Confessions
Il giapponese Tetsuya Nakashima traspone il romanzo di Kanae Minato per mettere in evidenza il male che dilaga tra le menti dei giovani, sempre più spinti verso la crudeltà.
Capita di rado di vedere un film migliore del romanzo da cui è tratto. Pur non volendo calarsi nel gioco dei paragoni è inevitabile mettere a confronto il cinema con le opere di provenienza, in questo caso il romanzo della scrittrice Kanae Minato, grande successo in Giappone sin da quando l’autrice esordì col racconto La Sacerdotessa, poi divenuto primo capitolo di Confessione, quel risultato finale che ha ispirato l’acclamato regista Tetsuya Nakashima – fattosi amare con le atmosfere pop di Kamikaze Girl e Memories of Matsuko – per la realizzazione del suo miglior film: Confessions.
Yuko Moriguchi, la tanto bella quanto brava Takako Matsu, è un’insegnante ligia al dovere la cui figlia di quattro anni è stata uccisa da due dei suoi studenti. Questa è la dichiarazione schock di una maestra, ignorata e sommersa dal chiasso dei suoi alunni fino a quando non decide di voler prendersi la sua vendetta in onore della giustizia nei confronti di una vita il cui significato sembra essere perso nei meandri d’un egocentrismo di massa. Confessions manifesta con ancor più veemenza di Battle Royal e The Hero Show, il terrore che il Giappone ha delle nuove generazioni.
Non è paura nei confronti dei ragazzi, ma il brivido che si prova nell’osservare una generazione curata dai genitori con sempre meno attenzioni, esposta ad influenze a cui è impossibile porre attenzione. Così nascono ragazzini come Nao e Shuya, diversissimi l’uno dall’altro, ma entrambi mossi da una mancanza trasformatasi in qualcosa di mostruoso. Nakashima dirige con estrema cautela e sincerità la storia di questi ragazzini e della loro insegnante, con una ricerca estetica ai limiti della sopportazione, ma perfetto col suo accompagnamento musicale ed aulico più di quanto ci si potesse aspettare da un tema così crudo.
Uno spaccato delle paure del Giappone, sensazioni ormai vissute anche in un’Italia vittima delle baby gang, di quella gioventù allo sbando che andrebbe punita con la stessa severità con cui si affronta un adulto (questo suggerisce la Moriguchi): c’è della lucidità secondo la Minato tanto quanto secondo Nakashima. Stringere nel pugno una farfalla non è diverso dall’uccidere una propria compagna con una padella, ed è così che la ballata degli “ultimi fiori” viene espressa, senza fronzoli e senza l’uso sfrenato dei colori, ma anzi evitandoli così come farebbe un regista che da sempre li ha usati per esprimere umori opposti. Confessions è uno di quei grandi film orientali arrivati con troppo ritardo in Italia, ma grazie alla Tucker Film possiamo almeno dire che sono arrivati.
Dettagli
- Titolo originale: Kokuhaku
- Regia: Tetsuya Nakashima
- Fotografia: Masakazu Ato, Atsushi Ozawa
- Musiche: Toyohiko Kanahashi
- Cast: Takako Matsu, Yoshino Kimura, Yukito Nishii, Kaoro Fujiwara, Ai Hashimoto
- Sceneggiatura: Tetsuya Nakashima