Cultura & Sviluppo

L’inno alla tecnologia del MUSE di Trento

Gabriella Bologna

Inaugura in grande stile il MUSE, Museo delle Scienze di Trento progettato da Renzo Piano nel nuovissimo quartiere delle Albere.

Inaugura in grande stile il MUSE, Museo delle Scienze di Trento progettato da Renzo Piano nel nuovissimo quartiere delle Albere. Il 27 e 28 luglio scorsi il museo ha aperto gratuitamente per 24 ore no-stop, con un corredo di eventi, performance e concerti. Non stupisce dunque che il richiamo dell’archistar e una efficace campagna di comunicazione abbiano garantito nei primi due giorni di apertura un enorme numero di visitatori per nulla scoraggiati dal caldo torrido e dalla lunga attesa sotto il sole.
 
Dentro il museo, i 12.000 mq di superficie sono un tripudio di apparecchi tecnologici: schermi piatti e tablet accompagnano ovunque grandi e piccoli attraverso le sezioni dell’esposizione suddivisa in cinque livelli e ispirata alla metafora della montagna per raccontare la vita sulla Terra. In cima la terrazza e l’ultimo piano mettono in contatto con sole e ghiaccio, poi si scende per approfondire le tematiche delle biodiversità, della sostenibilità, dell’evoluzione, fino al livello interrato e alla piccola serra tropicale. E proprio una montagna ricorda l’architettura del museo: più vasti i piani sottostanti, dotati di sale conferenze, uffici e laboratori, molto più piccoli i piani superiori. Al centro una grande hall su cui si affacciano le balconate di tutti i livelli (una soluzione efficace e di effetto più volte adottata nell’architettura museale, e non solo, degli ultimi cinquant’anni), animata dalla presenza di animali grandi e piccoli, schermi trasparenti, e soprattutto tanta luce.
 
E’ questo certamente un grande salto di qualità nel panorama dei musei scientifici italiani, spesso polverosi e senza soldi, poco attraenti e soprattutto poco visitati. La domanda è: in che misura la tecnologia può sostituire le “opere” in un museo scientifico? La scelta del MUSE sembra quella di “alleggerire” l’allestimento museale confinando una parte della collezione nei depositi o in vetrine non immediatamente accessibili al pubblico, collocate nei corridoi su cui si aprono uffici e laboratori. Al contrario nel grande open space del museo tutto ci ricorda che siamo nel XXI secolo, anche gli sponsor.
Perché strutture e attrezzature come queste necessitano di fondi che nemmeno gli enti locali del ricco Trentino potrebbero permettersi, e così sono arrivati in aiuto i privati, con la conseguente garanzia di “ritorno di immagine”. Messi da parte i fossili e dedicato ampio spazio agli schermi interattivi della Telecom (con tanto di nome e logo a caratteri cubitali) e alle aziende trentine all’avanguardia nel settore tecnologico, il MUSE apre davvero una nuova era nel panorama museale italiano.  Funzionerà? La specificità dei musei italiani è il radicamento delle collezioni alla storia del territorio. Questo è vero anche qui, ma in una strana declinazione che non avevamo ancora visto nel nostro paese. Quello che abbiamo già visto invece è la strategia per sostenere economicamente un progetto così ambizioso: il MUSE offre alle aziende un ventaglio di “opportunità”, che permette loro di beneficiare di vantaggi, dalla “visibilità fino alla possibilità di organizzare eventi aziendali, visite riservate, cene esclusive negli spazi del museo quali la lobby, la sala conferenze, la terrazza panoramica. Le aziende possono vivere il museo a tutto tondo, considerandolo un partner unico all’interno dell’offerta locale” si legge sul sito web del museo.
 
Bei tempi quelli in cui i privati si accontentavano di una didascalia e una citazione per le donazioni fatte ai musei. Oggi tutto è cambiato e bisogna fare i conti con sponsor che danno e chiedono molto di più. Sarà il MUSE capace di destreggiarsi nel difficile compito di aprirsi ai privati e al tempo stesso garantire la salvaguardia della propria identità storica e la valorizzazione delle sue collezioni?*


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