Walead Beshty – Aggregato @ Thomas Dane Gallery, Napoli (NA)
La Thomas Dane Gallery ospita nella sua sede di Napoli la mostra Aggregato, la prima personale italiana di Walead Beshty, artista londinse trapiantato a Los Angeles. Aggregato potrebbe essere presentata come una summa delle opere realizzate dall’artista nell’ultimo decennio di lavoro, e tant’è, ma fermarsi a questa definizione sarebbe lanciare uno sguardo miope su ciò di cui l’opera stessa di Beshty si compone. La cifra di Beshty sta infatti nella sua capacità di autorigenerarsi; essa nasce dalla sovrapposizione di tracce e residui di lavori precedenti ma anche dalle numerose fasi di lavorazione che precedono l’approdo dell’opera ad un percorso espositivo. Lo sguardo del visitatore può, in definitiva, soffermarsi sull’insieme del lavoro rappresentato dall’opera esposta ed allo stesso tempo sulle parti che lo compongono. Il disassemblaggio dell’opera è infatti per Beshty un atto di immersione attraverso cui egli va a scandagliare le parti che danno un senso al tutto ed allo stesso tempo considera quel tutto come parte di un discorso più ampio, futuribile e , con molta probabilità, non necessariamente prevedibile.
È con questa chiave di lettura infatti che bisogna guardare all’opera esposta all’ingresso della galleria e che riceve il visitatore, un’opera antologica intitolata Prologue to A Partial Disassembling of an Invention Without a Future, composta dai sette volumi tratti da una mostra realizzata nel 2013 per il Barbican Centre di Londra: non quindi la semplice rievocazione di un lavoro precedente, piuttosto una seconda vita. I libri qui riproposti sono suddivisi nei volumi Prologue e Opus; tra le pagine, che è possibile sfogliare, vi sono raccolte immagini raffiguranti oggetti dello studio personale dell’artista, stampate con l’antico metodo della cianotipia. Le immagini, riprodotte in scala ridotta, sono poste al centro delle enormi pagine bianche che compongono i libri come a voler disperdere elementi piccoli, apparentemente irrilevanti in uno spazio concettuale ampio e bianco, imprevedibile quindi nelle sue innumerevoli possibilità di scrittura. Prologue, qui presentata su un lungo tavolo posto al centro della prima stanza, accompagna il visitatore lungo il percorso espositivo che prosegue con un’opera emblematica ed eloquente nel suo essere scomposta e per questo perfettamente visibile nelle sue componenti.
Parliamo di New York, New York l’installazione di un computer desk, della nota azienda statunitense che produce sistemi operativi, e sviscerato nelle sue parti di cui ben si distingue un monitor, la cui scheda grafica è stata sacrificata come tutto il resto nell’operazione di outcoming. Le opere che seguono sono le ceramiche realizzate in Messico riutilizzando prodotti di scarto; anche quì un assemblaggio di materiali, un aggregato, stavolta non in senso lato ma definito nell’impiego della sostanza che compone l’opera, una materia variopinta e composita, resa maggiormente suggestiva dalla luce riflessa dai vetri della veranda che le ospita e che si affaccia sul golfo della città. Le ceramiche sono inoltre adagiate sui contenitori in legno utilizzati per il trasporto ma che in realtà costituiscono un elemento distintivo dell’arte di Beshty, così come lo sono le Fedex Boxes il cui contenuto rivelerebbe i segni di un’alterazione dovuta ad incidenti accaduti durante le procedure di trasporto. In realtà non è difficile capire che quei segni altro non rivelano che il tratto distintivo dell’artista londinese le cui opere si definiscono in un paradigma non avulso dal contesto spazio-tempo in cui esse vanno a collocarsi.
L’opera declinata nelle sue parti costitutive ed al contempo l’opera come parte di qualcos’altro: nella poetica di Beshty non v’è quindi soluzione di continuità e non vi è altro modo di rappresentarla che nell’insieme, cioè nel tutto e nel suo zooming che tradisce una semplicità quasi mai percepibile in superficie. L’esposizione resta aperta al pubblico fino alla data del 22 dicembre 2018.