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Viscere e sangue (ma solo in fotografia): Hermann Nitsch a Palermo

Gabriella Bologna

Ne abbiamo parlato quando è stata annunciata tra le polemiche, e adesso siamo andati a vederla: la mostra dell’artista austriaco Hermann Nitsch negli spazi di ZAC a Palermo.

Protagonista dell’azionismo viennese dagli anni sessanta, Nitsch non ha mai smesso di scandalizzare pubblico e critica con le sue performance ad alto contenuto di viscere e sangue (umano e animale).

La mostra Hermann Nitsch – Das Orgien Mysterien Theater aperta al pubblico fino al 20 settembre, rappresenta però una sorta di cristallizzazione del suo lavoro, ben lontana dalla carica dissacrante delle sue performance. E’ questo il rischio quando si racchiude un’esperienza viva e collettiva all’interno di uno spazio espositivo e museale, nei limiti delle regole imposte dalle istituzioni.

E così tra decine di tele di grandi dimensioni, un’opera alta circa dieci metri posta a terra, strani arnesi che ricordano strumenti di tortura e paramenti sacri allestiti con intenti chiaramente profanatori, le uniche immagini disturbanti risultano le fotografie e qualche video che documentano, con dovizia di particolari, le tanto acclamate e contestate performance dell’artista dal 1964 al 2013.

Al di là delle intenzioni e del pensiero artistico/filosofico riassumibile nelle parole di Nitsch stesso “Io profanai e sfinii la parola per esprimere qualcosa che stava dietro la parola, che la parola stessa non poteva più esprimere, e giunsi con ciò a plasmare la realtà. […]  La lingua frantumata dovette lasciare il posto alla carne dilaniata dell’animale uomo dio”, la potenza distruttiva del suo lavoro risulta qui talmente annacquata e confinata nei limiti di un allestimento convenzionale da stupirsi che per questa mostra si sia gridato allo scandalo.

Certo, i contenuti delle fotografie e dei video non sono adatti ai bambini, ma una mostra d’arte non deve essere necessariamente pensata anche per un pubblico di minori. La questione aperta è invece un’altra: forse un’arte nata con certi intenti non può essere confinata in uno spazio museale perché perde il suo spirito e la sua essenza, diventando solo un’ombra di se stessa.

E il fatto che questa mostra sia stata realizzata con il consenso e inaugurata alla presenza dell’artista ormai settantasettenne forse non basta a renderla efficace.



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