Cinema

Bertolucci In Vista. La commare secca

Fausto Vernazzani

Presidente della Giuria alla Biennale Cinema di Venezia, Scene Contemporanee celebra l’opera immortale del maestro Bernardo Bertolucci, film per film: La commare secca, l’esordio a soggetto di Pier Paolo Pasolini.

Il chitarrista classico Paolo Schianchi, studioso e musicista, riportò il senso di alcuni scritti riferiti a Santino Garsi nella sua tesi: “[…] si parla di un elevatissimo livello compositivo e un taglio grandemente virtuosistico e moderno (per i tempi) delle sue opere, ma ci informavano di come sfortunatamente queste stesse non fossero oggetto di recupero e trascrizione”. Il liutista Santino Garsi da Parma morì nel 1604, annoverato tra i grandi musicisti dell’era rinascimentale. Nel 1962 quelle parole scritte da Schianchi potrebbero essere benissimo applicate ad un film, un po’ dimenticato, ma anche lasciato indietro, quasi di proposito, come fosse un errore di gioventù.

E’ La commare secca di Bernardo Bertolucci.

Sono passati più di cinquant’anni dal debutto registico di Bertolucci, da quel 1962 in cui l’uomo che oggi conosciamo aveva solo 21 anni, ed oggi attendiamo la sua presenza sul palco del Lido, dove tra qualche mese decreterà il vincitore della Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia. Alla biennale è stato scelto come Presidente della Giuria, un colosso costretto oggi su una sedia a rotelle, ma, come fu per Antonioni, deciso a lavorare. Su Scene Contemporanee ci siamo dunque riproposti di tornare indietro nel tempo, sui passi di quel ragazzo di Parma per celebrarne l’immortale opera.

La presenza di Santino Garsi non è casuale, la sua Aria del Granduca è infatti il leitmotiv de La commare secca, un film degno successore del primo soggetto portato al cinema da chi lo pensò, Pier Paolo Pasolini, il cui Accattone uscì nelle sale solo un anno prima, un set dove si fece le ossa come assistente alla regia lo stesso Bernardo. L’autore delle Poesie in forma di rosa era un amico di famiglia, in particolare del padre Attilio, poeta di lunga data, un’amicizia fondamentale per la formazione del giovane ragazzo di appena 21 anni, che con Santino Garsi condivide quello stesso virtuosismo registrato da Schianchi nei testi che lo riguardavano.

L’esordio di Bertolucci si infila a metà tra il Rashōmon di Akira Kurosawa e i 71 frammenti di una cronologia del caso di Michael Haneke, anche la sua storia racconta di un omicidio attraverso il racconto (visivo o parlato) d’altri, con un taglio ovviamente diverso, in particolare con una poetica lontana, forse quasi assente, da quanto il suo collega giapponese ed austriaco han fatto in passato e nel futuro. Sulle rive del Tevere viene ritrovato il cadavere di una prostituta romana, una donna sulla cinquantina le cui ultime ore furono passate in un parco, sola in attesa del suo assassino. Sin da subito Bertolucci, con l’ingenuità ed il coraggio d’un ragazzo, dà alla sua commare secca un taglio ben preciso: da sotto un ponte riprende, prima col solo soffio del vento poi con l’Aria di Garsi, il volare di brandelli di giornale, un’immagine con una musicalità tutta sua, un canto quasi fiabesco che ci porta dai piani alti della Roma bene ai bassifondi, alle rive del fiume dove arrancano con difficoltà gli uomini e le donne del lato oscuro della Capitale.

Inizia così una serie di interrogatori tenuti dal Maresciallo (voce senza volto di Gianni Bonagura) con chiunque sia passato per quel parco quella notte. Si tratta di ladruncoli sfaccendati come Luciano Maialetti detto il “Canticchia” ed i suoi compagni Nino e il “Sindaco” – quest’ultimo l’immagine di quella disperazione vista nell’Accattone -, o come la sanguisuga Bustelli, detto il “Califfo” per la sua vita agiata alle spalle di Esperia, compagna tradita. Son tanti i personaggi che la sceneggiatura scritta da Bertolucci e Sergio Citti prende in esame, ladri, adolescenti, soldati e arraffoni, unendoli nel racconto silenzioso d’una prostituta (il volto provato di Vanda Rocci) pronta ad uscire per fare il mestiere, scena introdotta sempre con la visione dall’interno della sua stanza di una finestra rigata dalla pioggia che irrompe mentre le corde del liuto di Santino Garsi richiamano l’aspetto fiabesco de La commare secca.

Una ripetizione costante, un passo indietro per tornare alla stanza dove Shahrazād si prepara per il suo racconto, introdotto da un Maresciallo e visualizzato da una banale scena quotidiana d’una donna troppo buona, circondata da miserabili che si approfittano del suo corpo e del suo cuore.  Difficile affibbiare a La commare secca un significato sociale più grande di quanto effettivamente è, vicino all’anima d’un Pasolini, ed al desiderio di volare con una macchina da presa capricciosa, impegnata in decine di panoramiche e sguardi dall’alto e dal basso, un Sogno d’una notte di mezza estate scespiriano dove Puck è l’osservatore/spettatore che ci accompagna in questo esordio incantevole, ma imperfetto. La sensibilità tecnica, più che contenutistica, è stata affossata nel tempo dai lavori successivi, dove il giovane Bertolucci riuscì ad esprimere se stesso con una rinnovata forza e, soprattutto, con l’ausilio d’una mente singola e fuori dall’influsso di chi all’epoca era impegnato sul set di Mamma Roma, quella città madre che straccia la cronaca, straccia la vita, e la getta giù da un ponte per far compagnia ai caduti.


Dettagli

  • Titolo originale: Id.
  • Regia: Bernardo Bertolucci
  • Fotografia: Gianni Narzisi
  • Musiche: Piero Piccioni
  • Cast: Francesco Ruiu, Giancarlo De Rosa, Vincenzo Ciccora, Alfredo Leggi, Gabriella Giorgelli, Santina Lisio, Vanda Rocci, Allen MIidgette, Renato Troiani, Romano Labate, Alvaro D'Ercole, Gianni Bonagura
  • Sceneggiatura: Bernardo Bertolucci, Sergio Citti

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