Sangue
Controverso, ma forse proprio per questo ancor più sentito, l’ultimo documentario di Pippo Delbono, Sangue, racconto d’un amico scarcerato ed una madre moribonda.
Nella carriera di ogni artista arriva il momento in cui è necessario fare una scelta: decidere di raggiungere un facile successo, costruito grazie a prodotti commerciali e di facile fruibilità, oppure utilizzare i propri spettacoli e film per smuovere le coscienze e fornire allo persone spunti di riflessione. Pippo Delbono, regista teatrale e cinematografico, ha senza dubbio deciso di intraprendere questa seconda strada come conferma il suo ultimo documentario, Sangue. Film presentato e premiato all’ultimo Festival di Locarno, non senza generare un enorme vespaio di polemiche per la scelta di dare voce e spazio al suo amico Giovanni Senzani, ex-membro delle Brigate Rosse, e di riprendere la morte della madre. Un’opera che sconvolge e lascia trasparire emozioni forti da ogni inquadratura, realizzata con l’ausilio di un telefono cellulare come nel precedente Amore Carne.
Il film si apre con una panoramica su L’Aquila, città che dopo il terremoto è rimasta abbandonata al suo destino, orfana nonostante le tante promesse da parte dei politici. Una condizione paragonabile a quella dello stesso regista e del suo amico Giovanni ai quali vengono a mancare rispettivamente la madre e la moglie, Anna. Il loro è un incontro volto a scardinare le menzogne, l’ipocrisia di una società che cerca di occultare, nascondere sotto il tappeto argomenti ritenuti scomodi come gli anni di piombo e la morte. Due percorsi portati sullo schermo senza alcuni filtro e con grande realismo in nome della ricerca di verità e del racconto della vita attraverso un’esperienza di morte. Diventano di conseguenza estremamente funzionali e coerenti sequenze controverse come la tragica scomparsa della madre sul letto di ospedale e il racconto da parte di Senziani del rapimento dell’omicidio di Roberto Peci (cugino di un pentito dell BR) nelle quali i protagonisti mettono da parte qualsiasi tipo di maschera e decidono di vivere in pieni le loro esperienze negative.
Quello di riprendere viene definito da Delbono come un bisogno per non farsi trafiggere da quel dolore enorme ed è proprio per questo che risulta quanto mai indovinata la scelta di giare le parti più delicate con il cellulare che da strumento di moda si trasforma in un veicolo attraverso il quale trasmettere un messaggio profondo, una vera e propria protesi del corpo al quale non si può mentire e nascondere nulla.
Dettagli
- Titolo originale: Id.
- Regia: Pippo Delbono
- Fotografia: Fabrice Aragno, Pippo Delbono
- Musiche: Camille, Stefan Eicher, Victor Deme
- Cast: Pippo Delbono, Giovanni Senzani
- Sceneggiatura: Pippo Delbono