Chàvez – L’ultimo comandante
A quattro anni dalla sua presentazione a Venezia, la Movimento Film ri-distribuisce nelle sale il documentario di Oliver Stone sull’ormai deceduto capo dello stato del Venezuela, Hugo Chàvez.
Chàvez – L’ultimo comandante risale in effetti al 2009, quando venne presentato anche alla Mostra di Venezia con il titolo A Sud del Confine; in seguito alla morte di Hugo Chàvez, avvenuta lo scorso marzo, Movimento Film ha riportato nelle sale il documentario di Oliver Stone, che riesce ad ottenere nuova attualità anche a causa della situazione tesa creatasi in Venezuela dopo la vittoria contestata, alle ultime elezioni, di Nicolas Maduro, delfino di Chàvez.
Il nuovo titolo, in effetti, sembra restringere di molto la portata del documentario, che parte, certo, da Chàvez e segue lui con maggiore attenzione, tracciandone la storia dalle origini fino all’affermazione politica, con la parentesi del colpo di stato del 2002 e la successiva restaurazione durata fino alla scomparsa del leader. La figura di Chàvez, tuttavia, è solo un punto, di partenza e di riferimento, per guardare ai percorsi simili venuti a verificarsi in altre nazioni allo stesso modo impegnate in un processo che guarda al futuro sulla scia delle idee bolivariane, e per portare il regista Oliver Stone a contatto con gli altri leader che seguono tale percorso: Morales (Bolivia), Correa (Ecuador), Raul Castro (Cuba), Lula (Brasile), Lugo (Paraguay) ed i coniugi Kirchner, in Argentina.
Piuttosto che puntare su di una confezione più artificiosa, Stone ha preferito un aspetto più immediato (tra le atre cose, egli stesso e la troupe sono frequentemente all’interno delle inquadrature) che restituisce alle interviste il tono di amene chiacchierate, facendo emergere la dimensione più umana dei personaggi presentati, che non di rado si lasciano andare a simpatici siparietti in compagnia del regista.
Vero, quindi, che si tratta di storie che esigono la presenza centrale dei leader, però non si tarda a guardare con sospetto alla continua permanenza all’interno dei palazzi del potere, alla perenne assenza di domande “scomode”: insomma, qualche volta si fa fatica a capire dove possa fermarsi la sincera sorpresa davanti ai risultati di governi sempre demonizzati dall’informazione statunitense e dove vada a cominciare lo spot pubblicitario “chavista” a firma di Oliver Stone. Il film lascia intendere di assestarsi interamente sul primo versante, ma come spesso accade, la verità è probabilmente nel mezzo.