“Parade” e “Pulcinella” al Teatro Grande di Pompei per una serata che riporta in scena il Picasso scenografo e costumista
Assistere al balletto “Parade” nel 2017 deve essere un’esperienza molto simile a quella che è stata l’assistere al balletto “Parade” nel 1917. Cent’anni di genialità riassunte in una provocazione e l’unica differenza nella reazione del pubblico (offeso e irato all’epoca, divertito e plaudente oggi) è diretta conseguenza del tempo intercorso, passato a metabolizzarne gli spunti tuttavia non ancora compresi a pieno.
Perché, soprattutto in Italia, il repertorio classico dei grandi teatri tende sempre ad essere ripetitivo e fedele all’idea canonica di “balletto” (che poi sarebbe quello romantico), e così i cartelloni abbondano di Belle Addormentate, Schiaccianoci e Giuliette, e le rassegne estive di Gala con i passi a due di Corsari e Don Chisciotte. “Parade” dunque, nonostante il suo secolo di vita, è praticamente un giovincello che, per essere rispolverato come di dovere, ha dovuto aspettare i festeggiamenti del centenario (fatte salve sporadiche e disorganiche apparizioni per bontà di direzioni illuminate).
E così, a margine di un Luglio che ha portato con sé la conclusione della mostra al Museo di Capodimonte e nell’Antiquarium degli Scavi di Pompei, “Picasso a Napoli: Parade”, al Teatro Antico del Parco Archeologico della storica cittadina è in scena dal 27 al 29 Luglio un “Parade” finalmente danzato, interpretato dai solisti del Teatro dell’Opera di Roma, in una serata tutta dedicata alle creazioni che il pittore spagnolo ha concepito per l’arte tersicorea e il lavoro coreografico di Lèonide Massine.
Il palco moderno, montato nella cornice degli scavi antichi, è un po’ straniante. Muri secolari al posto delle quinte – soprattutto di quelle di solito sistemate a ingresso dal fondale – si rivelano tra l’asimmetrica scenografia futurista e accolgono in scena i danzatori negli sgargianti e complessi costumi fedeli all’idea picassiana.
L’impatto dei manager, il cui abito – com’è risaputo – è più un ulteriore elemento scenografico che un vestito vero e proprio, è sempre forte, così come la precisione dei due abitanti del “cavallo” – Andrea D’Ottavio e Luigi Corrado – che si prodiga in giochi “a due zampe” ed inchini al pubblico senza alcun accompagnamento musicale. Le coreografie riprese da Lorca Massine su quelle originali del padre tengono fede alla promessa del titolo: “Parade” è una sfilata, scambiata per lo spettacolo in sé, e che per questo decreterà il fallimento dei sogni dei due impresari. I danzatori, dunque, “sfilano” e mostrano il loro personaggio, in sequenze coreografiche in cui a spiccare non saranno certo le difficoltà tecniche (non è questo il caso e, soprattutto, non per danzatori di quel livello) ma le qualità espressive. “Parade” si basa su un inganno dichiarato ed è anche ciò che è richiesto ai solisti: convincete il pubblico di ciò che siete, nei pochi minuti che la musica di Erik Satie mette a disposizione per ognuno di voi. Nonostante la pregevole interpretazione di tutti, a spiccare è Manuel Paruccini nel prestidigitatore cinese: morbido, convinto, affabulatore.
Pochi minuti per sostituire ai palazzi color avorio delle quinte esterne il cielo azzurro abitato dalle nuvole, e la seconda parte della serata è pronta ad avere inizio.
“Pulcinella” (titolo con cui è conosciuto al grande pubblico il balletto in realtà intitolato “Ballet avec chant – Pulchinella”) fu un’operazione ruffiana già all’epoca della prima messa inscena. Il quartetto Diaghilev-Massine-Picasso-Stravinskij era assai funzionale e, soprattutto l’imprenditore, era a conoscenza dell’amore che Napoli ha sempre provato per le poetiche rappresentazioni di se stessa. Ecco perché la riproposizione del titolo in una serata che omaggia il lavoro di Picasso nel capoluogo partenopeo è praticamente dovuta e, con l’aggiunta ai solisti del Teatro dell’Opera di Roma di giovani pulcinellini locali (allievi della scuola di danza “Lyceum” di Mara Fusco), la strizzata d’occhio è completamente riuscita. Il balletto, com’è noto, racconta del pluricorteggiato Pulcinella che risveglia perciò le gelosie della sua Pimpinella e la rivalità di Caviello e Florindo, innamorati di Rosetta e Prudenza. Fintosi morto dopo un conflitto con i due ragazzi, verrà “resuscitato” da un mago, ovvero il suo amico Furbo, “pulcinelladdobbato” anch’egli. Durante la prima replica, però, l’accidentale caduta del cappello del Mago-Furbo al momento sbagliato ha impedito un disvelamento più “teatrale” e la scelta (Economica? Logistica?) di una rappresentazione con musiche registrate al posto di orchestra e coro dal vivo ha privato la rappresentazione di buona parte dell’atmosfera che necessita questa produzione ballettistica per essere apprezzata al meglio: la napoletanità dei canti.
Nel complesso, un’esecuzione sufficiente con picchi di eccellenza (soprattutto nella Pimpinella di Rebecca Bianchi) ma che non entusiasma, soprattutto gli amanti di titoli più complessi o della Commedia dell’Arte pura. Ma una serata dedicata al Picasso incursore nel mondo nella danza quando potrà ricapitare, soprattutto al Sud Italia, prima dei prossimi 100 anni? L’evento straordinario (ahimè) rende indulgenti e invita alla partecipazione.
Altro
- Riferimenti: Parade Balletto in un atto Musica Erik Satie Coreografia Léonide Massine Ripresa da Lorca Massine Assistente coreografo Anna Krzyskow Scene Pablo Picasso ricostruite da Maurizio Varamo Costumi Pablo Picasso ricostruiti da Anna Biagiotti Luci Mario De Amicis Pulcinella Balletto in un atto Musica Igor Stravinskij Coreografia Léonide Massine Ripresa da Lorca Massine Assistenti coreografo Anna Krzyskow e Manuel Paruccini Scene Pablo Picasso ricostruite da Maurizio Varamo Costumi Pablo Picasso ricostruiti da Anna Biagiotti Luci Mario De Amicis Interpreti Rebecca Bianchi, Claudio Cocino, Manuel Paruccini Primi Ballerini, Solisti e Corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma con la partecipazione degli allievi del Lyceum di Mara Fusco Allestimento del Teatro dell’Opera di Roma Musiche su base registrata