“Parto” di Eva Gaudenzi: quando una tempesta inaspettata conduce a una vita da scoprire
Che ne direbbero i benpensanti se la gravidanza che si presenta all’improvviso venisse raccontata come un’esperienza brutale, una tempesta tutt’altro che desiderata? Sembra questa la domanda al centro di Parto di Eva Gaudenzi, spettacolo andato in scena in anteprima assoluta al Teatro Studio Uno di Roma lo scorso 22 febbraio.
La Gaudenzi scrive, dirige e interpreta un monologo incentrato sulla gravidanza. Quest’esperienza, dapprima grande sogno della coppia, si rivela in seguito un evento tanto inaspettato quanto traumatico.
Dopo la sorpresa, lo sconforto e i dubbi, però, l’accettazione. Iniziano così nove mesi fra consigli e insegnamenti altrui, pratiche discutibili e numerose difficoltà, che tradiscono una solitudine e una confusione tali da domandarsi: “perché sottoporsi a tutto questo?”. Prima che si venga messi in croce per una legittima, anche se cruda, presa di distanza dalla maternità, arriva il carro delle emozioni più sublimi, quasi inconsce, naturali, che come un deus ex machina interiore ristabilisce l’ordine dei pensieri.
Eva Gaudenzi, infatti, costruisce una trama narrativa in continua crescita e, nel breve tempo di un monologo teatrale, compie un viaggio senza ritorno che conduce lo spettatore alla scoperta della più incredibile e burrascosa delle avventure femminili. E in effetti la metafora dell’onda e della navigazione predomina, conferendo di fatto maggiore forza al duplice senso del titolo della pièce, ricordandoci che il nuovo e l’inaspettato, prima ancora di attrarre, spaventano.
Analizzandola molto ironicamente, l’attrice riporta l’esperienza della gestazione e del parto, che, se da un lato tradisce l’ispirazione a un vissuto esclusivamente personale, dall’altro, però, sembra appellarsi a un ricordo collettivo, condiviso da generazioni di madri a priori naturalmente ignare e impreparate a ciò che comporterà la gravidanza.
La Gaudenzi esaspera questo ricordo attraverso numerosi luoghi comuni, giocando con i pochissimi elementi che porta in scena con sé – una palla da fitness e una sedia – e servendosi di una comicità dinamica, a tratti forse troppo “televisiva”, ma comunque, nella sua leggerezza, coinvolgente e comunicativa.
Lo spettacolo, vincitore nel 2017 della rassegna ‘Pillole #tuttoin12minuti’, rivela sicuramente le buone doti interpretative dell’attrice, ma anche un’accuratezza e puntualità registica nell’uso dello spazio. Convincono molto, inoltre, l’apporto delle luci a firma di Rocco Giordano e le scelte musicali grazie alla consulenza di Stefano Switala. Un equipaggio affiatato, dunque, quello di Parto, che raggiunge senza troppa fatica il porto, lasciando al futuro la guida verso eventuali crescite e possibilità dello spettacolo così come, in scena, in una sorta di time-lapse, è solamente abbozzato il tempo seguente, quello della crescita, dei giochi, delle conquiste e del rapporto madre-figlio; perché la quiete, quella che abitualmente viene dopo la tempesta, assomiglia tutta alla gioia da scoprire vivendo.