Sparks – Hippopotamus
Hippopotamus è il venticinquesimo disco degli Sparks, il cui storico musicale ha attraversato finora almeno tre generazioni (l’esordio risale agli anni ’70). Oggi il duo Ron/Russell Mael punta al virtuosismo senza eccessi, non teme avversioni, si mette in discussione senza prendersi sul serio.
Questo intento è chiaro fin dalla copertina dell’album: gli occhi maliziosi di un ippopotamo spuntano da una piscina sul fondo della quale campeggiano i due musicisti vestiti eccentricamente, fedeli alla linea glam rock che li ha sempre contraddistinti. Infatti nel pezzo omonimo, caratterizzato da una certa eleganza pop rock, con atteggiamento canzonatorio si chiedono: “How did it get there (…) there’s a hippopotamus in my pool”. Il bagaglio si riempie delle più disparate suggestioni: da un lato l’allegria simil-beatlesiana (Scandinavian Design, I Wish You Were Fun), coadiuvata da cori (finanche buffi “lalalala”); dall’altro il tono derisorio di Giddy Giddy, in cui si mal sopporta una stressante e ossessiva ridondanza ritmica, scandita a più (anzi, a troppe!) riprese dalla ripetizione del ritornello “siamo noiosi, sconcertati, sconcertanti”.
Nel corso dell’ascolto la geometria musicale si arricchisce di motivi prog (Probably Nothing e Missionary Position) che rafforzano il tessuto melodico, fino a raggiungere livelli più che soddisfacenti in Edith Piaf (Said It Better Than Me), un beffardo rovesciamento del romanticismo francese “Edith Piaf said it better than me/Je ne regrette rien/Pretty song, but not intended for me//Edith Piaf l’ha detto meglio di me/non mi dispiace niente/una canzone carina, ma non adatta a me”. Il duo statunitense ravviva la sua anima glitter in What The Hell Is The Time e Unaware, mentre sperimentazioni sinfoniche caratterizzano So Tell Me Mrs. Lincoln Aside From That How Was the Play?, che ammicca e sottintende, preannunciando all’ascoltatore un finale in ascesa: Life With The Macbeths, probabilmente la più bella del disco, è la chiusa lirica e solenne, lugubre per la scelta del suddetto personaggio shakesperiano, di cui viene raccontata la tragica vicenda “Ambition leads to murder, a royal reign of terror//L’ambizione conduce all’omicidio, un regno reale di terrore”.
L’insolenza e l’irriverenza della band rende questo disco intrigante e affascinante, nonostante si ravvisi una certa insipienza psichedelica propria dei precedenti lavori. Tuttavia gli Sparks riconfermano la loro unicità nel panorama della musica glam.