Ruggero Cappuccio // Circus Don Chisciotte
Prodotto dal Teatro Stabile di Napoli per la regia di Ruggero Cappuccio che ne firma anche la drammaturgia, lo spettacolo Circus Don Chisciotte è un invito alla riflessione, ad una riappropriazione di tutto quanto l’essere umano abbia potuto perdere nella corrosione dell’era digitale, dell’informazione accessibile a tutti eppur, al contempo, della non conoscenza.
Una lode alla parola e alla lingua italiana che Cappuccio, abile tessitore di trame linguistiche, riesce sapientemente a mescolare con il dialetto napoletano, veneto, siciliano in un atto unico, costruendo una musicalità scandita sin dal contrappunto delle battute iniziali scambiate con Salvo, personaggio interpretato da un brillante Roberto Esposito, che lo accompagnerà per l’intera rappresentazione.
Questa rivisitazione del “Don Chisciotte” risulta uno spettacolo variopinto non soltanto dal punto di vista linguistico ma anche nei costumi di scena dalle tinte circensi che ben si stagliano sulla cupa scenografia da binario in disuso sul cui fondo si erge polverosa una lapide che fa esplicito richiamo all’Istituto di studi filosofici Gian Battista Vico. La recente storia dell’Istituto napoletano viene infatti ricordata dallo stesso autore, che stavolta possiamo anche apprezzare come interprete nei panni del protagonista “Michele Cervante”.
Il Professor Cervante, (sedicente discendente del Cervantes autore di “Don Chisciotte”) abitato dall’amore per la letteratura e nostalgico custode di essa, vagabonda portandosi dietro un sacco con dei libri e fa dono della sua cultura a personaggi grotteschi coi quali interagisce in uno spazio scenico al limite del surreale.
Numerosi i richiami alla letteratura classica e contemporanea sia nei testi che nella scenografia, quest’ultima nata dalle mani di Nicola Rubertelli. Si pensi ad esempio all’immagine del tuffatore, icona della cultura ellenica custodita nel museo di Paestum ed impressa sulla facciata di uno dei vagoni di quello che, non a caso, è stato rappresentato come un binario morto; ma anche allo stesso “ronzinante” del romanzo di Cervantes che qui diventa veicolo d’acciaio a rotelle.
La pièce difatti segue in maniera abbastanza lineare il racconto del classico dell’autore spagnolo, non tanto nello svolgersi della trama quanto piuttosto nelle intenzioni che hanno spinto la mano di Cervantes a delineare la figura di Don Chisciotte. Il personaggio del drammaturgo napoletano in altre parole incarna gli ideali di giustizia del cavaliere del Seicento e proprio come quest’ultimo cade sotto la malìa provocata dall’ incanto delle lettere fino ad obliarne la ragione.
Eppure non è difficile per lo spettatore capire che la ragione “aggiornata” al significato più contemporaneo del termine non è altro che una coltre fatta di dimenticanza e menzogna, è la sospensione dell’essere da qualsiasi prerogativa relativa all’umano e questo Cappuccio lo sa perchè dà vita al suo circus di personaggi bizarri, ipermetropi del sentire, persone una volta allineate nel proprio contesto sociale per poi deragliarne ai margini. Quì essi si ritrovano e inevitabilmente si riconoscono nella loro purezza che è quasi il candore di un mondo fantastico e visionario ed insieme cercano la rivoluzione “per dare alla parola la dignità che merita” costruendo ponti di libri e isole rifugio.
In maniera corale i personaggi interpretati da Giulio Cancelli, Ciro Damiano, Gea Martire e Marina Sorrenti scandiscono i ritmi dell’atto unico con un’orditura di dialetti diversi, ed insieme condensano sulla scena l’immagine del potere evocativo e salvifico della letteratura.
Il finale però non è una marcia trionfale, lo strappo non viene rammendato e lo spettatore viene disarmato dalla quantomai lucida constatazione del fatto che per nascere “basta fare un passo” in direzione della riappropriazione di un nuovo umanesimo, nulla di più semplice, per cui “un libro si scrive ogni volta da capo quando ogni volta lo si legge con amore”. Così i toni goliardici del circus si spengono in un finale dal retrogusto un po’ amaro ma al contempo pregno di possibilità, di meccanismi da riattivare, di terreni aridi da smuovere a mani nude. In questo modo l’autore consegna al pubblico la fotografia dei nostri tempi che sono anche quelli di Cervantes che col suo romanzo volle denunciare la sua epoca caratterizzata dal materialismo e dal tramonto degli ideali.
Nel presentare al pubblico la figura di Michele Cervante, Ruggero Cappuccio ha voluto anche ricordare la persona di Gerardo Marotta, l’avvocato e filosofo napoletano recentemente scomparso e che negli ultimi anni della sua vita si è battutto con determinazione per la riapertura dell’Istituto pergli studi filosofici Gian Battista Vico, un Don Chisciotte dei nostri tempi che si spera abbia potuto lasciare al suo seguito una schiera di cavalieri a continuare la sua battaglia.
Una menzione particolare va fatta per le luci che, sapientemente dosate dalla regia di Nadia Baldi, hanno edulcorato la scena carezzandola con la delicatezza propria di un mondo immaginario fino a regalarci tonalità seppia sul finale come a rappresentare la fotografia di un tempo andato ma che fa il giro della storia e poi ritorna per essere ancora incredibilmente attuale.
Dettagli
- Titolo originale: Circus Don Chisciotte
- Regia: Ruggero Cappuccio
- Anno di Uscita: 2017
- Musiche: Marco Betta
- Costumi: Carlo Poggioli
- Produzione: Teatro Stabile di Napoli – Teatro Nazionale
- Cast: Ruggero Cappuccio, Giovanni Esposito, Giulio Cancelli, Ciro Damiano, Gea Martire, Marina Sorrenti
Altro
- Testo: Ruggero Cappuccio
- Scene: Nicola Rubertelli
- Disegno Luci e Aiuto Regia: Nadia Baldi
- Assistente Scenografo: Fabio Marroncelli
- Assistente Costumi: Maria Carcuro
- Direttore di Scena: Errico Quagliozzi
- Macchinisti: Gigi Sabatino, Enzo Palmieri
- Capoelettricista: Angelo Grieco
- Elettricista: Pasquale Piccolo
- Attrezzista: Mauro Rea
- Sarta: Simona Fraterno
- Fonico: Daniele Piscicelli
- Foto di Scena: Marco Ghidelli
- Visto il: Sabato, 25 Marzo 2017
- Visto al: Teatro San Ferdinando