In ogni Festival che si rispetti, che sia di cinema, musica, arte o qualsiasi cosa vogliate, non può mancare quell’elemento di disturbo di cui quasi tutti parlano male, ma che comunque proprio tutti vanno ad esaminare con un moto di curiosità mal celato. Venezia 70 non è certo da meno e il tanto chiacchierato The Canyons funge da elemento esplicativo amplificato all’ennesima potenza. Da giorni se ne parlava come un filmetto osceno, con un divo del porno come protagonista… poca roba, insomma. Ma sistematicamente, ogni volta che ci si avvicina ad una sala per vedere l’ultima opera di Paul Schrader, non si riesce mai a mettervi piede. Fino al giorno in cui finalmente ce la si fa e ci si avvicina pericolosamente alla pellicola “scandalo” di questa kermesse.

Ambientato nella Los Angeles odierna, con The Canyons siamo di fronte ad un noir contemporaneo. Ambizione, sesso, perversione e tutto quanto di marcio si nasconde dietro l’immagine dorata e patina della tanto amata Hollywood. Christian e Tara sono una coppia sui generis: il loro erotismo è sfrenato e liberatorio, tanto da concedersi sedute di sesso a tre, scambi di coppia e altro. I problemi inizieranno però quando Ryan, amante di Tara, cercherà di sfondare nel mondo del cinema con un filmetto dell’orrore. Questo evento porterà ad una serie di drammi e violenze fisiche e psicologiche.

Tratto da un soggetto di Bret Easton Ellis e sceneggiato da quest’ultimo, The Canyons vede la luce con l’ambizione di scioccare lo spettatore, ma in verità non si spinge mai oltre il limite. E si che lo scrittore ci aveva abituato a digerire un’audacia irrefrenabile (si legga a tal proposito American Psycho)! E’ proprio qui il primo limite del film fuori concorso di Schrader: doveva osare di più, sotto ogni punto di vista. Stilisticamente si poteva fare di meglio, la recitazione non è affatto brillante (Lindsay Lohan gonfia e poco espressiva e James Deen che, ovviamente, interpreta il proprio personaggio con gli sguardi e i ghigni di un attore a luci rosse) e, paradossalmente, anche l’erotismo non è così “spinto”, così “ellisoniano”. Volendo dirla proprio tutta, nemmeno il contenuto supera la sufficienza e non basta qualche digressione pseudo – psicologica sul controllo, sul potere e sul rapporto padre – figlio ad aumentarne il volume. In sostanza, la pellicola racconta poco o nulla, sembra fatta quasi per divertimento e per questo solo motivo potrebbe valerne la visione.