Se nella vita di tutti i giorni potessimo aprire la testa delle persone a noi vicine per osservare cosa vi si nasconde all’interno chissà cosa vedremmo. E’ il concetto di partenza che dà anche il titolo al film di Roman Coppola, figlio del Francis Ford che tutti conosciamo ed amiamo: A Glimpse Inside the Mind of Charles Swan III. In realtà alla base di quest’operazione potrebbe trovarsi anche l’idea di fare un film sull’attore protagonista, Charlie Sheen, tra i papabili vincitori del Marc’Aurelio per la Miglior Interpretazione Maschile, la cui vita sregolata collima parzialmente con la mente popolata da gambe lunghe e scollature vertiginose di Charles Swan III Jr., che, come dice il co-protagonista Kirby Star (Jason Schwartzmann), farebbe di lui Charles Swan IV.

Ivana (Katheryn Winnick) è l’ultima delle sue tante amanti, Charles Swan III oltre che un artista che si occupa di pubblicità e copertine di libri, riviste ed album musicali, è anche un donnaiolo di successo,  nonostante sia candidato (da se stesso) al premio per le migliori “stronzate” dalla comunità delle donne sexy. Abituato ad essere lasciato da ogni donna che ha avuto, non riesce a capacitarsi d’esser stato tanto scottato da quest’ultima delusione amorosa, al punto da lasciarsi prendere, più del solito, dalla sua immaginazione iperattiva che lo porta in conflitto con Saul (Bill Murray) e Kirby, ma anche con la sorella scrittrice (Patricia Arquette). Nulla di interessante nella storia, né nelle trovate visive, scarse e dall’aria fasulla.

Tutti i meriti sono nella scelta dell’attore principale, Charlie Sheen, in una comparsata al cinema d’una certa risonanza dopo tanti anni nella televisione, nel cui piccolo schermo è diventato una delle celebrità più grandi e più pagate grazie ai suoi due show Two and a Half Man e il più recente Anger Management. Roman Coppola fallisce nel trasporre in immagini le visioni di Wes Anderson, troppo particolari e dettagliate per essere tradotti con uno stile più ordinario. Un’operazione che scioglie il fantastico e lo trasforma in piatto, così come il balletto del resuscitato Charles in uno dei primi ‘sogni’ del protagonista, così poco calcato, da non risultare nemmeno surreale, ma solo noioso. Tuttavia si tratta di un’opera che alleggerisce un concorso un po’ pesante da seguire, nonostante l’alta qualità di diversi titoli, ma è una leggerezza che presto sfugge, digerita senza lasciar alcun segno.