I-Days 2018 @ Rho (MI)
Lo scorso 24 giugno si è concluso l’Indipendent Days Festival, più semplicemente noto come I-Days Festival. L’evento musicale, della durata complessiva di quattro giorni, si è svolto presso l’Area Expo Experience di Rho Fiera Milano ed ha richiamato nomi di prestigio quali Killers, Liam Gallagher, Richard Ashcroft, Eddie Vedder, Queens of The Stone Age. La redazione di Scene Contemporanee ha partecipato alle esibizioni live di Ride, Placebo, Noel Gallagher e i suoi High Flying Birds svoltesi il terzo giorno.
Come da calendario, alle 18:30 in punto, sotto un sole ancora cocente, i Ride sono saliti sul palco dell’ I-Days. Gli spettatori, di numero ancora esiguo, hanno seguito la performance della durata di circa un’ora prima dell’arrivo degli attesissimi Placebo. Poco noti al grande pubblico adolescenziale degli anni 2000 (l’età media, infatti, oscilla tra i 25 e i 30), i Ride, gruppo britannico di rock alternativo con venature shoegaze, hanno in realtà una storia musicale interrelata a quella degli Oasis: Andy Bell, infatti, voce e chitarra dei Ride, che ha fatto parte del gruppo dal 1988 fino al primo scioglimento avvenuto nel 1996, è stato in seguito bassista degli Oasis nel decennio 1999-2009, prima che questi ultimi si sciogliessero. La reunion dei Ride, datata 2014, ha favorito la nascita di Weather Diaries, disco del 2017 pubblicato a ben 21 anni di distanza dal precedente, ri-arrangiato dal vivo anche in occasione dell’I-Days.
Alle 19:30 circa Brian Molko e Stefan Olsdal, ovvero la storica band Placebo, cominciano l’esibizione: a partire da questo momento e per tutta la durata del Festival, l’atmosfera sarà personalmente permeata da una forma di “vitale nostalgia”: sono passati 20 anni da Without You I’m Nothing – disco nel quale è contenuta la celebre Pure Morning, con cui i Placebo hanno aperto la performance milanese, 18 anni da Black Market Music – album divenuto famoso per il pezzo Special K, che ha “infuocato” la folla e 15 anni da Sleeping With Ghosts, disco grazie al quale i Placebo hanno solidificato il loro talento (Special Needs, Protect Me from What I Want, presenti in scaletta). La band britannica rispolvera quasi tutto il suo repertorio, ma per buona parte del tempo resta ancorata ad una forma live didascalica, “carburando” soltanto sul finale in concomitanza con un plauso decisamente più caloroso e un tributo ai The Cure (Let’s go to bed).
Tra la fine del concerto dei Placebo e l’inizio di quello di Noel Gallagher, trascorre circa un’ora durante la quale si diffonde l’anelito di aggregazione che contrassegna, più di ogni altra dimensione, quella propria dei grandi concerti.
Poco dopo le 21:30 un Noel in forma smagliante fa il suo ingresso sul palco. Ad accompagnarlo gli High Flying Birds, “collettivo” musicale fondato da Gallagher nel 2010, ovvero poco dopo lo scioglimento degli Oasis. L’artista inglese apre il concerto con pezzi tratti dall’ultimo album pubblicato con i suoi HFB – Who Built The Moon? e, sull’onta di un’ideologia decisamente lontana da quella laburista sviluppata durante il lungo percorso con gli Oasis, Gallagher inneggia alle utopie progressiste presenti in Holy Mountain e It’s a Beautiful World; se sulle prime il pubblico potrebbe sembrare “sordo” ai richiami del “nuovo” Gallagher, si evince tuttavia buona ricettività quando sul palco sale una corista che, insieme a Gallagher, intona The Right Stuff, canzone tratta da Chasing Yesterday (2015), supportata da mirabili fiati. Eppure per testare con mano l’encomiabile fusione tra l’artista e i fan, bisogna aspettare che Noel imbracci la sua chitarra acustica per ri-arrangiare i vecchi successi degli Oasis: sovrastato dalle voci di un coro armonico ed esaltato, Gallagher riporta in vita “inni” imprescindibili della mia adolescenza, Wonderwall, Don’t Look Back in Anger, Go Let It Out, Little by Little.
“È una festa, la vita” avrebbe chiosato Marcello Mastroianni. “All You Need Is Love” conclude, per tutta risposta, Gallagher, trascinando con sé un pubblico oramai invasato e semplicemente felice.