Hello Skinny – Watermelon Sun
Hello Skinny, al secolo Tom Skinner, è un artista al suo secondo album denominato Watermelon Sun che segue l’album di esordio Smash and Grab. Il secondogenito di Skinny, abile batterista le cui doti sono state ampiamente riconosciute dalla critica, appare in realtà come un disco monolitico le cui tracce, dalla prima all’ottava sono sviluppate su una baseline di drum e trombone e da un ritmo che segue quasi sempre la stessa metrica.
Fatta eccezione per la prima traccia Prelude, il cui ritmo si ripete con eguale cadenza dall’inizio alla fine e condita di echi lontani dal gusto alquanto sinistro, le tracce a seguire sono un insieme di elettronica, e interazione tra trombone e batteria in una simil-impro jazz. Skinner ama infatti celare le sue improvvisazioni facendole apparire come qualcosa di strutturato e a dargli manforte in queste ispirazioni creative c’è Zummo, compositore ed interprete di musica classica contemporanea che pare abbia ispirato il lavoro stesso di Skinny.
Nei dieci minuti e più della seconda e più lunga traccia dell’album, Watermelon Sun, che è anche la titletrack, Zummo si fa lentamente spazio, all’inizio con timidi e brevi interventi per poi rivendicare uno spazio maggiore negli ultimi tre minuti; quì la inquietante atmosfera del Preludio si ripresenta e stavolta fa pensare al canto lontano di una balena; capire il perchè di questa chiosa su un pezzo del genere sarebbe interessante. Più decisa è la terza traccia, Mr.P.Z. dove l’elettronica la fa da padrona con un ritmo incalzante interrotto solo al minuto quattro dal suono del trombone, per poi riprendere sul finale lasciandosi dietro gli strascichi di Zummo. Signs ha un vago gusto tribe e vi si scorge qualcosa in sottofondo come il mantra dell’OM che più avanti diventa più simile ad uno sbadiglio; essa è inoltre l’unica traccia in cui sia presente una sorta di cantato; molto bello il mixaggio. Watermelon Sun nasce per effetto di una visione grandangolare di Skinner, un open-mind approach rispetto alla musica contemporanea ed alle sue mutazioni. L’intero album risente infatti di influenze jazz, elettronica versione 2.0, di un sottile richiamo all’afro e una dance tardo anni settanta, inizio ottanta. Il tutto sapientemente accostato, quando non mescolato, in un melting pot musicale che è l’esatto riflesso della contaminazione culturale globale. Generi e stili musicali finiscono col non avere più esatte connotazioni e precise definizioni e questo insieme dai labili confini viene preso e registrato da Skinny in una performance fatta di improvvisazioni e preferendo un accento musicale di cinque quarti a quella dei canonici quattro quarti.
Carta bianca dunque per il secondo album di un’artista che fa da ponte tra i diversi generi musicali di cui parlavamo ed una mutevole scena jazz. Bluebells è fatta di dissonanze che a tratti sembrano far precipitare il pezzo nell’acqua, quasi come se ne potessimo sentire le bolle emergere a galla,il resto del pezzo è trombone oriented. Più melodica Rashad e soprattutto I Death, penultima traccia dell’album. Quì l’atmosfera è più distesa, il contributo dell’elettronica si avverte forte e chiaro così come il riff del trombone dall’inizio alla fine. L’ultima traccia del disco si intitola addirittura Coda, e sembra voler essere la summa di tutti gli interventi del disco dai fiati alla batteria, al contributo dell’elettronica.
Skinny quindi definisce la propria cifra stilistica nelle sfumature di questo disco dove ci sono sicuramente delle costanti che fanno talvolta apparire il playing come un loop ma dov’è anche possibile cogliere la bellezza delle commistioni impreviste.