Ana Brun, Margarita Irún Anna Ivanova
- Sceneggiatura: Marcelo Martinessi