Presentazione de “L’Agenda Ritrovata. Sette racconti per Paolo Borsellino”
A venticinque anni dalla strage di via d’Amelio in cui venne ammazzato il giudice Paolo Borsellino insieme alla sua scorta, l’eco dell’eccidio si fa più forte e si allunga per tutta l’estensione della penisola. Numerose infatti sono le iniziative nate dietro la necessità di ricordare quella che può probabilmente essere annoverata come la pagina più triste nella storia italiana degli ultimi anni.
Tra i tanti eventi commemorativi che si sono succeduti il 23 maggio per ricordare il giudice Giovanni Falcone e quelli che vi saranno il 19 luglio per l’anniversario della scomparsa di Paolo Borsellino, ce n’è uno che si distingue per valenza metaforica e per originalità.
Parliamo dell’iniziativa dell’associazione culturale “L’ora blu” che ha sede a Bollate nel milanese.
Per commemorare il venticinquesimo anniversario della morte di Borsellino, alcuni membri dell’associazione hanno deciso di partitre alla volta di Palermo in sella ad una bicicletta. “L’agenda ritrovata”, (questo il nome dell’iniziativa ) è dunque una ciclostaffetta itinerante che, partita il 25 giugno da Milano, percorrerà tutta Italia fino a giungere a Palermo dove, il 19 luglio, attraverso un gesto simbolico ma fortemente significativo,verrà consegnata un’agenda rossa (come quella che le cronache vogliono quasi certamente sottratta al giudice il giorno della strage) nelle mani di Salvatore Borsellino, fratello di Paolo.
Durante il lungo viaggio l’agenda fa tappa in diverse città e raccoglie firme, messaggi, dediche, che “prenderanno metaforicamente il posto” degli appunti, dei nomi e delle rivelazioni che il giudice palermitano custodiva gelosamente nel taccuino tanto da portarlo sempre con se’. L’agenda simbolica inoltre, insieme ai maratoneti che da miglia e miglia pedalano con essa, è stata e continuerà ad essere accolta da dibattiti, proiezioni, concerti, ma anche dalla presentazione del progetto editoriale che accompagna l’iniziativa.
Si tratta di una raccolta di sette racconti affidata a scrittori e giornalisti italiani e che sta facendo tappa nelle librerie Feltrinelli di tutta Italia dove gli autori, insieme ai protagonisti della ciclo-staffetta, incontrano il pubblico. Il giorno 6 luglio è la volta di Napoli.
Scoraggiati probabilmente dalle alte temperature che si registrano nel capoluogo partenopeo, insieme allo sciopero dei mezzi pubblici previsto per la stessa giornata, poche persone riescono a prendere parte all’incontro con gli autori, ma ciò non impedisce ai presenti di partecipare attivamente al dibattito che si sviluppa intorno all’introduzione del libro. Così, la benchè ampia sala della libreria Feltrinelli di Piazza dei Martiri, dove viene ospitata la presentazione, prende le sembianze di un piccolo salotto dove ha luogo un incontro riservato a pochi intimi.
Alla tappa di Napoli sono presenti gli scrittori Diego De Silva, Alessandro Leogrande e Gioacchino Criaco, tre dei sette autori dell’antologia di racconti.
E’ Diego De Silva ad introdurre l’incontro e lo fa ponendo immediatamente l’accento sull’ampia libertà che i curatori dell’opera, Gianni Biondillo e Marco Balzano, hanno lasciato agli autori senza alcuna pretesa che quelle raccontate fossero storie “di mafia”o che seguissero una traccia precisa ma permettendo, al contrario, che esse assumessero declinazioni diverse pur rimanendo legate dal filo rosso dell’agenda.
Leogrande invece, richiama l’attenzione sulle connotazioni linguistiche e sul più alto livello dei discorsi della politica negli anni delle stragi. Il suo racconto infatti, si snoda intorno alla storia di un giornalista che decide di incontrare un “dinosauro” della vecchia Repubblica e la narrazione lascia emergere le peculiarità di un linguaggio che, sebbene ipocrita, come sottolinea lo stesso autore, assume un’articolazione complessa ed una profondità che oggi risulterebbe incomprensibile a molti. “Da lì – aggiunge Leogrande – il declinio delle relazioni sociali, politiche ed etiche della nostra società; gli equilibri distorti degli anni ’90, sostiene, sono stati fortemente determinanti per l’Italia che ci ritroviamo.”
Della stessa opinione sembra essere De Silva che aggiunge “la politica di quell’epoca era almeno capace di mettersi all’altezza di ciò che succedeva” portando a testimonianza le parole del giudice Caponnetto che, arrivato in Sicilia all’indomani delle stragi esclama “E’ finito tutto!” iscrivendo in questo modo il martirio dei due giudici antimafia in un contesto di profondo scoramento.
L’ultimo ad intervenire tra i tre autori presenti è lo scrittore Gioacchino Criaco che esordisce col raccontare del suo personale approccio al racconto, un approccio dettato innanzitutto dalla necessità di “umanizzare” i corpi delle vittime della strage ma anche dal dare un nome ai responsabili. Egli sostiene, infatti, di aver avvertito l’esigenza di dare, all’interno del suo racconto, un volto agli esecutori dell’atto criminale ma di non aver potuto agire allo stesso modo nei confronti delle istituzioni responsabili. Criaco opera poi una riduzione in scala, in termini di risonanza dei fatti, quando paragona il racconto dell’eccidio ad uno dei numerosi reati legati alla criminalità organizzata ed avvenuti anni addietro nella sua terra, la Calabria. Egli racconta ad esempio di quando, tra gli anni 1970 e 1977, vi fu una rivolta dei giovani del territorio contro la ndrangheta che per la maggiorparte di essi era rappresentata dagli stessi membri della propria famiglia, zii,padri, nonni, e di come lo Stato, nella veste delle istituzioni e dei rappresentanti politici del tempo, aveva operato numerosi tentativi di mantenere lo status quo vanificando in tal modo gli sforzi dei giovani anarchici. “In questi termini – conclude Criaco – il contesto legato all’eccidio dei due magistrati siciliani non ha apportato alcun elemento di novità”.
Arrivano intanto, avanzando dal fondo della sala, i maratoneti protagonisti dell’iniziativa. T-shirt rossa ed aspetto determinato benchè visibile la fatica della loro impresa, i ciclisti della staffetta sembrano essere la risposta in carne ed ossa all’assenza in sala delle istituzioni e dei rappresentanti della politica come sottolineato dallo stesso Criaco che esclama “La gente normale ci tiene a galla!”.
Prima di prendere la parola però, uno di essi ci tiene a far presente che il team ha ricevuto la visita e l’incoraggiamento del sindaco di Napoli ed ex magistrato Luigi De Magistris, poi continua col presentare il progetto dell’ “agenda ritrovata” come un’opera dal basso, proveniente cioè dalla presa di coscienza e dalla determinazione di una buona fetta della società civile le cui intenzioni non sono solo quelle di ricordare quanto accaduto ma anche di restituire nelle mani di Salvatore Borsellino, e della società italiana intera, in particolare delle giovani generazioni, ciò che probabilmente non potrà mai più tornare indietro, una verità che una volta scippata dalle mani della giustizia farà fatica a riemergere tutta intera.
Nessuno sa chi, dove e quando potrà restituire l’agenda del giudice Borsellino, in venticinque anni non sono mai state date risposte a queste domande. “L’agenda ritrovata” vuole saldare questo debito in maniera metaforica ma certamente significativa perchè fino al 19 luglio, giorno di conclusione della staffetta ed anniversario della strage, sarà passata tra le mani di migliaia di italiani che nel toccarla, firmarla, riempirla avranno voluto dare il proprio contributo in termini di partecipazione alla richiesta di verità che il Paese intero da anni invoca.