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Il nostro 2018 a teatro: in dieci spettacoli memorabili

Redazione

Il 2019 è alle porte, e noi ci lasciamo alle spalle un anno teatrale ricco di spettacoli, viaggi, approfondimenti, dialoghi, confronti, appunti, fogli sparsi. Alcuni spettacoli li abbiamo visti più di una volta nel corso dell’anno, in città, situazioni e contesti sempre diversi; altri ci auguriamo di nutrire la possibilità di rivederli il prossimo anno, e magari a molti chilometri di distanza da dove li abbiamo visti andare in scena; altri ancora avremmo desiderato inserire in questa lista, ma ci siamo accorti che, sebbene incrociati da noi nel 2018, si trattava di spettacoli che avevano debuttato tempo addietro.
Ma va bene così, perché il teatro è, certo, un’arte effimera destinata a un consumo che si esaurisce relativamente in fretta; non è auspicabile, invece, che una produzione meritevole di sguardi sparisca per motivi economici nel giro di un anno solare e finisca nel dimenticatoio. Quella che leggete di seguito, perciò, costituisce una lista assai più corta di quella avremmo voluto stilare. Non è una classifica, perché non abbiamo tutti visto gli stessi spettacoli o repliche, e non sarebbe stato possibile fissare degli identici parametri di valutazione.
Speriamo che anche così, con i suoi limiti, la nostra lista possa costituire una traccia da conservare per l’anno che sta per arrivare e le stagioni future.
Felice 2019!

 

“Moby Dick” del Teatro dei Venti (foto di Chiara Ferrin). Visto da Pietro Perelli al Concentrico festival di teatro all’aperto, Carpi (Mo).

Moby Dick del Teatro dei Venti 

Uno spettacolo, Moby Dick del Teatro dei Venti, che quest’anno ha lasciato a bocca aperta gli spettatori che hanno potuto assistervi nelle piazze cittadine che ha attraversato e occupato. Uno spettacolo che porta fuori dal teatro non solo il romanzo di Melville, adattato per la scena dal critico Giulio Sonno, ma anche tutto l’apparato scenografico, imponente e spettacolare: un gioiello ingegneristico, un’opera d’arte che funge da pilastro dell’opera stessa attorno alla quale trampolieri, acrobati e musicisti riescono a trasporre il capolavoro di Melville con bravura e destrezza. Si crea così una simbiosi tra la macchina scenica e l’attore che ne è il cuore pulsante, fino alla trasformazione da “nave” a “balena”, culmine dello spettacolo in cui il protagonista, Achab, si trova faccia a faccia con il suo Leviatano.

 

Prove di “Otello Circus”, Teatro La Ribalta – Kunst der Vielfalt. Spettacolo visto da Renata Savo al festival ‘Da vicino nessuno è normale’, Teatro La Cucina – ex O.P. Paolo Pini, Milano.

Otello Circus del Teatro La Ribalta – Kunst der Vielfalt

Il regista Antonio Viganò con la sua compagnia di attori professionisti e di-versi, cioè in situazione di svantaggio sociale, ha regalato a questo 2018 un’ulteriore prova di come quelli che sono universalmente riconosciuti come limiti psicofisici dalla nostra società possano essere superati e diventare risorse che ribaltano pregiudizi, percezioni e luoghi comuni sulla disabilità. Lo fa attraverso Shakespeare e Otello. Delicato, poetico, ponderatamente circense senza scadere nel “freak show”, nonostante il rischio sia dietro l’angolo. Un Otello che fa scuola non solo ai tentativi di fare teatro sociale a scopo terapeutico con esiti d’arte, ma al Teatro tutto. Assolutamente da recuperare, da vedere e far vedere.

 

“Vieni su Marte” di VicoQuartoMazzini (foto di Francesco Tassara). Visto da Renata Savo al Romaeuropa Festival, rassegna “Anni luce” a cura di Maura Teofili.

Vieni su Marte di VicoQuartoMazzini

Nell’epoca sul dibattito scottante che riguarda il futuro del pianeta Terra alla luce dei preoccupanti cambiamenti climatici, Vieni su Marte è una disamina  dei motivi per cui si ventila, da parte di una moltitudine di persone dislocate in ogni parte del mondo, un po’ eccentriche e un po’ disadattate, un po’ depresse e un po’ lungimiranti, l’ipotesi di spostarsi su un altro pianeta per fondare una nuova civiltà. Un dramma esistenziale che viene esposto sia attraverso documenti audiovisivi di coloro che, mossi da motivazioni personali, si candidano per l’adesione al progetto “Mars One” realmente esistito, sia personaggi fittizi strambi e iperrealistici – uno psicanalista e il suo paziente, un professore anche padre di famiglia, un teatrante-barbone e una vecchina rimasta vedova – di cui sono interpreti due attori di alto calibro come Gabriele Paolocà e Michele Altamura.

 

M2 di Dynamis (foto di Elisa D’Ippolito), visto da Valentina Solinas alla Tenuta dello Scompiglio, Vorno (Lu), e da Renata Savo a Pergine Festival, Pergine Valsugana (Tn).

M2 di Dynamis 

Sette membri di una sorta di comunità spontanea, volontari tra il pubblico reclutati poco prima di andare in scena, collaborano per raggiungere obiettivi comuni che sono necessari alla “sopravvivenza” in un solo metro quadro di spazio. Un tutor funge da arbitro affinché la simulazione delle condizioni siano rispettate dagli improvvisati performer, che, con grande senso di responsabilità, rispondono come meglio riescono agli ordini imposti. Come in un videogame, il livello di difficoltà dei compiti nel corso dell’esperimento aumenta, con esiti imprevedibili e spesso esilaranti. Il teatro ritrova con M2 il suo specifico innescando un meccanismo empatico per cui il pubblico in sala riconosce le obiettive difficoltà di azione in un’area di costrizione fisica che può far venire in mente le condizioni dei migranti sui barconi che attraversano il Mediterraneo.

 

Sei. E dunque, perché si fa meraviglia di noi? di Fortebraccio Teatro (foto di Angelo Maggio). Visto da Valentina Solinas al festival Inequilibrio di Castiglioncello (Li) e da Andrea Zangari al festival Short Theatre, Roma.

Sei. E dunque, perché si fa meraviglia di noi? di Fortebraccio Teatro

La ricca riscrittura dei Sei personaggi in cerca d’autore di Pirandello operata da Roberto Latini indaga il rapporto che viene a stabilirsi fra attore-autore e teatro; un percorso iniziato con Il Teatro Comico di Goldoni, in cui si mettevano in luce le problematiche e le fragilità della scena teatrale. Latini ha affidato il testo al corpo e alla voce di un unico attore incaricato di dar vita a tutti i personaggi, PierGiuseppe Di Tanno. L’unico interprete si prende così la responsabilità di sostenere l’intera partitura drammaturgica, esplicitando apertamente la consapevolezza dei limiti della scena, materia di riflessione anche in Pirandello. Di Tanno dispiega abili doti performative: truccato come un guitto da commedia dell’arte, passa con disinvoltura da un personaggio all’altro, agile tanto nella modulazione della voce quanto nell’utilizzo del corpo.

 

Panorama di Motus / La MaMa. Visto da Maria Ponticelli al festival FOG, della Triennale dell’Arte, Milano.

Panorama di Motus / La Mama 

In un momento storico fatto di assoluta incertezza e di regressioni verso nazionalismi e rigide chiusure culturali, Panorama, nato dalla collaborazione dei Motus con Great Jones Repertory Company de La MaMa, affronta e sfida i temi legati alle migrazioni e alle difficili dinamiche che caratterizzano oggi il fenomeno, non inteso quest’ultimo come mero spostamento di persone ma come traslazione da una condizione all’altra. La mutazione si presentata in tutta la sua profondità che scandaglia le aree più intime dell’animo umano e lo fa con una sovrapposizione di identità sapientemente resa dagli interpreti che donano il proprio autentico vissuto al servizio di un’unica biografia plurale, fatta di turbamenti, fragilità e miserie. Uno spettacolo in cui l’arte si inserisce come elemento catartico, capace di cicatrizzare le fenditure in un caleidoscopio che diventa al contempo lo specchio e il prisma dell’animo umano.

 

The Repetition – Histoire(s) du Theatre (1) di Milo Rau (foto di Hubert Amiel). Visto da Renata Savo al Romaeuropa Festival, Teatro Vascello, Roma.

The Repetition – Histoire(s) du Theatre (1) di Milo Rau

Un encomiabile esempio di che cosa significhi produrre un “teatro reale” facendo teatro della realtà. Si parte da una metafora della vita in relazione alla recitazione e si arriva, gradualmente, al cuore dell’argomento, del perché siamo lì, noi spettatori a guardare e gli attori a recitare. The Repetition si costruisce infatti attorno a un evento drammatico realmente accaduto, per farsi lectio magistralis su che cosa significhi ricostruire e inscenare una successione di eventi che hanno condotto a una morte inspiegabile e irreversibile. Confondendo i piani di realtà e rappresentazione, Rau invita alla riflessione sulla presenza di determinati elementi che possono emergere nel confronto tra linguaggi differenti.

 

Intimità di Amor Vacui (foto di Nicolò Cecchela). Visto da Renata Savo al festival Direction Under 30, Teatro Sociale di Gualtieri (RE).

Intimità degli Amor Vacui

Quanto sono difficili le relazioni sentimentali? Lo sono sempre state, ma forse, e ne sono testimoni i trentenni di oggi, “stare insieme” appare una condizione sempre più distante dal sogno romantico e da un epilogo come “e vissero felici e contenti”. A ogni legame si torna a ripetere lo stesso schema, dall’innamoramento alla disillusione, pur sentendosi ogni volta totalmente prosciugati. Con un pizzico di autoironia, freschezza, ritmo, gli Amor Vacui hanno realizzato uno spettacolo che tocca i nervi scoperti e le contraddizioni della società liquida, dissertando in tutti i modi sul classico tema dell’amore. Un amore niente affatto idealizzato, che viene vivisezionato con taglio critico, senza fare sconti a nessuno. Uno spettacolo capace di entrare in empatia con qualsiasi tipo di pubblico e che, proprio come l’amore, “non ha età”.

 

Il principio di Archimede di Josep Maria Mirò, regia di Angelo Savelli (foto di Pino Le Pera). Visto da Renata Savo al Teatro di Rifredi, Firenze.

Il principio di Archimede di Josep Maria Mirò, regia di Angelo Savelli

Al centro, in apparenza, il tema della pedofilia. Presto, però, il testo cede il passo a una questione più complessa, che riguarda il modo in cui ci rapportiamo agli altri quando, senza prove abbastanza fondate, tra noi e l’immagine positiva di una persona s’insinua il dubbio di un episodio terribile, nascosto dietro il volto di una possibile menzogna. Coinvolgente come un thriller, spiazzante e prepotentemente attuale, Il principio di Archimede, facendo riferimento alla legge fisica che consente a un corpo di restare a galla, afferma in senso figurato quanto può rivelarsi faticoso, doloroso, non annegare sotto la spinta burrascosa dell’opinione comune.

 

Oedipus Rex di Bob Wilson (foto di Lucie Jansch). Visto da Maria Rosaria Carifano al Pompeii Theatrum Mundi, Teatro Grande del Parco Archeologico, Pompeii (Na).

Oedipus Rex di Bob Wilson

Oedipus Rex non è uno spettacolo composto dalla riconoscibile somma delle parti. È una totalità, all’interno della quale gli elementi potenziano al massimo la loro individualità, restando organicamente immersi nella struttura che li ospita e contribuendo al suo funzionamento. È una cellula, un autonomo essere vivente. È un bellissimo universo che risponde alle sue regole e Bob Wilson ne è il Demiurgo. Non si contano più versioni e rivisitazioni (sia fedeli che liberamente ispirate) del testo di Sofocle. Possibile “rimaneggiarlo” ancora senza stancare lo spettatore e, magari, stupendolo? Sì, se sei Bob Wilson.

 

 

Per approfondire:

 

Renata Savo, “Il principio di Archimede” o la difficoltà di restare a galla sotto la spinta dell’opinione comune, 16.03.2018
Maria Rosaria Carifano, Bob Wilson // Oedipus Rex, 09.07.2018
Pietro Perelli, “Concentrico”: il festival di teatro all’aperto tra piccole e grandi narrazioni, 10.07.2018
Renata Savo, “The Repetition” di Milo Rau: il teatro all’origine della realtà, 07.12.2018
Maria Ponticelli, Motus // Panorama, 27.05.2018
Andrea Zangari, #Dialoghi. Intervista a PierGiuseppe Di Tanno: la rapsodia di un’anima coi capelli blu, 05.11.2018
Valentina Solinas, “Inequilibrio” sulla fragilità. Attodue/Murmuris, Fortebraccio Teatro, Frosini/Timpano, 20.08.2018
Renata Savo, Del teatro, dell’amore, di altri demoni: Pergine Festival, 23.08.2018
Valentina Solinas, M2 di Dynamis: la salvezza dentro un metro quadro, 23.03.2018

 

 

 



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