Teatro di Roma – Compagnia Lombardi Tiezzi // Antigone
Un classico ha sempre qualcosa da dire, da insegnare, da ricordare a qualsiasi epoca successiva, che sia anche solo un’emozione, un’ispirazione, un’idea. È la ragione per cui i “classici” sono chiamati così, e Antigone di Sofocle non potrebbe da meno rispetto a questa norma non scritta. Antigone, figlia dell’amore incestuoso tra Edipo e Giocasta, sacrifica la sua vita per assicurare gli onori funebri al fratello Polinice scontrandosi con la legge rappresentata dal re di Tebe Creonte, che per motivi politici non vuole concederli. Accanto a Medea, Antigone è il personaggio più rivoluzionario della mitologia antica greca: il simbolo dell’emancipazione femminile, della lotta tra padri e figli, tra legge umana e divina, tra legge della famiglia e legge di Stato.
Dopo aver già allestito nel 2004 un Antigone da Bertolt Brecht, Federico Tiezzi torna al mito attraverso la fonte di Sofocle, con l’omonimo spettacolo in scena fino al 29 marzo al Teatro Argentina, coproduzione del Teatro di Roma insieme alla Compagnia Lombardi Tiezzi. Rispetto al precedente tedesco del 1947 con cui si era confrontato, Tiezzi sceglie ora di spegnere qualsiasi potenziale legame con l’attualità – proprio oggi che sarebbe auspicabile un ritorno alle ideologie, alla lotta per degli ideali? – concentrandosi sul dramma familiare, come se non ci fosse altro spazio nella tragedia se non per una rappresentazione pacificamente rassegnata della morte. Attorno alla morte ruota, infatti, la sua visionaria regia, che ambienta gran parte della vicenda all’interno di una sorta di monumentale obitorio, con ossa e scheletri in bella mostra come manichini, forse perché Antigone per un fratello morto perde ogni cosa: gioventù, bellezza, vita.
Sarà l’ambientazione funerea, ma lo spettacolo risente di una certa gravità, di una lentezza vecchia maniera, da teatro ottocentesco, impressione dovuta a una scarsa mobilità degli attori sul palco, menzione a parte per i protagonisti: la brava – tuttavia non particolarmente valorizzata nelle sue doti interpretative – Lucrezia Guidone, Sandro Lombardi nei panni di Creonte, autentico nella sua regalità, e Federica Rosellini, candida e dolce Ismene per la prima volta, forse, di peso nella drammaturgia accanto alla sorella Antigone.
I temi potenzialmente attuali invocati dal testo sembrano disperdersi e nascondersi dietro l’accentuazione degli elementi religiosi e spirituali: gli interpreti recitano in modo solenne, la scena mostra linee che diventano croci di luce (scene di Gregorio Zurla; luci di Gianni Pollini), i costumi (di Giovanna Buzzi) si trasformano in morbidi abiti religiosi di foggia orientale, la musica si fa invadente come un accompagnamento liturgico.
Questo spettacolo è una questione di “credo”, metafora incarnata dalla figura del messaggero-fool, un vigoroso Annibale Pavone che cita il cunto di Davide Enia, e che sa di dire una scomoda verità ma non viene creduto; e purtroppo, a questa regia di Antigone, spenta anche se piena di luce, ricurva su se stessa come non siamo abituati a vedere il teatro diretto da Federico Tiezzi, si fa un po’ fatica a credere, soprattutto in seguito alla visione del suo meraviglioso La signorina Else, dove pure era protagonista una straordinaria Lucrezia Guidone e con cui non sarebbe difficile tracciare dei parallelismi.
Visto al Teatro Argentina, Roma, l’8 marzo 2018
ANTIGONE
di Sofocle
traduzione Simone Beta
adattamento e drammaturgia Sandro Lombardi, Fabrizio Sinisi e Federico Tiezzi
regia Federico Tiezzi
con Ivan Alovisio, Marco Brinzi, Carla Chiarelli, Lucrezia Guidone, Lorenzo Lavia, Sandro Lombardi
Francesca Mazza, Annibale Pavone, Federica Rosellini, Luca Tanganelli, Josafat Vagni, Massimo Verdastro
e con Francesca Benedetti
scene Gregorio Zurla
costumi Giovanna Buzzi
luci Gianni Pollini
canto e composizione dei cori Francesca Della Monica
movimenti coreografici Raffaella Giordano
assistente alla regia Giovanni Scandella
coproduzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Compagnia Lombardi Tiezzi
si ringrazia per la collaborazione il Comune di Spoleto e per il cunto Davide Enia