Cinema

Bertolucci In Vista. La tragedia di un uomo ridicolo

Fausto Vernazzani

Presidente della Giuria alla Biennale Cinema di Venezia, Scene Contemporanee celebra l’opera immortale del maestro Bernardo Bertolucci, film per film: La tragedia di un uomo ridicolo, il comico ritratto di una drammatica separazione tra generazioni.

Sono passati venti anni da La commare secca per Bernardo Bertolucci, il suo esordio è lontano otto film dalla vittoria di Ugo Tognazzi al Festival di Cannes per La tragedia di un uomo ridicolo. Con Il conformista e Novecento Bertolucci era ormai riuscito ad affermarsi a livello internazionale, sei anni dopo avrebbe poi conquistato l’Academy statunitense con L’ultimo imperatore, mentre l’odio di gran parte del mondo se l’era attirato con lo scandalo del meraviglioso Ultimo tango a Parigi, un film oggi considerato imprescindibile per chiunque voglia conoscere da vicino il regista parmense.

La tragedia di un uomo ridicolo non introduce originalità nella carriera cinematografica del Bertolucci quarantenne, uomo a metà tra l’essere un figlio cresciuto ed un padre maturo, due figure ricorrenti nella sua filmografia, la disparità d’età ed estrazione, il rapporto di famiglia e soprattutto tra padre e figlio. Come nella Strategia del ragno, dove il figlio Athos rincorre suo padre e scoperchia il cassone contenente i segreti del genitori sconosciuto, anche La tragedia di un uomo ridicolo indaga sulla vita di uno dei due, in questo caso di Giovanni, il figlio di Primo Spaggiari, un Ugo Tognazzi premiato con la Palma d’Oro come Miglior Attore.

In quella stessa edizione concorreva il poi vincitore L’uomo di ferro del polacco Andrzej Wajda, storia in cui erano coinvolti operai e movimenti per il riconoscimento dei diritti delle unioni e delle cooperative, un sistema rappresentante il passato di Primo Spaggiari, un tempo socialista e combattente operaio, poi arricchitosi, inorgoglitosi e sbiancato. La luce della sua giovinezza, della sua vitalità che conquistò l’allora studentessa francese Barbara (Anouk Aimée), svanita sempre più con l’aumentare della sua produzione, ora fallimentare come la sua persona: un uomo patetico, tronfio, un “industrialotto” come suo figlio Giovanni (Ricky Tognazzi) lo definisce nella lettera allegata al suo regalo di compleanno.

Bertolucci racconta un’epoca senza parlarne, osserva un’industriale in rovina spirituale ed economica esser testimone del rapimento del suo stesso figlio, un “pargolo” con cui non riesce nemmeno a specchiarsi, militante della sinistra più ardita, scomparso lasciando alle spalle un riscatto da un miliardo di lire, una ragazza di natali volgari e dagli atteggiamenti borghesi (Laura Morante), ed un intrigo in cui Primo non riesce a ritrovarsi. E’ il futuro rispetto agli anni di piombo, dei rapimenti, dei desaparecidos italiani e di un terrore a malapena respirato durante la tragedia tramutatasi in gioia per un Tognazzi che risolleva l’indecisione di Bertolucci, impegnato su troppi fronti.

La tragedia di un uomo ridicolo va vissuto in prima persona, chiusi negli occhi espressivi di Tognazzi, col dovere poco cinematografico di doversi privare di un giudizio esterno, da spettatore, per dare agli eventi un significato confusionario: una madre incapace di riconoscere il suo difetto, quello di non sapere chi sia suo figlio; una fidanzata spogliata dei suoi perché e dei suoi abiti senza un motivo reale; un intrigo la cui risoluzione è tanto vana quanto appiccicosa, impossibile da scollare da un film le cui mire son ben diverse dalle righe sottolineate minuto per minuto dalla sceneggiatura. Un po’ ci si infastidisce per quella voce narrante aggiunta in seguito, un po’ ci si innamora della voce di Tognazzi mentre ne si odia il personaggio, gretto, l’offesa ad una generazione incapace di rimanere fedele a se stessa e pertanto di poter trasmettere degli ideali ai Giovanni d’Italia, della provincia parmense in questo caso specifico.

Un Bertolucci che cita Dostoevskij (Il sogno di un uomo ridicolo, 1877) ma non riesce ad essere incisivo, un modo forse voluto di dar voce alla confusione, al post-anni Settanta ed al terrore, al domani di quei giorni che hanno colpito l’Italia con forza. Che ne sarà del riscatto? Primo Spaggiari sceglierà forse il suo caseificio, nel dubbio che Giovanni sia morto oppure colpevole del suo stesso rapimento, una truffa nei confronti di suo padre. Che ne sarà invece di quest’uomo ridicolo? Bertolucci non sembra volerlo spiegare, può darsi che non ne abbia idea, può darsi che non abbia importanza, può darsi che il regista abbia voluto soltanto dare sfogo e un volto all’immagine di quella corda marcia che unisce le generazioni di ieri e le generazioni di oggi (tempo 1981), corda poi spezzatasi e dato spazio ai giorni nostri, ad una spaccatura ancora più grande, al silenzio che sarebbe poi sopraggiunto in Io e te.


Dettagli

  • Titolo originale: Id.
  • Regia: Bernardo Bertolucci
  • Fotografia: Carlo Di Palma
  • Musiche: Ennio Morricone
  • Cast: Ugo Tognazzi, Anouk Aimée, Laura Morante, Ricky Tognazzi, Victor Cavallo
  • Sceneggiatura: Bernardo Bertolucci

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